di Flavia Maltoni. Data Protection Consultant. Pubblicato in Ai4business.it il 24 aprile 2022.
Sebbene la parola transumanesimo compaia per la prima volta negli anni Cinquanta, la nascita di questa ideologia, così come oggi la intendiamo, si è fatta strada a partire dagli anni ‘80, anche grazie al pensiero di uno dei suoi “padri fondatori”, Max More, che ha definito il transumanesimo come quella classe di filosofie che, tramite la tecnologia e la scienza, ricercano la continuazione e l’accelerazione dell’evoluzione al di là delle sue limitazioni attuali.
Per realizzare questo scopo, è necessario il compimento di un processo di ibridizzazione delle caratteristiche e componenti biologiche umane con le macchine grazie alla tecnologia e alle nuove scienze come la biorobotica, la bioinformatica, la nanotecnologia e la neurofarmacologia.
Questo processo di ibridizzazione si può concretizzare nell’installazione di componenti artificiali e tecnologiche nel corpo biologico dell’essere umano al fine di potenziarlo. Per quanto fantascientifica possa apparire questa affermazione, l’era dei cyborg non è poi così lontana dall’attuale realtà. I cyborg (o “organismi cibernetici”), infatti, non sono altro che esseri umani a cui vengono applicate o impiantate componenti meccaniche e tecnologiche.
Facciamo degli esempi. Pensiamo agli elettrodi impiantati nel cervello dei malati di Parkinson per ridurre i sintomi motori debilitanti tipici della malattia, all’impianto cocleare (ovvero l’impianto di un orecchio artificiale elettronico in grado di ripristinare la percezione uditiva nelle persone con sordità profonda), al pacemaker impiantato nel torace (ovvero il dispositivo elettronico che consente di controllare le anomalie del ritmo cardiaco), all’esoscheletro (ovvero un apparecchio cibernetico esterno in grado di potenziare le capacità fisiche dell’utilizzatore che ne viene rivestito e che rappresenta una sorta di “muscolatura artificiale” molto utile, soprattutto, per migliore la qualità della vita di persone affette da gravi disabilità).
La conclusione che si trae dal presunto compimento della singolarità tecnologica è che, a fronte di una massiccia evoluzione della tecnologia e in particolare dell’intelligenza artificiale, l’essere umano sarà portato all’interfacciamento uomo-macchina. Oggi si distinguono differenti branche del biohacking: da quelle più “soft”, che puntano al miglioramento del corpo e del cervello umano mediante specifiche diete e l’esercizio fisico, a quelle che contemplano l’uso di sostanze nootrope o prevedono l’impianto di dispositivi tecnologici, per finire a quelle che mirano alla modifica dello stesso DNA umano attraverso l’ingegneria genetica. In tutti questi casi lo scopo comune è il medesimo: migliorare il corpo e il cervello umano: si pensi ai vantaggi che si aprirebbe nella cura delle malattie genetiche e metaboliche, nelle neurodivergenze e nelle demenze.
Ad ogni modo, la possibile svolta dell’Homo sapiens in cyborg non dovrebbe intimorirci. Al di là dei profili puramente etici connessi al pensiero transumanista e alle pratiche di biohacking, sono due i fattori principali da prendere in considerazione per esprimere un giudizio di valore a loro proposito: in particolare, nel miglioramento dell’essere umano e di divenire in sostanza capace di autoreferenzialità espressa nella capacità di creare un umano con specifiche caratteristiche divenendo l’uomo non più un soggetto passivo, ma è artefice dell’evoluzione stessa in virtù del suo intervento mediante la tecnologia.
Ignorare un processo evolutivo per la paura dell’ignoto, di certo, non ci aiuterà a meglio comprenderlo e gestirloe. Invece, la consapevolezza del suo verificarsi può rappresentare il migliore strumento per evitare e prevenire eventuali rischi connessi al “mutamento” dell’essere umano per motivi climatici e antropici. Si certo un percorso difficile e pericoloso, tanto da impaurire sul futuro umano, ma le medesime considerazioni l’uomo le ha già fatte agli albori dell’elettricità, della cibernetica in medicina, della radioattività. Certo non sarà una materia grezza e terrificante come oggi la paventiamo, ma un qualcosa che lentamente permetterà all’uomo o a un suo ibrido di vivere in un pianeta già invivibile per molti esseri umani. Qualcosa bisognerà fare per il futuro umano sulla terra e l’era della transumanazione potrebbe finire con essere una chance possibile.
sintesi di Alessandro Bruni
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