di Luigi Mastrodonato. Pubblicato in Lucy, sulla cultura del 26 Settembre 2024.
Il sistema penitenziario è in grave sofferenza per il sovraffollamento. La crisi climatica – tra estati sempre più torride ed eventi estremi, come la siccità in Sicilia, sempre più comuni – rischia di dargli il colpo di grazia. Un motivo in più per tornare a parlare di amnistia.
I camion che negli ultimi mesi hanno fatto la spola dal carcere di Agrigento sono autobotti. La struttura è una polveriera: ci sono cento detenuti in più di quelli previsti, si verificano costantemente aggressioni e tentativi di suicidio, si sta male come si sta male in tutte le carceri italiane, ma un po’ di più. La crisi idrica, ha costretto a razionare l’apertura dei rubinetti e a organizzare turni settimanali per le docce, mettendo in discussione perfino il diritto all’igiene personale. Il carcere come istituzione vive in un contesto di perenne emergenza, ma la siccità che sta colpendo gli istituti siciliani, e il conseguente malessere delle migliaia di detenuti già stremati dal caldo di questi mesi estivi e dall’apatia della detenzione, potrebbe aprire a un nuovo capitolo di una crisi già in atto.
“A metà luglio all’interno del carcere di Cagliari, dove il sovraffollamento ha costretto a stipare fino a quattro persone in celle da sei metri quadri, la temperatura ha raggiunto i 43 gradi centigradi”.
A dire il vero non è la prima volta che il sistema penitenziario italiano si trova alle prese con l’emergenza idrica. Come sottolinea l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, nella metà degli istituti visitati nel 2024 manca l’acqua calda, non ci sono le docce in cella e le interruzioni nella fornitura appartengono più all’ordinario che allo straordinario. Le strutture carcerarie italiane sono vecchie e fatiscenti e questo vale anche per gli impianti di distribuzione dell’acqua, che richiederebbero costante manutenzione ma che sono lasciati così perché i soldi per intervenire non ci sono mai e se ci sono vengono veicolati altrove.
Intermezzo 1*
Fa caldo, il sudore scivola sulla pelle, e si appiccica con i vestiti addosso, sono madido, e si sono ormai impregnati lenzuola e materasso, anch’essi di sudore come i miei panni e le nostre membra. Si boccheggia, in cella, e l’acqua che ci trasciniamo dietro, dopo la tanto sofferta e agognata doccia, evaporando riempie d’umidità l’angusto luogo.
Intermezzo 2*
L’aria satura d’umidità, sudore, miasmi, la puoi tagliare con un coltello, in verità, farlo è impossibile, i coltelli sono di plastica riciclata, e si rompono anche solo a guardarli. Devo andare in bagno, ma è occupato, altri quindici sono in fila davanti a me”.
Intermezzo 3*
Quindici e un solo bagno, un vero e proprio stabilimento balneare per germi e batteri, per loro è la condizione migliore, una festa, per noi, forse un po’ meno. Il cesso è una vecchia turca fatiscente con sopra un tubo dell’acqua per farsi la doccia, che d’estate scotta dannatamente, e d’inverno è maledettamente fredda. A pochi centimetri, sempre nel bagno, cuciniamo i nostri pasti, e se è vero che quando tiri lo sciacquone le feci nebulizzate schizzano fino a due metri, allora cosa stiamo mangiando da anni?
Intermezzo 4*
In quindici è pressoché impossibile permanere in piedi in cella, figuriamoci seduti tutti al piccolo tavolino per mangiare, quindi facciamo a turno. Nei turni con noi, si accodano cimici, scarafaggi e altre bestiacce, che non ne vogliono sapere di rispettare la fila. Ben pensandoci però, più che mancanza d’intimità, non stiamo forse parlando di una vera e propria violenza?
*Tutti gli intermezzi sono estratti da una lettera inviata a inizio agosto 2024 dai detenuti nel carcere di Brescia Nerio Fischione – Canton Mombello, uno degli istituti penitenziari più sovraffollati d’Italia, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ai deputati bresciani.
La crisi climatica, il suo impatto su luoghi chiusi, sigillati, come le carceri, sono nuove forme di vulnerabilità per questi istituti, buchi neri della democrazia dove si fa tutto tranne che rieducazione e reinserimento sociale. Il dramma dei cambiamenti climatici può trasformarsi nell’opportunità di intervenire sulle prigioni, per svuotarle. Un’amnistia climatica è la nuova voce da inserire nel dibattito sulle carceri.
sintesi di Alessandro Bruni
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