di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Dopo 14 anni di Governi dei Conservatori (Tory) vanno al Governo i Laburisti. Più che una vittoria dei Laburisti è stato un suicidio dei Conservatori minati anche dal nuovo partito di destra di Farage (Reform UK) che ha avuto un enorme successo (14,3%) e sottratto voti ai Tory che sono scesi dal 43,6% al 23,7%. Così, col sistema uninominale (un po’ medievale) di GB, poiché chi arriva primo nei 650 collegi viene eletto, i laburisti ora hanno praticamente (con gli stessi voti di Corbyn del 2019) la maggioranza assoluta del Parlamento (412 seggi su 650). Il nuovo segretario del Labour Starmer, un moderato figlio di operai, con lo slogan “cambiamento nella stabilità” ha avuto il 33,7% dei consensi (meno del previsto). I Liberal democratici sono arrivati quarti con il 12,2% (11,5% nel 2019) e i Verdi quinti con una grande avanzata dal 2,7% al 6,8% (ma con solo 4 seggi). Gli altri seggi vanno ai partiti nazionali. Sia i Verdi che Farage sono le novità che probabilmente aumenteranno alle prossime elezioni se il Labour farà poco come, peraltro prevede il suo programma, molto soft e moderato.
Più che una vittoria dei Laburisti è stato un suicidio dei Conservatori che hanno visto la Gran Bretagna peggiorare molti indicatori. Bisogna però risalire al 2008 per capire bene quanto è avvenuto ieri. La crisi dei subprime made in Usa portò in recessione tutto il mondo ma, mentre gli Stati Uniti ne uscirono dopo un anno con politiche espansive, l’Europa (dentro cui stava anche GB) ha seguito politiche di austerità ancora più dure di quelle della BCE di Draghi che solo dopo 4 anni (nel 2012) cambia registro con una politica monetaria espansiva (“Whatever it takes”). I Tory andati al potere nel 2010 hanno proseguito invece le politiche di austerità anche dopo il 2012, privatizzato parte della sanità pubblica e cambiato 7 Primi ministri in 14 anni creando un caos a cui gli inglesi non erano mai stati abituati. Il deficit pubblico è salito dal 70% al 100% del Pil (cosa inaudita per gli inglesi), le disuguaglianze sono cresciute, i poveri pure (da 100mila a 3,1 milioni) e nulla funziona più bene come prima: buche nelle strade, nella sanità il numero in lista di attesa per un’operazione è salito da 4,5 milioni del 2019 a quasi 8 di oggi, i servizi sociali non sono più quelli di una volta. L’unica cosa che cresce è l’occupazione (i disoccupati si
sono dimezzati) ma perché è trainata dall’immigrazione che è esplosa (sempre più extra UE) e che i tory non solo non l’hanno diminuito ma triplicato dal 2019 al 2024 dopo la Brexit (da 250mila nel 2016 a 720mila del 2022), nonostante la proposta di Sunak di mandare gli irregolari in Ruanda ad un costo, peraltro, altissimo.
Si è così creato un diffuso malcontento (anche tra gli elettori tory) che è stato inizialmente incanalato nella Brexit (2016-2019), nella speranza che fossero vere le balle raccontate da Nigel Farage sugli enormi vantaggi (tra cui 380 milioni in più a settimana per la sanità pubblica). Quando gli inglesi hanno scoperto che la Brexit non portava nessun vantaggio, ma costi in più (come i 150mila impiegati in più alle dogane), prezzi più alti e problemi nel commercio per le imprese, la collera è salita e Starmer l’ha catturata con un
programma molto soft e moderato che non cambierà più di tanto le cose in GB, ma almeno (sperano gli elettori) più certezze e qualche vantaggio in più in economia, sanità e immigrazione che sono i tre temi, come dice il Financial Times, che hanno contato.
