di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
In vista delle modifiche che il presidente Conte ha in animo di realizzare sulla struttura e la stessa identità del M5S, si è aperto un duro conflitto con lo storico garante del partito Beppe Grillo, dagli esiti allo stato del tutto imprevisti. Alla base dello scontro c’è la volontà, ripetutamente dichiarata di Conte, di procedere ad alcune modifiche radicali del movimento per renderlo più idoneo all’impegno politico futuro, che dovrebbero riguardare il programma, il nome e il logo, e la regola del secondo mandato.
Grillo ritiene che tali modifiche siano in netto contrasto con le scelte delle origini, e perciò si oppone con tutte le sue forze. Nella sostanza è in gioco chi sono e cosa vogliono essere i 5 Stelle. Tuttavia, questo processo costituente del nuovo partito è già in atto, e Conte ha spiegato al Consiglio nazionale M5S che si tratta di un grande esercizio di democrazia, che si svolgerà, nella seconda metà di ottobre, in tre fasi: ascolto dei bisogni, confronto deliberativo (in un’assemblea di 300 testimoni), decisioni finali dell’Assemblea degli iscritti. Nelle diverse fasi gli iscritti e i simpatizzanti potranno partecipare proponendo e discutendo su tutti i problemi che riguardano il futuro del M5S, in un processo di vera e propria rifondazione.
Nella realtà, non si tratta di uno scontro di potere, come può apparire, ma l’effetto della permanenza interna di due visioni antagoniste del futuro del partito, sottese da due concezioni inconciliabili della politica. La visione di Conte che colloca il M5S nell’area progressista con un ruolo autonomo di segno populista, tendenzialmente in competizione con il Pd, e portatore di alcune istanze e scelte (pace, diritti umani, rapporti con l’Ue) che lo rendono diverso da questo, per cui i rapporti unitari vanno discussi e realizzati caso per caso. Grillo invece sostiene la difesa integrale del ruolo e dell’identità delle origini di un movimento populista e antipolitico, contro la politica corrotta e la giustizia sociale tramite il Reddito di cittadinanza, né di destra e né di sinistra, fortemente critico col Pd e naturalmente collocato all’opposizione.
Finora lo scontro risulta privo di mediazioni e sullo sfondo non si esclude né la guerra in tribunale né la scissione. Appare comunque chiaro che la scissione sarebbe la premessa di un processo autodistruttivo di declino irreversibile verso la fine del M5S. Ciò rafforza la posizione di Conte che tra l’altro, sulla base di diversi sondaggi, risulta nettamente favorito e, per alcuni, con prospettive migliori dello stesso attuale M5S. Nelle prossime settimane il caso arriverà alla conclusione per cui sapremo se e come ci saranno ancora i 5 Stelle, ma fin d’ora credo sia indispensabile chiarire alcuni effetti che lo scontro evidenzia. Innanzitutto, la riconferma dell’identità populista del M5S e della sua competitività sostanziale nei confronti del Pd, rende strutturalmente precaria l’alleanza di centrosinistra e lo stesso Campo largo, nei termini finora sperimentati, manifesta tutta la sua inadeguatezza a realizzare una alternativa politica reale all’attuale governo.
Del resto, basta citare gli ultimi casi, di questi giorni, accaduti a Bari dove, dopo la tormentata scelta della giunta del sindaco Leccese, due consiglieri grillini sono usciti dalla maggioranza non condividendo la scelta del loro assessore tecnico, e in Liguria dove, dopo la scelta unitaria del candidato presidente Orlando, condivisa da Conte, i consiglieri del M5S hanno candidato, in alternativa, il senatore Pirondini, per comprendere quanto il conflitto interno del M5S condizioni le scelte comuni della coalizione progressista.
Di fronte a questi ostacoli l’iniziativa e la responsabilità passano inevitabilmente in capo al Pd, che non può accontentarsi di questa situazione paralizzante. Per riportare la coalizione di centrosinistra al livello dei suoi veri obiettivi politici, il Pd deve impostare il rapporto con i potenziali alleati, M5S in testa, rendendo esplicita, sulla base di una sua proposta strategica, la sostanza dell’alternativa, e su questa impostare il confronto unitario. Senza il superamento dell’attuale minimalismo su cui si è retto finora il Campo largo, non sarà possibile la costruzione di un'alternativa politicamente credibile.