di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
La celebrazione della 50ma Settimana Sociale dei cattolici italiani a Trieste, sul tema “Al cuore della Democrazia”, con 1200 partecipanti, ha riproposto il tema della presenza dei cattolici nella politica nazionale. Il carattere dell’incontro è stato naturalmente di approfondimento teorico, giuridico e politico del tema principale ed ha visto, tramite anche diverse tavole rotonde, la partecipazione del meglio della cultura giuridica e politica italiana.
Nell’intervento introduttivo il Card. Zuppi ha rivendicato la libertà della Chiesa nel giudicare i fatti della politica italiana, da amica e preoccupata, senza alcun nemico, e l’impegno dei cattolici per il futuro del Paese, sollevando una particolare preoccupazione per lo sviluppo dell’estremismo populista nella nostra società.
Di taglio storico e costituzionale l’intervento di Mattarella che ha illustrato gli aspetti valoriali ma anche critici e problematici della nostra democrazia, presenti nella sua attuale fase. Democrazia, parola esigente che richiede rispetto dei diritti, partecipazione consapevole, coerente pratica quotidiana per evitare forme di democrazia depotenziata e dai tratti illiberali. Per cui la democrazia non è l’esercizio del potere senza limiti, che facilmente si trasforma nella dittatura della maggioranza. Vanno perciò evitate semplificazioni e scorciatoie in nome del “dovere di governare”.
Nella complessità delle società contemporanee, agli elementi critici già conosciuti, si aggiungono nuovi rischi epocali: quelli ambientali e climatici, sanitari, finanziari, oltre alle sfide indotte dalle nuove tecnologie. Il contributo dei cattolici nella costruzione della nostra democrazia non è stato occasionale, ed ha avuto un momento di particolare valore nella definizione della nostra Costituzione. La loro adesione alla Carta ha coinciso con un impegno a rafforzare l'unità degli italiani attorno ai valori di libertà, democrazia e pace. Analogo protagonismo i cattolici hanno espresso nel percorso di costruzione dell’Europa che rappresenta gran parte del nostro futuro.
Più pastorale il discorso di Papa Francesco che, partendo dal “cuore ferito” della nostra democrazia, ha esortato i cattolici impegnati in politica a non accontentarsi di una fede marginale o privata, perché hanno qualcosa da dire come “voce che denuncia e che propone in una società spesso afona”, senza la pretesa di essere ascoltati, ma avendo il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace, mettendo in gioco i loro valori nelle soluzioni proposte. Questo, ha affermato il Papa, è l’amore politico, una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità.
Nel corso del convegno, è rimasto in gran parte sullo sfondo il ruolo attuale dei cattolici nel sistema politico nazionale, che rappresenta un evidente problema di inadeguatezza e di marginalità che deve preoccupare anche la Chiesa essendo una sbiadita realizzazione del ruolo dei laici previsto dallo stesso Concilio Vaticano II. Dopo diversi tentativi ed esperimenti successivi alla fine della Dc, contrassegnati dalla riproposizione di vari gruppi e gruppuscoli di identità cattolica, tendenti a ricostruire un mitico partito di centro, che sono in vario modo falliti o ridotti a marginalità subalterna, il maggiore itinerario in corso è quello che dalla Margherita è arrivato alla adesione al Pd, con esiti che allo stato risultano ancora insufficienti e tutti da verificare.
Mentre durante la Settimana sono emerse anche proposte di costituire una rete di amministrazioni locali e dell’associazionismo cattolico, andando oltre i partiti, ritengo che, pur nella possibile positività di queste iniziative, l’esperienza di questi anni indichi per i cattolici in politica una strada più impegnativa. Nella nostra società secolarizzata l’ambito naturale dell’azione politica è quello della laicità, cioè dell’incontro e dell’impegno tra credenti e non credenti accomunati da una visione sostanzialmente comune della realtà e del futuro del Paese.
Rimango convinto che questa è l’unica scelta doverosa e praticabile per la politica dei cattolici, che, tra l’altro, spiega la ragione dell’insuccesso dei tentativi precedenti. La forma partito, nonostante i suoi evidenti e gravi limiti, non può essere sostituita, ma eventualmente integrata, da altre forme più precarie di civismo, e va riconsiderata alla lucé della necessità di dar vita a una nuova classe dirigente frutto di un ritrovato incontro tra i giovani migliori e l’impegno politico.
La stessa Chiesa gerarchica, nel più rigoroso rispetto della laicità, è chiamata a ridare valore e dignità alla vocazione politica, uscendo da giudizi spesso generici e frettolosi sulla politica. I laici cattolici sono chiamati ad assumere l’impegno politico come via privilegiata per la costruzione del bene comune, con competenza, responsabilità personale e creatività, nella ricerca di soluzioni di ispirazione cristiana da costruire con la partecipazione collettiva, senza anteporre il raggiungimento di posizioni di potere a tale compito. In coerenza con ciò, mons. Renna, arcivescovo di Catania e presidente delle Settimane sociali, ha affermato “Il problema dei cattolici non è un nuovo partito ma uno spartito”.