di Fabrizio Asioli (Psichiatra, Psicoterapeuta). Pubblicato in I luoghi della cura del 20 giugno 2024.
In tutto il mondo occidentale, le istituzioni che accolgono gli anziani (in Italia erroneamente accomunate, tutte, nell’acronimo di RSA) sono state i principali bersagli dell’epidemia causata dal Covid dato che, al loro interno, sono ospitate persone particolarmente fragili per età avanzata e, spesso, per la presenza di più patologie. In conseguenza alla pandemia, in molti Paesi, e nel nostro, in particolare, si è sviluppato un acceso dibattito sulla necessità di una diversa organizzazione dell’assistenza da prestare agli anziani e sulla configurazione delle strutture destinate ad accoglierli.
L’inserimento di una persona in un’istituzione di ricovero in modo permanente è motivato da ragioni che abitualmente oggi vengono definite “multifattoriali”: i motivi che determinano il fenomeno che porta come esito finale al ricovero (definitivo) di un disabile o di un anziano sono molteplici e spesso intricati. In questa multifattorialità gioca quasi sempre un ruolo importante la variabile economica: è provato cioè che l’istituzionalizzazione definitiva non è dettata puramente (e spesso neppure principalmente) da ragioni medico-cliniche (come avviene per la ospedalizzazione) ma da un complesso di fattori di tipo sanitario e di natura psicosociale che determinano, come condizione finale, la perdita di autonomia.
Le Residenze per anziani, sotto l’elemento comune dell’età avanzata, accolgono persone con livelli di disabilità diversi (per qualità) e differenti (per natura) e questo rende molto più complesse le risposte da fornire sul piano assistenziale. Il fatto che le Residenze per anziani accolgano, anche in Italia, persone che provengono da altri settori specialistici quali la psichiatria, la disabilità intellettiva, l’area delle patologie neurologiche cronico-degenerative ha reso molto più complessi i loro compiti. All’eterogeneità dei bisogni dovrebbe ovviamente corrispondere un aumento dell’articolazione e delle strategie assistenziali, cosa che è avvenuta solo in alcuni luoghi di ricovero mentre in altri le risposte risultano inadeguate o del tutto inesistenti.
Le strutture residenziali per anziani: contenitori o contenuti?
Sarebbe adeguato partire dalle persone e dai loro bisogni assistenziali, che non sempre sono solo di natura sociale ma che spesso hanno ragioni cliniche. E' assolutamente consigliabile limitare concentrazioni di pazienti che siano portatori di bisogni troppo diversi fra di loro e pertanto abbiano necessità assistenziali molto differenti. In questo caso infatti è quasi una regola che diventi impossibile fornire una assistenza personalizzata e differenziata a ciascun paziente, finendo così per trascurare le loro specifiche necessità e, di fatto, abbandonandoli.
L’assistenza domiciliare in Italia: utopie e realtà
Nell’attuale sistema italiano di assistenza agli anziani non autosufficienti non deve stupire che molti anziani vengano inseriti in RSA pur non presentando problemi assistenziali di particolare intensità: a casa sarebbero soli e trascurati. Si tratta di una soluzione quasi sempre sgradita e sgradevole sia per l’anziano sia per la sua famiglia (quando c’è), oltre che costosa per tutti e potrebbe essere evitata per quelle persone che potrebbero (e vorrebbero) vivere ancora a casa loro ma che invece vengono avviati alla istituzionalizzazione in mancanza di soluzioni alternative nella comunità. “Si tratta di non insistere solo sull’aspetto della istituzionalizzazione, come se fosse l’unica risposta praticabile”, dato che in Italia (salvo qualche modesta eccezione regionale) non c’è assistenza alternativa a quella residenziale perché non esiste alcuna forma di aiuto a domicilio dei pazienti.
La costruzione di servizi di comunità per gli anziani in grado di offrire risposte adeguate ai pazienti che non necessitano di inserimento in strutture, richiede un forte investimento in risorse e in modelli organizzativi. In sintesi, nuovi servizi non nascono se non vengono messe a disposizione le risorse necessarie, ma è necessario affrontare anche l’aspetto che riguarda i contenuti perché i modelli organizzativi cambiano a seconda degli obiettivi che si intendono raggiungere. Soprattutto, non va dimenticato che la struttura familiare ha subìto profonde trasformazioni e che, spesso, essa non esiste oppure non è presente o non in grado di occuparsi del congiunto malato. Qualsiasi forma di assistenza intensiva domiciliare a pazienti gravi, presuppone l’appoggio (e la disponibilità) di una famiglia.
Quanto alle risorse, l’attuale Governo ha dato risposte molto chiare con l’approvazione del Decreto attuativo della Legge delega 33 che non provvede all’attuazione del disegno complessivo di riforma previsto dalla suddetta Legge Delega e mette a disposizione 150 milioni per una sperimentazione limitata, prendendoli dal Fondo nazionale per la non autosufficienza: cioè li toglie a coloro cui dovrebbe darne.
Conclusioni
Se da una parte dobbiamo registrare che il Decreto attuativo destina pochi spiccioli a poco più di 24 mila ultraottantenni poveri su una platea di oltre 2 milioni e mezzo di persone, dall’altra non si può dimenticare che il compito di pianificare la riforma promessa (e attesa da decenni) era stato affidato dal premier di allora ad una Commissione straordinaria che aveva promesso grandi novità nel campo dell’assistenza agli anziani e propugnato proposte caratterizzate, in alcuni casi, da una incomprensibile improvvisazione (ad esempio – come detto – la necessità di eliminare del tutto l’uso delle RSA nella assistenza agli anziani).
Il potere delle scelte è nelle mani dei decisori, cioè del Governo. Oggi, la sensazione profonda è quella di trovarsi di fronte a una montagna di cocci, sentimento che si accompagna alla delusione profonda per una speranza che non si è realizzata, al fallimento del lavoro della Commissione, alla preoccupazione di chi è convinto della necessità e dell'urgenza di una riforma dell'assistenza agli anziani. Infine anche alla comprensibile frustrazione degli operatori di molte RSA che sono stati feriti da frettolosi giudizi sul loro lavoro che peraltro (e fortunatamente per i pazienti) sono chiamati a continuare a svolgere anche in futuro. Infatti, nonostante le molte critiche rivolte alla RSA, queste non solo continueranno a svolgere le loro attuali funzioni, ma è facile prevedere che aumenteranno di numero: sia per l’incremento della domanda, sia per il perdurare della mancanza di forme di assistenza domiciliare che sarebbero in grado di evitare almeno una quota dei ricoveri.
sintesi di Alessandro Bruni
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