di Gabriele Nissim. Pubblicato in Gariwo del 17 dicembre 2024.
Seneca, nelle lettere a Lucilio, fa alcune osservazioni che ci possono servire nel tempo disordinato di oggi, dove è difficile trovare a livello politico dei leader morali a cui affidarci. Vediamo, infatti, solo mediocri e pericolosi governanti, dalla Russia alla Cina, all’Iran, alla Korea, e persino negli Stati Uniti, che disprezzano la democrazia e qualsiasi idea di collaborazione sovranazionale. Oppure, vediamo guerrafondai che usano la violenza e la spada e non rispettano le regole del diritto internazionale che dovevano garantire la pace dopo le macerie della Seconda guerra mondiale.
Siamo, dunque, quasi “costretti”, come scriveva Shakespeare nell’Amleto, a riparare il nostro tempo e a difendere, nei nostri comportamenti, i valori più alti della civiltà umana. Quelli che altri che sono sopra di noi hanno deciso di ribaltare.
E lo possiamo fare con maggior forza e convinzione se non siamo soli e prendiamo come guida morale dei maestri di ogni tempo che ci permettano di immaginare l’altra possibilità di fronte alle aporie del mondo attuale.
Seneca scriveva che “abbiamo il vezzo di dire che i genitori non ce li siamo scelti noi, che è stato il caso a farci nascere da loro invece che da altri, ma chi segue la virtù, può eleggere a suoi genitori chiunque voglia.” Lo scrittore latino voleva, così, contro ogni determinismo e vittimismo, sottolineare che non ci sono scuse per non assumerci una responsabilità, scaricando sugli altri la nostra assuefazione alla mediocrità.
Dunque, siamo noi che possiamo scegliere in piena libertà e autonomia i nostri maestri morali e non sentirsi condizionati, né dai genitori, né tanto meno da capi e da governanti, il cui potere non è dipeso dalla nostra volontà e che ci sono capitati per caso nella nostra vita.
Per questo, il filosofo romano suggeriva ai suoi contemporanei che potevano avere come compagni di vita e conversazione “Zenone, Pitagora, Democrito e tutti gli altri maestri di virtù, oppure Aristotele e Teofrasto. Nessuno di questi potrà mai rispondere ad alcuno che non ha tempo di riceverlo, e chi si recherà da loro ne uscirà più felice e meglio disposto verso sé stesso e gli altri, non se ne andrà via a mani vuote: tutti, insomma, giorno e notte, possono incontrarli e conversare con loro”. Per Seneca questi uomini virtuosi non sono solo degli esempi che ci tengono compagnia, ma quasi diventano come esseri viventi e con i loro occhi ci scrutano, ci giudicano, ci impediscono di compiere errori quando stiamo per commetterli e ci stimolano a correggerci, a cambiare e a migliorare. Non sono solo maestri, ma custodi della nostra vita, perché hanno la forza di ammonirci se intavoliamo con loro un dialogo interiore e così diventano parte di noi.
“Scegliti, insomma, un uomo di cui approvi la vita, il parlare e il volto stesso, che è lo specchio dell’anima; tienilo sempre presente come custode e maestro. Dobbiamo regolare su qualcuno la nostra condotta, poiché i difetti da soli non si correggono: ci vuole una norma di riferimento.”
Il passaggio di un maestro che prendiamo come punto di riferimento a custode, siamo che lo realizziamo con la nostra scelta di vita, è ciò che fa la differenza per Seneca, perché un pensiero che si incarna nella nostra vita. I maestri, così, diventano degli amici veri a cui ci affidiamo per una vita migliore.
La forza universale del messaggio di Seneca l’ho potuta verificare quaranta anni fa in una delle esperienze formative della mia vita. Quando a metà degli anni ‘80 mi recai a Praga per girare dei documentari sulla resistenza morale di Charta 77, il gruppo dei dissidenti cecoslovacchi che si erano organizzati attorno alle figure di Vaclav Havel e di Jan Patočka. Allora, il sentimento diffuso nella popolazione era che non c’era alcuna possibilità di uscire dal sistema comunista. Per molti non era immaginabile un futuro perché, dopo il ‘56 ungherese e l’invasione dei carri armati russi a Praga nel 1968, qualsiasi tentativo di cambiamento era inesorabilmente condannato al fallimento.
