di Gisella Modica. Pubblicato in Pressenza del 2 dicembre 2024. Premessa e sintesi di Alessandro Bruni.
Premessa di Alessandro Bruni. Questo articolo ci trasporta in un mondo del sensibile ancora poco esplorato dalla cultura occidentale e che fonda le sue percezioni nella ancora non bene esplorata cultura interiore sudamericana. Una cultura che ha portato l’uomo occidentale a conoscere le piante che agiscono sulla mente provocando espansioni sensibili, ma anche orribile dipendenza e autodistruzione. Un mondo culturale, magico-trascendente e terapeutico che in passato è stato fecondo di indagini anche in occidente e che dopo un grave e lungo periodo di negatività a causa del passaggio di queste droghe della mente a droghe voluttuarie di pericoloso uso, sta vivendo una nuova vitalità di ricerca mediante la moderna scienza neurofarmacologica. Proponendo questo argomento non voglio certo fare l’apologia di un nuovo consumo sociale, ma cercare di accomunare con delicato tocco sensibile le esplorazioni mentali sudamericane basate sul legame tra persona e natura associandole a alcune percorrenze culturali di occidente ed oriente legate all’esplorazione sia della mente normotipica sia di quella eterotipica di alcuni spettri patologici che non sono più affrontati in termini binari, ma in termini di spettri che scivolano dalla concezione del sano a quella del patologico. Pensiamo ad esempio all’autismo in tutte le sua variabili, alla demenza la cui diagnosi viene via via sempre più definita con una elevata varietà di manifestazioni, alle molte variabili genetiche umane che si fatica a collocare tra il sano e il malato. Dobbiamo ricordare anche ambiti che fino ad un recente passato erano categoricamente definiti come patologici e che oggi sono considerati una diversità di spettro neurologico o fisiologico o metabolico (basta pensare ai lasciti dell’infezione con il covid). Posta questa premessa della mia chiave di lettura, propongo a seguire una sintesi rielaborata dell’articolo originale di Gisella Modica.
“Definisco ‘attivismo spirituale’ la postura militante che esplora le implicazioni sociali della spiritualità”. Lo scrive Gloria Anzaldua (1942/2004), scrittrice e filosofa chicana, attivista femminista autrice di una modalità di pensiero, a partire da sé, fluida, relazionale, decoloniale, connessionista, che trae nutrimento dalla compassione (facultad), un acuirsi della percezione in contesti colonizzati di forte oppressione, come è stato per Anzaldua vissuta in una terra di frontiera tra Messico e Texas.
Una pratica che coniuga la lotta politica con la ricerca di forme artistiche. “Una diversa tipologia e modalità di conoscenza/consapevolezza (conocimiento) che ricerca indaga e osserva”, con tutti i sensi, per “giungere alla consapevolezza delle interconnessioni tra tutte le cose e acquisire una prospettiva totale”. Conocimiento è uno slittamento di prospettiva che ci mette in grado di “vedere” altre dimensioni della realtà, guardando all’ego dalla sponda opposta, come fosse l’Altro/a.
Sospendere l’io conscio, perché “vincolante”, è necessario per reinventare la realtà. Ci si addentra nel territorio del conocimiento quando qualcosa di traumatico ci scuote, ridestandoci con violenza, e la prospettiva abituale di lettura del mondo muta. “Benché doloroso questo smottamento rappresenta il primo passo verso la guarigione”, scrive Anzaldua.
Attivismo spirituale pertanto è impegnarsi nel lavoro di guarigione del corpo dettato dalla necessità di ricomporre in modo nuovo pezzi di sé dispersi, smembrati dopo un trauma. Guarire è necessario (un “imperativo coyolxauhqui”) per scongiurare il dramma della disgregazione, che contagia la comunità essendo il corpo collettivo mai separato dal corpo individuale.
Senza guarigione non ci si può connettere agli altri e creare comunità. La ricomposizione ha dunque una finalità sociale, un atto di trasformazione in un continuo farsi e disfarsi, il cui collante è l’immaginazione, attraverso l’arte, la scrittura, la danza, la musica, pratiche trasformative che “creano immagini”. Da qui l’ invito di Anzaldua a cercare ciascuno/a la propria “visione guaritrice” (ndr. mistica).
La trasformazione, in quanto processo di transizione, ti scaraventa in una terra di mezzo, in uno spazio liminale (nepantla) che ti fa percepire la realtà da molteplici angolature apparentemente contrapposte, come se si guardasse al contempo dall’interno e dall’esterno, con un “terzo occhio”, creando uno sdoppiamento nella consapevolezza. Muovendosi nel nepantla si crea una tensione che genera strappi, apre crepe (rajaduras).
Guardare attraverso le fenditure delle nostre certezze combatte il binarismo, si sperimentano sincronie. “Dalle fenditure entra la luce che svela le falle nella nostra cultura”, scrive Anzaldua. “Sebbene sia difficile pensare e agire in modo positivo en estos tiempos de Coyolxauhqui, è proprio quest’epoca di dislocazione /separazione che reca con sè la promessa dell’interezza. Dobbiamo rendere testimonianza di ciò che i nostri corpi ricordano, di ciò che el corazon con razòn esperisce e condividere tutto questo con altre […] Queste narrazioni guaritrici non fungono solo da ‘cure’ di auto-sostentamento, ma trasformano sul serio la realtà”.
La spiritualità come azione etica di trasformazione del sociale, che, coniugata con l’immaginazione e i vissuti interiori è “in grado di dare vita a saperi sovversivi” (Anzaldua), è intesa anche da Antonietta Potente, domenicana, docente di teologia morale presso l’Angelicum di Roma e a Firenze, che ha coniato il termine “mistica-politica”. “Ciò che lega questi due elementi è l’esperienza, il corpo e la sua sensibilità, la vita quotidiana tra desideri, bisogni reali, iniziative, processi di riconoscimento delle identità e cura profonda verso ciò che si è sognato ma non è ancora stato realizzato” afferma Potente, per la quale “il corpo non è semplice esposizione ma profondo mistero e creatività dei sensi”.
L’esperienza mistica sospinge il sé altrove, ad innamorarsi dell’altro. Uno stato psichico di sospensione, di “ex-stasis”, dislocare il proprio centro di gravità esistenziale “per essere disposti al volo, pronti a qualunque partenza[…] Non è forse questa l’esperienza mistica? Non è forse questa la pratica più alta della politica?”, si domanda Potente, consapevole di quale “inquietudine” questa sospensione comporta “per un essere umano che comunque, per diversi fattori, è tentato sempre a cadere e restare nel labirinto del sé massiccio, dove tutto ruota attorno all’ asse trasversale del proprio centro, rendendo il resto della realtà estraneo, fastidioso e impicciante, tutte le volte che non è a propria disposizione”.
sintesi di Alessandro Bruni
per leggere l’articolo completo di Gisella Modica aprire questo link