di Valerio Bassan. Stralcio da Il paradosso di Alex Turner. Pubblicato in Ellissi del 22 novembre 2024.
Online ci si imbatte spesso in uno studio accademico, realizzato da George Land per la NASA a partire dagli anni ‘60, che indaga l’origine della creatività umana.
La creatività è qualcosa di cui nasciamo equipaggiati, oppure qualcosa che impariamo più tardi, nel corso della vita?
Lo studio originale, non semplice da reperire, dimostra come il pensiero divergente - quello che non è influenzato da norme e costrutti sociali e che ci spinge a usare l’immaginazione in modi non convenzionali - diminuisca con l’età.
Un test sottoposto a un gruppo di 1.600 bambini di 5 anni diede risultati sorprendenti: il 98% di loro ottenne punteggi altissimi, dimostrando di possedere quello che Land definisce «genio creativo».
Ma la ricerca dimostrò appunto anche qualcos’altro: e cioè che invecchiando il pensiero divergente diminuisce. I “geni creativi” tra i quindicenni diventano il 12%. Tra i trentenni appena il 2%.
Secondo le conclusioni di Land, raccontate anche in un TEDxTalk, col passare del tempo il nostro pensiero divergente, che permette all’immaginazione di viaggiare liberamente e generare nuove idee originali, arretra per lasciare spazio a quello convergente, legato al giudizio e alla valutazione degli altri.
La corteccia pre-frontale del cervello, soverchiata da stress e preoccupazioni, viene costretta a modificare la sua modalità di azione, e lentamente si “spegne”.
In alcuni casi questo declino è stato imputato più volte al sistema scolastico, accusato di essere uniformante e limitante.
In altri casi si punta il dito contro l’idea stessa di successo, che una volta raggiunto può in-castrarci: più ci affermiamo, più tendiamo a uniformarci alle aspettative che gli altri hanno di noi.
La conseguenza? Tendiamo a usare sempre meno il pensiero divergente per rientrare all’interno di schemi sociali predeterminati, sacrificando così il genio creativo di cui siamo naturalmente dotati nell’infanzia.