di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Ha destato una certa impressione il fatto che la premier Meloni, durante una complessa e delicata missione economica in Cina, abbia ritenuto necessario realizzare una polemica conferenza stampa nei confronti di alcuni giornali nazionali, che avrebbero strumentalizzato il recente rapporto Ue sullo stato di diritto in Italia, per attaccare il governo. Una scelta apparentemente sproporzionata ma che si spiega avendo presente i contenuti e i modi di fare politica di questo governo di destra.
Va tenuto presente che tale presa di posizione avviene in coda alla lettera di protesta della stessa Meloni alla Commissione europea per i diversi rilievi Ue sul medesimo tema, e il fatto che la polemica con la stampa italiana è un refrain verificatosi in diverse altre missioni estere quando la premier o si è rifiutata di rispondere a domande imbarazzanti, o ha accusato i giornalisti di operare contro gli interessi dell’Italia, Una insistenza particolare nella polemica che denota come le critiche della stampa interferiscano direttamente con l’azione di governo.
Per comprendere le motivazioni di fondo di tale contrasto strutturale è necessario risalire ai caratteri originari di questo governo nato fortunosamente e con caratteri politici del tutto singolari nella storia della Repubblica. L’asse portante del governo è costituito dal partito di Fratelli d’Italia culturalmente discendente dall’esperienza del ventennio fascista, e vissuto sempre ai margini della Repubblica.
In seguito all’enorme successo politico nelle elezioni del 2022, FdI ha formato un governo di centrodestra con due partners, Lega e FI, entrambi in difficoltà politica e in netta regressione elettorale, per cui Meloni ha pressoché assunto in toto la conduzione e la responsabilità del governo essendo l’azione di Lega e FI essenzialmente di condizionamento marginale. Al punto che i tre partiti possono tranquillamente convivere pur essendo inseriti in tre differenti gruppi europei in contrapposizione tra loro. Ora FdI risente dell’enorme squilibrio tra la sua esperienza politica di governo e l’enorme potere che è chiamata a gestire, essendo, tra l’altro, priva di una adeguata classe dirigente.
Per far fronte a tale squilibrio, complicato anche dal condizionamento e dalle polemiche degli altri due partiti della coalizione, FdI, oltre a gestire, come può, i crescenti problemi del Paese, utilizza gli strumenti più coerenti con il suo modo di fare politica, cioè la propaganda e l’occupazione degli incarichi pubblici con le nomine. A queste si sono progressivamente aggiunte le iniziative di politica estera, sia perché funzionali al ruolo politico di Meloni e sia perché possono più facilmente diventare occasioni di propaganda. Quest’,ultima. nella duplice versione di valorizzazione pregiudiziale dell’operato del governo e della propria identità e di radicale polemica con le opposizioni, rimane uno degli strumenti principali dell’azione politica del governo al punto da assumere posizioni radicali di parte in problemi non sempre proporzionati agli interessi del Paese, come, ad esempio è avvenuto in questi giorni con la eccessiva drammatizzazione circa i rilievi sullo Stato di diritto dell’Ue, e con la polemica di principio circa la presenza di una atleta transgender nelle competizioni femminili alle Olimpiadi di Parigi.
In tal modo si ritiene di contribuire a sostenere il governo , con la sua stabilità, fino alla fine della legislatura, trascurando gli evidenti effetti negativi in termini di diseducazione dei cittadini e di decrescente credibilità all’estero. Ovvia conseguenza del rilievo che si assegna alla propaganda è lo scontro nei confronti dei giornalisti che, con il loro lavoro di informazione critica, mettono a nudo i limiti e le inesattezze della propaganda governativa. Una reazione che negli ultimi giorni ha raggiunto posizioni parossistiche e irresponsabili, con l’esclusione della stampa italiana dall’incontro Meloni-Xi Jinping fino all’indicazione di vere proprie liste di proscrizione di giornalisti di Repubblica, Domani e Il Fatto Quotidiano, considerati nemici del governo.
Poiché non si tratta di un errore passeggero, ma di una scelta politica consapevole, che si intende procrastinare in futuro, la libertà di informazione nel nostro Paese rimane in pericolo perché viene messa in forse dallo stesso governo e con essa uno degli aspetti essenziali della vita democratica. Valga come memoria quanto dichiarava nel 1973 la filosofa Hannah Arendt, su come il nazismo aveva creato un terreno fertile per la diffusione delle sue idee nell’opinione pubblica tedesca: “Una volta che non abbiamo più una stampa libera tutto può accadere. Ciò che permette a una dittatura totalitaria o a qualsiasi altra dittatura di regnare è che la gente non è informata.
Quando tutti mentono continuamente, il risultato non è che credi alle bugie ma che nessuno crede più a niente. In tal modo il popolo è privato non solo della capacità di agire, ma anche della capacità di pensare e di giudicare, E con un popolo così si può fare quello che si vuole”.