di Redazione, pubblicato in Scienza in rete il 15 novembre 2024.
La sovrapopolazione è un problema, ma lo è anche lo sboom demografico che già si profila in molte parti del mondo. In Italia il tasso di riproduzione è di 1,25: secondo gli studi se il Paese non compensa l’afflusso di immigrati è destinato al declino. E per quanto l’agenzia delle Nazioni Unite UNDP continui a sostenere probabile una crescita fino al 2080 e poi una flessione, altri studi - come la ricerca del Global Burden of Disease Study pubblicato da Lancet nel 2020 - prevedono che il trend di aumento globale della popolazione si invertirà intorno a metà degli anni ’60: dai 9,7 miliardi si scenderà a 8,7 miliardi nel 2100. Il tasso di fertilità globale è in calo dal 1950, quando era pari a 4,8 nascite per donna, mentre nel 2021 era di 2,2.
Secondo nuove stime pubblicate quest’anno su Lancet solo sei paesi al mondo avranno un tasso di fertilità superiore al tasso di sostituzione di 2,1: Samoa, Somalia, Tonga, Niger, Chad, e Tagikistan. Molti pensano che il declino della popolazione avrà benefici effetti sull’ambiente: meno emissioni, meno aree destinate ad allevamento, meno spreco di risorse naturali. Però è anche vero che in una società con una maggioranza di anziani e meno produttiva le risorse andranno prevalentemente per pensioni, sanità e assistenza. Un incubo.
La via quindi potrebbe essere quella di raggiungere gli obiettivi SDG (Sustainable Development Goals) di educazione e uso dei metodi contraccettivi per le donne e gli uomini in tutto il mondo, soprattutto nei paesi ancora molto sovrappopolati ed esposti a impatti ambientali, sanitari ed economici insostenibili.
Al contrario nel resto del mondo bisogna creare condizioni perché le coppie non rinuncino ad avere figli, magari per problemi economici. Bisognerà lavorare per società aperte all’integrazione di immigrati. E non dimenticarsi che anche la demografia dev’essere sostenibile.