di Sandro Spinsanti. Pubblicato nel blog dell'autore il 26 agosto 2024.
I regali più graditi sono quelli inaspettati. Questo è arrivato per mail, da una persona conosciuta in occasione di un dibattito pubblico sulla sanità. Si è annunciato con un titolo enigmatico: “La bestia dorme”. A seguire, il resoconto della sua condizione clinica: “Le avevo scritto che mi ero scoperto affetto da un linfoma. Oggi scrivo per dare una buona notizia: ho fatto degli accertamenti e una visita medica; in buona sostanza, i valori del sangue e la PET hanno detto che la bestia dorme tranquilla. Speriamo che si sia punta come la bella addormentata e che non passi di qua un principe a baciarla. Ora spero che pian piano le forze mi tornino e che gli effetti collaterali si affievoliscano. Va sa sé che dovrò fare accertamenti e visite di controllo.
È doveroso da parte mia dirle che durante i pellegrinaggi ospedalieri per fare le terapie, analisi, medicazioni, visite mediche e indagini strumentali ho incontrato tante persone che hanno portato luce nella mia notte. Mi sono sentito riconosciuto come persona ancor prima che come paziente. Tra tutte la mia stella polare è la mia Dottoressa di base: è stata sempre presente e in una scala da uno a dieci merita un sedici. Le racconto solo un paio di episodi. Il primo: dovevo recarmi all’ospedale della mia città, che dista oltre 30 chilometri, e non avevo nessuno che mi potesse accompagnare; lei, saputo ciò, ha chiesto a suo marito, che io non conoscevo, di accompagnarmi. E così ha fatto! La sera del primo maggio mi suona il telefono; era lei che, mentre preparava la cena, si era ritagliata il tempo per ‘vedere come stavo’. Non le nascondo che a ripensare a queste cose mi scende qualche lacrima”.
Una ventata d’aria fresca dal mondo della sanità, a contrastare l’afflizione quotidiana delle notizie deprimenti. Ancor più: un invito a entrare più in profondità nell’intreccio dei rapporti di cura e, più in generale, a riflettere sul concetto di salute. Siamo soliti evocare la salute come lo stato che si contrappone alla malattia. Quando qualche sintomo – o valore corporeo non allineato – ci annuncia che siamo entrati nel territorio della malattia, tutti i nostri sforzi si concentrano nel cercare la via d’uscita. Vogliamo “tornare come prima”. E bussiamo alla porta dei professionisti della cura chiedendo il loro aiuto per riuscire nell’impresa.
La salute è certamente iscrivibile in questo schema; ma possiamo riconoscerle un profilo più alto: è possibile declinarla al minimo, come assenza di sintomi patologici. ma anche al massimo, come pieno sviluppo umano. Non si tratta solo di recuperare l’integrità (“restitutio ad integrum” si diceva in latino, con un’espressione enfatica molto evocativa), ma di crescere, fino a dar corpo alla piena misura di quell’umanità che potremmo e dovremmo avere. Il filosofo Friedrich Nietzsche utilizzava a questo proposito l’espressione Grande Salute. In questo senso la salute può essere concepita come un percorso, che si estende oltre l’ambito che è proprio della scienza medica. La guarigione stessa può essere realizzata in diversi modi e gradi, fino a includere “quanto il malato sappia prendere su di sé e superare – trasformare in salute”, per usare le parole stesse di Nietzsche.
Questa salute non possiamo misurarla con parametri biologici, ma è messa in evidenza da valori morali. Perché si può essere sanissimi dal punto di vista biologico, ma carenti – diciamo pure malati – nella prospettiva dello sviluppo della piena umanità. E inversamente: malati nel corpo, ma sempre più vicini al raggiungimento della salute piena, intesa come sinonimo di saggia autorealizzazione. La Grande Salute non la passa il Servizio Sanitario Nazionale. Da questo ci accontentiamo che venga incontro ai nostri bisogni relativi alla “piccola salute”. È piuttosto il compito che ciascuno è chiamato a sviluppare, come sa e vuole, iscrivendo la propria vita in un orizzonte più vasto.
Ci piacerebbe però che almeno qualche elemento della Grande Salute affiorasse nei rapporti di cura che costituiscono il tessuto della sanità professionale, quella a cui come cittadini sappiamo di avere diritto. Pensiamo alla gentilezza d’animo, alla cortesia, ai rapporti educati e civili. Perché la “piccola salute”, ridotta a riparazione meccanica del corpo, si può tradurre in rapporti solo funzionali con i professionisti, intesi come “riparatori”. L’espressione è di Tiziano Terzani: intendeva criticare gli eccellenti oncologi che trattavano la sua patologia come il guasto di una macchina, piuttosto che come un evento che sconvolge e ridefinisce la vita intera di un essere umano; ma allo stesso tempo qualificare l’intervento medico come una riparazione era anche una implicita critica rivolta a sé stesso, per esserci accomodato in un livello basso di cura, e quindi di guarigione, risparmiandosi il cammino che avrebbe poi intrapreso e di cui rende partecipi i lettori di “Un altro giro di giostra”. Portare più in alto il livello della salute è un impegno che coinvolge sia i professionisti della cura che coloro che ne beneficiano.
Di questi indicatori della Grande Salute il messaggio che ci indotto a una riflessione più ampia ne mette in evidenza uno importante: la capacità di riconoscere il valore del lavoro di cura e di esprimere la propria gratitudine per coloro che lo esercitano. Siamo circondati da episodi di lavoro professionale di cura deficitario: è lo scenario che merita il titolo di malasanità. Ce ne lamentiamo.
Giustamente. Ma siamo anche capaci di vedere le situazioni di buona cura? Quelle forme eccellenti del prendersi cura che non equivalgono a eroismi: semplicemente prendono forma nel profilo della quotidianità come interesse vero allo star bene dell’altro. E siamo pronti a esprimere anche il dovuto tributo di gratitudine ai professionisti che ne sono gli autori?
Perché se anche recuperassimo, dopo un evento patologico, una splendida forma fisica e non fossimo capaci di dire grazie a chi ci ha erogato le cure, la salute recuperata non potrebbe proprio iscriversi nel perimetro della Grande Salute. La salute include più cose di quelle riportate nella cartella clinica. La cura, così praticata e vissuta, continua a costituire una delle più alte opportunità per il pieno sviluppo della nostra umanità: per alzarci, sulla terra, sulla punta dei piedi.