Non è invece vero come ha scritto Mirella Gabanelli su Il Corriere della Sera che dal 2019 ad oggi con l’uscita dall’euro la Gran Bretagna abbia perso 1,8 milioni di occupati e non è neppure vero che i salari negli ultimi 4 anni abbiano perso 2mila sterline a testa. I dati del Servizio statistico nazionale dicono esattamente il contrario: l’occupazione è cresciuta dopo la crisi del Covid di cui metà nel settore pubblico superando i livelli del 2019 e il salario settimanale medio è cresciuto da 496 sterline a 526 in termini reali (post inflazione), dati consultabili su https://www.ons.gov.uk/employmentandlabourmarket
Il fatto è che tutta la crescita occupazionale sta andando a vantaggio degli immigrati che ora gli inglesi trovano sempre più spesso anche nella sanità e in edilizia e ciò non piace molto. Dal 2019 al 2024 con la Brexit gli occupati sono cresciuti, ma sono calati gli inglesi (-674mila) e gli Europei (-208mila), mentre sono cresciuti di un milione e duecentomila dai paesi del Commonwealth. Inoltre gli immigrati (che sono i lavoratori più poveri) catturano la maggioranza degli aiuti pubblici (universal credit): chi guadagna 15mila sterline può ricevere anche 6mila sterline all’anno di sussidio. Ciò crea enormi malumori quando sanità e servizi pubblici non funzionano più come una volta, ma non perché l’occupazione in questi servizi sia scesa (anzi), ma perché sono in grande crescita le richieste stesse dei cittadini: il 20% degli anziani sono inattivi e con gravi patologie e crescono le richieste di servizi.
D’altra parte le imprese, non essendoci inglesi, chiedono sempre più immigrati che sono appunto triplicati negli ultimi 4 anni facendo crescere di un milione i residenti in GB e i posti vacanti sono ancora 903mila. Ma per il cittadino “normale” è solo un grande caos, e questa “modernità” fatta di immigrati, traffico, buche nelle strade, servizi pubblici che non funzionano più a dovere, fiumi inquinati…fa dire che la Gran Bretagna di un tempo non c’è più. Allora dopo 14 anni di caos e di promesse (Brexit e altro) non realizzate, i Tory perdono, mentre il Labour avanza, per la verità, molto poco, ma col sistema uninominale conquista la maggioranza. Il Labour ha però un compito enorme perché soldi non ci sono e se vuole migliorare i servizi dovrà tassare qualcuno che ancora non ha detto…per ora conta sulla famosa “crescita del pil”...che non ci sarà. Una buona idea è la creazione di una società energetica pubblica con la promessa di ridurre le bollette, esattamente il contrario
di quello che fa l’Europa e noi in Italia con Draghi-Meloni e il libero mercato delle nostre 700 utility con bollette salite.
Sulla Brexit nessuno dice nulla e Starmer (che era contrario) non vuole cambiare nulla. Per la verità, l’economia non è andata così male negli ultimi 4 anni (per salari e occupati) mentre dal 2008 al 2020 i salari sono caduti.
La sanità pubblica è in crisi anche in GB, nonostante abbia il triplo di occupati dell’Italia (si avete letto bene; in Italia l’abbiamo pure tagliata!). E’ esplosa con la Covid-19, creando un enorme malumore tra gli inglesi che considerano i loro servizi sociali pubblici intoccabili, ma non c’è stato alcun taglio di personale… la crisi è legata alle crescenti
richieste di servizi sanitari, specie degli anziani che qui sono più malmessi che in Italia.
Ha pesato anche l’alta inflazione e la spesa nel settore militare (2,5% difesa sul Pil) per via della guerra in Ucraina (politiche che il Labour anche queste non cambierà) e il debito è salito dal 70% al 100% e di conseguenza il frugale Stato inglese ora paga più interessi. Così sempre meno arriva ai cittadini in termini di servizi, case, affitti e trasporti pubblici che hanno prezzi sempre più alle stelle a causa dello sviluppo incessante delle città inglesi a discapito delle campagne. La gentrificazione produce sempre più pendolari e traffico e questo è anche un altro problema crescente. Ecco perché il Labour promette 300mila nuove case all’anno a costi minori, con mutui prima casa togliendo il business alle multinazionali senza stravolgere le cinture verdi attorno alle città. Come farà è un rebus in quanto tutti i terreni sono in mano ai ricchi (vedremo). Starmer comunque piace perché ha un basso profilo, è un moderato (viene considerato saporito come un brodino) e parrebbe dare quella stabilità che i Tory hanno buttato al vento con 7 primi ministri (uno più inaffidabile degli altri). Ha dichiarato che lavorerà massimo fino alle ore 18 e poi si dedicherà ai due figli di 13 e 16 anni: una bella e insolita dichiarazione per un politico, già avvocato (fu nel team di Ghedini per difendere Berlusconi nel 2013 alla Corte Europea).
La lezione è che quindi si può vincere con gli stessi voti del 2019 se l’avversario fa la follia di dividersi in due partiti (Tory e Reform UK) e se non si mantiene ciò che si promette. Ma non bisogna sottovalutare l’impresa che anche il Labour dovrà affrontare nei prossimi 5 anni (la vedo molto dura) e cioè quella di una società che perde colpi sotto la disgregazione che produce la globalizzazione, il liberismo, che non riduce le disuguaglianze, non migliora il welfare, anche perché non si vogliono toccare le imposte sui ricchi (e il debito è salito).
