di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
In queste settimane di fine estate Elly Schlein, attraverso gli interventi alle Feste dell’Unità, e con la pubblicazione del libro autobiografico “L’imprevista, un’altra visione del futuro” ha delineato alcune caratteristiche politiche essenziali del Pd che, assieme alla maggioranza, sta costruendo, in netta alternativa alla destra al governo. Sull’insieme di questi caratteri mi permetto qualche considerazione con l’intento di favorire l’evoluzione di una sinistra più vicina alle esigenze del Paese.
Dalla descrizione che emerge, risulta una sinistra chiaramente inserita nello scontro destra-sinistra che sta dividendo l’Italia, anche se Schlein afferma che l’obiettivo del Pd è ricucire il Paese. Uno scontro scelto consapevolmente dalla destra per coprire i suoi limiti di linea politica e di classe dirigente che manifesta nell’azione di governo, a cui fa fronte soprattutto con l’invenzione del complottismo, la propaganda e l’occupazione del potere nella variegata organizzazione dello Stato. Un ambito che può diventare infido e fuorviante per la sinistra, specie quando deve operare per dar vita ad una alternativa.
Il Pd di Schlein intende realizzare tale obiettivo scegliendo come elemento discriminante l'anti destra, in termini di ricercare l’unità di tutte le espressioni di tale discriminante, partendo dalla sinistra. Una visione dell’unità della sinistra che raggiunge il paradosso quando afferma la piena condivisione con la Cgil sul referendum contro la legge sul Jobs Act, che, pur con i suoi limiti, non rappresenta certamente il male radicale del lavoro. Solo la propensione dell’attuale Cgil alla generica mobilitazione e alle manifestazioni fine a sé stesse spiega questa guerra al Jobs Act, ma si tratta di un’altra storia.
Questo modo di costruire le alleanze rappresenta la versione originale del cosiddetto Campo largo, che sta trovando sul suo cammino non poche difficoltà. Il limite maggiore di tale alleanza è quello di essere fondata essenzialmente sulla necessità dell’unità di tutta la sinistra, come soggetto trainante di ulteriori aggregazioni, lasciando in secondordine la strategia che doveva politicamente motivarla. In tal modo, è bastato che una forza politica, sulle singole questioni o sulla composizione della coalizione, sia a livello nazionale che locale, manifestasse un dissenso perché tutto si bloccasse, sia sul piano politico che elettorale. Oggi Schlein cerca di correre ai ripari proponendo, come alternativa di governo, una ipotesi di piattaforma programmatica articolata su cinque obiettivi: sanità pubblica, lavoro non sfruttato e retribuito, istruzione e innovazione. diritti civili e sociali, clima.
Una piattaforma incentrata su alcune riforme, di segno prevalentemente rivendicativo, che evita alcuni problemi cruciali e condizionanti il nostro futuro (debito pubblico, patto fiscale, Europa) e, in premessa, manca di una visione comune del futuro del Paese, In tal modo l’alternativa di governo appare troppo debole e incompleta per diventare pienamente credibile ed essere stimolo della battaglia politica necessaria. Stupisce inoltre che un obiettivo così impegnativo sia perseguito tramite una gestione del partito troppo centrata sulla Segretaria e sugli organismi nazionali. con un dibattito interno insufficiente rispetto ai numerosi e complessi problemi con i quali il Pd deve misurarsi, e in relazione alle esigenze di un partito che vuole crescere nella sua cultura politica e nella qualità della classe dirigente. In questo contesto, avendo presente l’atteggiamento competitivo del M5S nei confronti del Pd, e il populismo ancora presente in tanta parte del sistema politico, la costruzione dell’alleanza, e diventata una vera e propria battaglia politica, Allargare il perimetro del Campo largo con nuove forze per aumentare la sua competitività suscita reazioni tanto impreviste quanto sproporzionate. A tale riguardo il caso Renzi risulta particolarmente significativo, perché sta facendo emergere nella coalizione posizioni spiegabili solo con il prevalere dell’ideologia o del pregiudizio sul giudizio politico.
L’ex segretario Pd ha fatto le sue scelte e i suoi errori che la stessa politica gli ha fatto pagare. Pur essendo evidente una sua spregiudicatezza nella prassi politica, la sua partecipazione all’alleanza va misurata sulla base delle scelte politiche che, ovviamente non possono essere ambivalenti secondo le convenienze del momento. Spetta innanzitutto al Pd decidere, e il M5S, che in fatto di ambivalenza ha solo da fare autocritica, non può mettere veti.
Teniamo presente che in Italia una coalizione di centrosinistra, pur con i problematici apporti populisti, può risultare vincente solo con una consistente presenza di centro, per cui la questione va valutata anche sotto questo profilo. Il perimetro della sola sinistra, sia pure in tutte le sue espressioni non basta per l’alternativa di governo, e questa stessa area non può avere un futuro adeguato cercando di sopravvivere sulla riproposizione del passato, ma la stessa esperienza di Pci e Psi va interpretata, nei suoi pregi e difetti, come stimolo per la creazione di una nuova sinistra riformista e democratica.