Era una situazione di stallo dove nessuno riteneva che potesse apparire sulla scena pubblica un governante che potesse cambiare la situazione. E nemmeno si aspettava, allora, qualche segnale da Gorbaciov, che, quando mi trovavo a Praga il 26 aprile 1986, aveva nascosto al mondo il disastro nucleare di Cernobyl. Certamente, quel tempo di Praga non era paragonabile al nostro, ma forse ha dei punti in comune con l’oggi, perché non si intravvedono i segni di un possibile cambiamento. Inoltre, è difficile per ora credere che possa apparire sulla scena una nuova élite morale, quando nell’attuale contesto internazionale l’egoismo nazionale è stato quasi legittimato come una virtù.
Eppure, nel mio viaggio in Cecoslovacchia (ora Cekia e Slovacchia dopo la divisione consensuale) fui testimone di come il richiamo di Charta 77 al valore delle virtù e ad esempi morali di riferimento, come Socrate, il padre fondatore dello Stato Tomáš Masaryk, i filosofi Edmund Husserl e Hannah Arendt, il cantante pacifista John Lennon, per citarne solo alcuni, fosse il presupposto di una resistenza non violenta in contrasto con la situazione esistente. Il ricercare con i propri comportamenti un’altra possibilità umana dentro al negativo della storia non solo permetteva di vivere meglio comunque, ma allora sembrava l’unica alternativa alla mancanza di una speranza possibile.
Conobbi da vicino queste pratiche virtuose, accompagnato qualche volta dallo stesso Havel, che amava provocarmi e fare dell’ironia su un sistema che sembrava non cambiare mai. Assistetti a riunioni di Charta 77 dove esponenti, con opinioni diverse, avevano il gusto di discutere fino allo sfinimento in nome del piacere della democrazia e non dell’affermazione dei rispettivi punti di vista.
Partecipai a discussioni filosofiche, ai corsi delle università volanti che si tenevano negli appartamenti dove si studiavano e si prendevano come punti di riferimento scrittori e filosofi proibiti dal regime. Avvertii la gioia e la spontaneità dei giovani che suonavano le chitarre sul Ponte Carlo sulla Moldava e sull’isola Kampa, dove avevano dedicato un muro a John Lennon che consideravano il simbolo della pace e della tolleranza per le nuove generazioni.
Ciò che accomunava tutte queste esperienze era la fiducia nel valore della sincerità e dell’autenticità contrapposta alla menzogna quotidiana del sistema totalitario e il gusto della democrazia e della conversazione come antitesi al pensiero unico che negava la pluralità. Ognuno aveva i suoi maestri, esattamente come auspicava Seneca, e li usava come se fossero una bussola per la loro vita in un ambiente dove, invece, i cattivi maestri corrotti e falsi avevano il potere.
C’era, allora, uno slogan di vita che univa i giovani praghesi e gli esponenti della Charta: vivere la verità nel quotidiano. Ebbene, questo slogan che non aveva nessuna pretesa di cambiare né il paese, nel mondo circostante, fu la molla che nel 1989 portò al potere quella nuova élite politica e morale che nessuno allora si sognava un giorno di incontrare. Nulla è scontato e mai garantito, perché nessuna provvidenza esiste nella storia umana, ma la fiducia dell’uomo nell’umano e l’esercizio della virtù permette di vivere meglio anche nei tempi bui. Come, del resto, ci raccontano le storie di resistenza delle donne iraniane, quelle dei pacifisti israeliani che ogni settimana manifestano a Tel Aviv contro Netanyahu, o dei giornalisti dissidenti russi che non si prestano alle menzogne di Putin.
Ma quando si cerca di vivere l’altra possibilità dell’uomo nella propria esistenza personale e collettiva, e dunque una vita etica, si possono creare le condizioni di un cambiamento inaspettato, come hanno sperimentato i giovani praghesi.
È anche per questo che proponiamo, senza alcuna pretesa salvifica, la costruzione dei giardini dei giusti. In un tempo di crisi, senza riferimenti morali e politici forti, possono diventare il tramite di una nuova etica pubblica e così mostrare con il racconto delle storie plurali dei Giusti che l’altra possibilità può essere possibile e che vale sempre la pena di ricercarla.