Un altro tema sensibile, che tocca tutti i paesi è l’immigrazione. Infatti Farage ha fatto boom col 14% (anche se ha solo 4 deputati) perché vuole “immigrazione zero”. Ovviamente non è possibile se c’è (come anche in GB) declino demografico, ma che essa debba essere regolata è fuori di dubbio se non si vuole che una gran parte degli elettori ti punisca al voto. La protesta è soft (all’inglese e non con la furia dei francesi o italiani), ma è forte anche qui. Molti immigrati lavorano 6 mesi e poi tornano in patria. Infatti anche il Labour ne ha fatto un punto centrale e vuole ridurre l’immigrazione. Il programma Labour (https://labour.org.uk/change/mission-driven-government/) recita così: “Il livello complessivo deve essere controllato e gestito. In caso contrario, gli incentivi per le imprese a formarsi a livello locale diminuiscono. Quindi l’immigrazione netta sarà ridotta. Riformeremo il sistema di immigrazione basato su punti in modo che sia giusto e adeguatamente gestito, con restrizioni sui visti e collegando la politica di immigrazione e quella delle competenze. Il lavoro non tollererà che i datori di lavoro o le agenzie di reclutamento abusino del sistema dei visti. E non sopporteremo violazioni del diritto del lavoro. Ai datori di lavoro che infrangono le regole non sarà consentito assumere lavoratori dall’estero”.
Un altro aspetto molto sentito è stata la riforma sanitaria che prevede nel programma Labour 5 punti: “Ridurre i tempi di attesa del servizio sanitario nazionale con 40mila appuntamenti in più ogni settimana; raddoppiare il numero di scanner per il cancro, un nuovo piano di prevenzione dentistica, 8.500 operatori di salute mentale aggiuntivi e il ritorno del medico di famiglia”.
Vorrei concludere con una breve riflessione di confronto tra gli occupati britannici e quelli italiani che ci fa capire meglio anche il nostro paese. In Gran Bretagna ci sono 32 milioni di occupati rispetto ai 23,6 dell’Italia. Se GB (che ha 67 milioni) avesse la stessa popolazione dell’Italia (59) ne avrebbe il 13% in meno, cioè 28,6, cioè 5 milioni di occupati in più. In GB i part-time sono il 25%, più dell’Italia (18%), ma la differenza di occupati rimane comunque (in termini di ore lavorate) enorme (20%). La nostra percentuale di lavoro nero e irregolare è superiore, anche se Istat dichiara che è già considerata nei dati sugli occupati.
L’Italia ha più del doppio di occupati in agricoltura e nell’industria manifatturiera ma meno in tutti gli altri settori, incluse le costruzioni nonostante l’enorme quantità di case di proprietà degli italiani. In GB l’affitto è molto più diffuso; case e trasporti costano molto di più che in Italia (specie nelle città). C’è però un enorme lavoro per manutenere e migliorare le abitazioni, come si vede dall’occupazione nelle costruzioni che ha il 40% di occupati in più dell’Italia nonostante il superbonus 110% che in GB non sarebbe mai stato adottato, anche perché è andato a beneficio soprattutto dei più abbienti. Maggiori sono tutte le attività bancarie e finanziarie (è noto) anche se alcune si sono trasferite dopo la Brexit in Europa. Meno noto è l’enorme quantità di occupati nei servizi di tutti i tipi, educazione e sanità incluse, in cui gli inglesi hanno sviluppato una enorme quantità di servizi dedicati a pagamento (cosa però che piace poco ed è anche una delle cause del voto contro i Tory).
La nostra forza italica sarebbe nell’agricoltura, manifattura e turismo. La nostra debolezza nella corruzione e nell’enorme evasione fiscale e contributiva e nella incapacità di generare lavoro (piacciono i sussidi), una palla al piede che ci ha portato ad avere un debito di quasi 3mila miliardi di euro che ci comporta spese annue per pagare questo “mutuo” di 83 miliardi, quando ne spendiamo solo 50 nella scuola, così ne soffre il nostro welfare state (educazione e sanità che a confronto con quelli inglesi hanno quasi la metà degli occupati). Possiamo però dire che in 14 anni di Tory i britannici si sono avvicinati a noi: con un debito maggiore, servizi più scadenti, politici meno affidabili, immigrazione e disuguaglianze in crescita. Ricette facili non ci sono.