di Francesca Gastaldi. Pubblicato in Vanity Fair il 30 novembre 2024.
Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa a più rapida crescita e colpisce attualmente oltre 300.000 pazienti in Italia. Caratterizzata da una molteplicità di sintomi che ne rendono difficile la diagnosi e la gestione quotidiana, la malattia ha un impatto sulla qualità di vita in costante aumento. Si stima che l’indicatore della gravità globale di malattia sia cresciuto infatti dell’81% negli ultimi 20 anni e sia destinato ad aumentare ulteriormente.
Al di là dei numeri, però, ci sono le storie vere e diverse di chi sa cosa significhi fare i conti con la malattia. Come Carla Ardau, classe 1973, una delle protagoniste della campagna lanciata dalla Confederazione Parkinson Italia. Intitolata “Parkinson: oltre il tremore, una malattia che è cento malattie” e realizzata con il supporto non condizionante di Zambon, la campagna ha lo scopo di sfatare i luoghi comuni che ancora circondano la malattia. Primo tra tutti, quello secondo cui il tremore sarebbe il sintomo tipico d’esordio.
«All'inizio mi sono semplicemente accorta di piccole stranezze», racconta invece Carla. «Per esempio, mi si irrigidiva un braccio, assumendo una posizione curiosa, come quella del cameriere che tiene il tovagliolo sull’avambraccio. Oppure mi capitava di scrivere e di vedere che, parola dopo parola, la scrittura si rimpiccioliva fino quasi a diventare illeggibile».
Carla ancora non sa che si tratta di quella che viene indicata come «micrografia», un’alterazione della scrittura che rientra tra i sintomi, poco conosciuti, della malattia. «Avendo cominciato da poco tempo ad arrampicarmi, non avevo dato peso nemmeno a quel continuo dolore alla spalla. Solo quando sono arrivata al punto di non riuscire più a muovere bene nemmeno il polso e a fare fatica anche a compiere un’azione semplice come lavarmi i denti, mi sono decisa a rivolgermi un medico».
Era il 2016 quando Carla che all'epoca aveva solo 43 anni, consulta una neurologa.
«A quel punto ero consapevole di avere un problema ma non ero preoccupata», racconta ancora. «Ricordo che la dottoressa mi chiese come prima cosa di camminare. Poi di fare altri esercizi come battere il piede a terra ritmicamente: mi stupii molto di non riuscire a farlo perché era una cosa che non avevo mai notato. Alla fine mi chiese ‘lei cosa pensa di avere?’».
Carla crede che quella domanda sia un modo per dirle che in realtà non c’è nulla di cui preoccuparsi, che è solo stress… fino a che non sente pronunciare la parola Parkinson.