di Toni Casano. Pubblicato in Pressenza del 11 agosto 2024.
In questa torrida estate torna in piazza il movimento No Ponte, deciso ancora una volta a sfidare un governo sordo alle ragione più che legittime di una comunità intergenerazionalmente unita, sostenuta dal mondo scientifico oltre che dalla maggior parte dell’opinione pubblica della società peloritana.
A dire il vero le risposte da parte dell’esecutivo non sono tardate nel farsi sentire, in modo chiaro ed esplicito, con il varo di misure repressive che aggravano le sanzioni previste per coloro che protestano contro la realizzazione delle “opere ritenute strategiche”: si fa riferimento al 𝐃𝐞𝐜𝐫𝐞𝐭𝐨 𝐈𝐧𝐟𝐫𝐚𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐮𝐫𝐞 (“il prolungamento all’infinito dell’iter progettuale e dei lavori di costruzione”) 𝐞 al 𝐃𝐢𝐬𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚 (inasprimento penale per chi lotta contro le Grandi Opere, il cd. “reato anti-Gandhi”), già messi in evidenza in Pressenza, 7 agosto 2024. Si tratta di provvedimenti normativi che, come immaginano verosimilmente dal movimento, “rappresentano il pericolo vero per il nostro territorio e disegnano insieme un vero e proprio modello che in futuro potrà essere applicato in svariati contesti”. Nei fatti queste misure, senza andarci troppo distante, sembrano essere state concepite proprio “in previsione delle altre proteste che potrebbero arrivare con l’allestimento dei cantieri” sull’asse delle sponde tra Scilla e Cariddi.
Con ciò si è voluto portare al centro del dibattito l’emergenza idrica che caratterizza una siccità tra le più gravi mai registrate, in una zona fra le più assetate d’acqua nel nostro paese. Una situazione estremamente grave che pende come un macigno sui cantieri che dovrebbero aprire nei prossimi mesi, per dare l’avvio dei lavori del ponte: non a caso sulla questione “risorse idriche” è stata posta una particolare attenzione anche dai tecnici della commissione ministeriale dell’ambiente.
Anche la Regione siciliana è scesa in campo, data la grave emergenza della siccità, avanzando formalmente la richiesta dello stato di calamità, in uno col razionamento dell’acqua. «Ma come ben sappiamo – scrivono i No Ponte – l’assenza di pioggia è aggravata dagli storici problemi strutturali: in Sicilia si stima che quasi il 70% dell’acqua immessa nelle reti idriche viene persa a causa delle reti “colabrodo”».
Se si mette in relazione quanto ha rilevato il Sias – Servizio informativo agrometeorologico siciliano – ovvero che “la media delle precipitazioni” nell’isola nell’anno corrente “è stata la più bassa mai registrata dal 2002” – con gli storici problemi strutturali dell’isola, si comprende perché la Sicilia è certificata essere tra le regioni con le più alte perdite totali: non a caso sembrerebbe che, in atto, ai messinesi la fornitura d’acqua venga garantita “da una nave cisterna della Marina militare”.
Di questo tema, insomma, il movimento No Ponte ne ha fatto un punto dirimente, una vera e propria bandiera. Infatti nel documento di sostegno all’iniziativa di ieri, i No Ponte hanno voluto evidenziare come le questioni siano del tutto intrecciate, sia sul piano nazionale sia sul piano regionale: da Palazzo d’Orleans il governo siciliano ha imbastito “il solito piano emergenziale” che consiste in uno stanziamento di 20 milioni per finanziare l’emergenza. «Eppure – si chiedono i No Ponte – quanti miliardi servirebbero per il ponte? Quanti metri cubi servirebbero per la sua costruzione? Solo uno dei 17 cantieri previsti necessita di 39 milioni di metri cubi d’acqua. Dall’altra parte la procedura step by step per il progetto esecutivo, conferma che il ponte è utile solo a chi deve guadagnarci. Quanti soldi vogliamo regalare alla Stretto di Messina Spa?».
È arrivato il momento di fermare chi consuma risorse da decenni senza dare alcunché agli abitanti. È il momento di investire sull’acqua e sulla prevenzione degli incendi le risorse destinate a un’opera che serve solo a chi la costruisce».
sintesi di Alessandro Bruni
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