di Simona Lancioni. Pubblicato in Superando del 4 novembre 2024.
Le riflessioni sul rapporto tra la Chiesa Cattolica e le persone con disabilità sono state sviluppate da una prospettiva teologica. E tuttavia lo stesso tema si presta anche a una riflessione politica e strutturale. E forse potrebbe essere utile tenere conto di questi elementi anche all’interno della riflessione teologica, anche perché spesso è davvero difficile distinguere quanto vi sia di politico e quanto vi sia di teologico nelle posizioni assunte dalle gerarchie ecclesiastiche.
Ho letto con attenzione il commento pubblicato a firma di Giovanni Merlo, direttore della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), all’articolo di Justin Glyn, dal titolo Disabilità e incarnazione, pubblicato sul numero di «La Civiltà Cattolica» dello scorso 16 marzo.
Justin Glyn, per chi non lo conoscesse, è un gesuita non vedente di origine australiana, avvocato e docente di Diritto Canonico presso il Catholic Theological College, General Counsel del distretto australiano della Compagnia di Gesù. Nel giugno 2019 ha pubblicato il saggio “Us” not “Them”. Disability and Catholic Theology and Social Teaching (“Noi”, non “loro”. Disabilità, teologia e dottrina sociale cattolica), nel quale sostiene la visione di una Chiesa non solo per chi è accanto alle persone con disabilità, ma che diventi essa stessa l’incarnazione di quel “Dio ferito” già fragile e mancante. Un testo davvero interessante, soprattutto se si considera che la Chiesa Cattolica, pur avendo collaborato ai lavori preparatori, si è poi rifiutata di ratificare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Una scelta che da sola esprime in modo plastico tutta la distanza tra l’Istituzione e i/le fedeli con disabilità.
Il saggio di Glyn, tradotto e commentato, è confluito in un’opera collettiva a cura dello stesso Giovanni Merlo e di Alberto Fontana, dal titolo A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità (La Vita Felice, 2022. Se ne legga anche la presentazione su queste pagine).
Sia “Us” not “Them”, che il più recente articolo Glyn pubblicato sulla rivista «La Civiltà Cattolica», affrontano il rapporto tra la Chiesa e le persone con disabilità da una prospettiva teologica.Glyn, essendo egli stesso una persona con disabilità, coglie in modo limpido il processo di inferiorizzazione a cui sono esposte le persone con disabilità all’interno della Chiesa. Una dinamica conseguente all’antica e radicata convinzione «secondo la quale la disabilità, e il deterioramento cognitivo in particolare, è un guasto dell’immagine divina» (è scritto in Disabilità e incarnazione). Dovendo decostruire questa convinzione, una parte significativa della sua riflessione si focalizza proprio sull’immagine di Dio, giacché nella Genesi è affermato che l’uomo, sia maschio che femmina, sarebbe stato creato proprio “a Sua immagine”.
La disabilità, osserva Glyn in un altro passaggio dell’articolo, o per lo meno «la menomazione, in quanto limite che attraversa tutta l’esperienza umana dell’infanzia, dell’invecchiamento e della morte, condiziona tutti gli aspetti della realtà umana e informa la nostra interazione con Dio e con il prossimo: un’interazione che riguarda la relazione piuttosto che gli attributi fisici o mentali. Questo, a sua volta, significa che deve essere parte integrante di ciò che è stato assunto da Cristo – e divinizzato – nell’assumere la carne umana».
Ulteriori riflessioni portano Glyn a ritenere che l’«identica umanità di tutti» richieda «l’inclusione di tutti».
sintesi di Alessandro Bruni
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