di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Chi ha vinto le Olimpiadi di Parigi? I media dicono gli americani e i cinesi a pari merito per medaglie d’oro (40) e 126 in totale per gli Usa e 91 per la Cina, ma se consideriamo la popolazione in realtà a vincere anche quest’anno è stata la Nuova Zelanda che ha vinto 47 medaglie (di cui 10 d’oro) con una popolazione minore di 5 milioni di abitanti. In questa mia speciale classifica fatta in base agli abitanti seguono Australia, Ungheria, Giamaica. In questa classifica ho considerato 3 punti per l’oro, 2 per l’argento e 1 per il bronzo e rapportando la somma che risulta agli abitanti, l’Italia è al 18° posto (era al 17° a Tokyo). Tra i grandi paesi meglio dell’Italia fanno Francia, Regno Uniti e Sud Corea, ma siamo prima di Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Spagna e Brasile.
Classifica in base al totale delle medaglie (oro=3 punti, argento= 2, bronzo =1) e totale in rapporto agli abitanti
Avanzano i paesi poveri e africani anche se, per ora, alimentano i paesi ricchi di molti dei propri atleti (vale anche per la Russia, vedi la pallavolista Ekaterina Antropova, italiana da un anno o Andy Diaz Hernandez, cubano 3° nel salto triplo) i quali migrano volentieri verso i paesi ricchi che offrono tutti volentieri cittadinanza, soldi e supporto sportivo, sin da giovani individuati dai nostri “cacciatori di talenti” e che poi vengono inseriti nelle nostre scuole superiori che sono di fatto obbligate a promuoverli. Circa metà delle medaglie italiane sono di immigrati o figli di immigrati. Paradossale che la vincitrice dell’ultimo podio (la maratona femminile, gara simbolo) sia dell’olandese Sifan Hassan, una musulmana che porta il velo sul podio olimpico. Da un lato dà la misura della crescente presenza di immigrati e figli di immigrati nei paesi ricchi e del crescere del multiculturalismo nelle società occidentali, dall’altro la reazione sempre più forte di una parte dei cittadini (vedi le recenti manifestazioni nella, una volta, tollerante Gran Bretagna) ad una immigrazione che viene ritenuta troppo rapida e portatrice più di svantaggi che di vantaggi per i ceti meno abbienti.
Una delle caratteristiche passate delle Olimpiadi è che potevano partecipare solo i dilettanti e non i professionisti. Col tempo ci si è resi conto che avrebbe assunto maggior valore se avessero potuto partecipare tutti i migliori atleti e così oggi partecipano di fatto anche i professionisti (dai tennisti a James Lebron, il giocatore Usa di basket pagato 40 milioni di dollari all’anno). Le Olimpiadi hanno così mostrato quanto siano gonfiati certi miti, sport e tornei, come quello dei professionisti basket NBA Usa, la cui squadra ha battuto di pochissimo la piccola Serbia nelle semifinali, dopo essere rimasta sotto di 10 punti per 3/4 della partita e aver vinto solo nell’ultima fase a causa del ridotto numero di giocatori della Serbia che hanno pagato l’aver giocato tutta la partita, a differenza dello squadrone americano che ha potuto contare su molti cambi (95 a 91 il risultato finale).
L’Italia ha conquistato 12 medaglie d’oro (2 in più di Tokyo) ed è interessante vedere come l’ottimo risultato sia il prodotto di un modello pubblico di supporto agli sport “minori”. Pur non avendo sponsor o società sportive che possono mantenere gli atleti nelle categorie con minori spettatori (che minori non sono), ha assunto una strategia che potremmo definire “pubblica” in cui gli atleti migliori vengono assunti tramite concorso pubblico riservato a chi ha raggiunto determinati risultati a livello nazionale o internazionale da alcune organizzazioni pubbliche militari o civili in qualità di Volontari in ferma prefissata di 4 anni (polizie, esercito, marina, aviazione, guardia di finanza, vigili del fuoco) in modo da garantire a questi atleti di potersi allenare a tempo pieno nei Centri sportivi di riferimento senza dover lavorare, con uno stipendio analogo a quello dei colleghi. Al termine della carriera agonistica gli atleti possono rimanere in servizio e qualificarsi come istruttori, allenatori, preparatori atletici, massaggiatori presso i centri sportivi nazionali o anche partecipare ai concorsi interni e progredire come carriera. Il maggior numero è assunto dalla Polizia di Stato (Fiamme Oro) con 101 atleti, seguito dalla Guardia di Finanza (Fiamme gialle) n. 54, Esercito 39, Carabinieri 33, Aeronautica 25, Polizia penitenziaria (Fiamme azzurre) 23, Marina 18, e Vigili del fuoco (3 atleti delle Fiamme rosse). Ciò ha consentito a ben 296 atleti sui 403 italiani (73%; erano il 70% alle precedenti Olimpiadi di Tokyo) di partecipare alle Olimpiadi di Parigi assieme ad altre 207 compagini nazionali e vincere 40 medaglie (12 ori, 15 argenti e 12 bronzi) e portare più atleti (403 contro 384). Il modello organizzativo dell’Italia, sempre più imitato anche dai paesi poveri, dimostra che senza una organizzazione pubblica avremmo alle Olimpiadi solo gli atleti sponsorizzati dalle grandi società private e da sponsor limitando non solo le vittorie dell’Italia ma la partecipazione allo sport di migliaia di giovani (pessimi risultati nel calcio).
Le Olimpiadi sono un evento di valore mondiale e mostra come lo sport sia un bene comune, oltrechè una straordinaria forma di sviluppo umano e di apprendimento, capace di superare ogni divisione. Peccato che si siano voluti penalizzare gli atleti della Russia, Bielorussia, Iran, etc. cioè l’”asse del Male” (anche se poi molti hanno gareggiato sotto la bandiera di altri Stati come Germania, etc.). Mentre noi occidentali saremmo l’”asse del Bene”, cosa che avrebbe certamente condannato Pierre De Coubertin che li riprese nel 1896 dopo che l’imperatore romano cristianizzato Teodosio li aveva fatti cessare nel 393 d.C. perché ritenuti uno spettacolo pagano. Erano nati nel 776 a.C. anche se la loro origine è probabilmente più antica, quando veniva premiato non chi arrivava primo ma chi svolgeva l’esercizio (corsa, lancio del disco, lotta, etc.) con più armonia. Alle gare non erano ammessi stranieri, schiavi, persone disonorate e le donne, alle quali era vietato persino assistere alle gare (almeno fino al 396 a.C.).