di Antonio Malaschini. Pubblicato in Paradoxa-forum del 4 novembre 2024.
Diversi autori si sono recentemente posti la domanda se, accanto agli Stati tradizionali, non si stia oggi sviluppando una nuova categoria a essi assimilabile, fatta di soggetti capaci di influenzare, in modo ben diverso e più di quanto accadesse in passato, la politica globale. Il riferimento è alle cosiddette Big Tech, le grandi società tecnologiche che sempre più intervengono a condizionare appunto le scelte politiche interne e internazionali, non solo sotto un profilo scientifico ed economico, assumendo prerogative un tempo esclusive degli Stati.
A fondamento del potere di quelle che vengono chiamate GAFAM (Google-Alphabet, Amazon, Facebook-Meta, Apple, Microsoft ed altre simili, americane e cinesi) vi è oggi in primo luogo il loro possesso dei ‘dati’. La data governance non solo sfugge al controllo degli Stati, ma è indispensabile agli Stati stessi per predisporre e implementare le politiche economiche, finanziarie, sociali, della difesa e così via. Rendendoli quindi subalterni, e più deboli, nei riguardi delle Big Tech.
Oltre a ciò, il data power si presenta quasi come un marxiano fattore di produzione: condiziona la formazione del sapere e, come detto, i processi di governance; è da numerosi paesi utilizzato per il controllo sociale; crea importanti fenomeni comunicativi e mediatici che influenzano le pubbliche opinioni, le elezioni e quindi le politiche nazionali; serve all’intelligence e può condizionare le stesse operazioni militari (vedi Ucraina e Medio Oriente).
L’esempio più richiamato dell’influenza che un soggetto privato, anche attraverso le sue società, può esercitare sulla scena globale in misura superiore a quella di tanti Stati, è Elon Musk. Non solo è l’uomo più ricco del mondo, ma condiziona attraverso contributi a partiti e movimenti di opinione e grazie ai suoi suoi canali comunicativi, il processo di formazione delle coscienze, e quindi politico, specialmente negli USA. E come lui si comportano tante altre società del settore, americane e cinesi in primo luogo.
Non abbiamo da proporre conclusioni o ricette: riteniamo solo che vada superata la contrapposizione tra catastrofisti e ottimisti sui due temi che abbiamo sommariamente indicato: le Big Tech, appunto, e l’intelligenza artificiale. Occorre una regolazione non di respiro nazionale o limitata a pochi Stati come quella dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale. Servono una regolazione e una autorità globale. E servono strumenti per assicurare il rispetto delle nuove norme da parte di tutti. Certamente, un vasto programma…
sintesi di Alessandro Bruni
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