VolerelalunaL’Italia è tormentata dal mal tempo o da inadeguata agenda politica? O da entrambe?

Intanto sgombriamo il campo dal mal tempo perché quel che stiamo vedendo oggi e che sta allagando città e territori non è mal tempo ma il tempo che ci siamo cuciti addosso con il nostro impegno a fare due cose precise: guastare il clima in mille modi e rendere il territorio sempre più fragile in caso di piogge, alluvioni, frane, colate fangose, siccità, etc. Ricordiamo che attraverso una superficie impermeabilizzata l’acqua non passa. Un’evidenza che, ahinoi, ancora sfugge a chi governa il territorio. E allora ricordiamoglielo: asfaltare qualsiasi suolo libero equivale ad aumentare di sei volte l’acqua che rimane in superficie e moltiplica i costi per gestirla e soprattutto i danni in caso di alluvione.

La prova che tutto ciò non è chiaro ci arriva dai dati sul consumo di suolo. In soli sedici anni, in Italia, sono stati sigillati/cementificati/asfaltati ulteriori 121.650 ettari. Un numero pazzesco: è come aver aggiunto circa 11,5 città della grandezza di Milano a un’Italia già piegata dalla super cementificazione. Più urbanizzazione abbiamo e più isole di calore generiamo, più traffico, più energia consumata, più gas climalteranti lanciati in atmosfera, più acqua in superficie e più clima che cambia per sempre.

Queste 11,5 nuove Milano sparse per la penisola (il 44% nelle sole otto regioni del nord) sono il frutto di una pianificazione urbanistica sregolata e incurante degli equilibri ecologici, che non funziona più o addirittura non esiste più. Ammalorata da leggi urbanistiche incapaci di contenere e fermare il consumo di suolo.

Ancora convinta che davanti a problemi complessi e sovra-territoriali debbano essere i singoli comuni, frammentati e incomunicanti tra loro, a decidere in piena autonomia se urbanizzare o non urbanizzare. Un’urbanistica che a parole e da anni annuncia la sostenibilità, ma nella concretezza della quotidianità produce l’esatto contrario, ignorando le asimmetrie tra pressioni private a urbanizzare e strumenti pubblici spuntati per fronteggiarle; ignorando la golosità della rendita per i privati e degli oneri di urbanizzazione per il pubblico, ma soprattutto ignorando cosa è l’ecologia dei suoli e come soccombe sotto i colpi delle trasformazioni del territorio.

La prova della trascuratezza della difesa del suolo ci arriva osservando i dati sulla finanza locale dei comuni italiani (ISTAT, https://www.istat.it/it/archivio/289008): nel 2021 hanno speso circa 68,6 milioni di euro (somma dei pagamenti in conto competenza e in conto residui ovvero i più noti pagamenti di cassa, quelli effettivamente spesi). 68,6 milioni di euro sono tanti o sono pochi? Sono una risposta adeguata per difendere il territorio dai rischi del dissesto idrogeologico e dalle mutate condizioni meteo? Difficile dare una risposta nel merito, ma possiamo aiutarci con alcune proporzioni. Mediamente, per ogni euro speso per la difesa del suolo in Italia se ne sono spesi 4,6 per rimediare ai dissesti (2,95 per la protezione civile; 1,65 per interventi a seguito di calamità naturali). 

In conclusione, la lettura di questi dati ci mostra un’altra chiave interpretativa per capire meglio le responsabilità dietro le alluvioni di Emilia Romagna, Marche, Liguria, Toscana, Lombardia, Veneto, Campania e Sicilia e quelle che verranno, se verranno. Siamo stretti in una morsa terribile: insostenibile e galoppante consumo di suolo da un lato e persistente inadeguatezza della spesa pubblica locale per la difesa del suolo, dall’altro. In buona sostanza potremmo dire che il governo del territorio è completamente saltato e davanti al clima cambiato è come un re nudo che tiene in mano un’agenda vecchia, convinto di essere ancora nel ‘900. Con tutte queste sproporzioni e questa ostinata cementificazione non si va da nessuna parte. E non si dica che il PNRR sta cambiando musica perché sappiamo che non è così. Non siamo vittime del maltempo, ma ancora una volta di malgoverno del territorio.

sintesi di Alessandro Bruni

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