di Savino Pezzotta. Pubblicato nel blog La barca e il mare del 3 dicembre 2024.
Alcuni giorni fa ho incontrato un caro amico con il quale ho condiviso molte esperienze di militanza sociale, che mi ha detto che non condivideva il fatto che era consentita la benedizione delle “coppie di fatto” Conoscendolo sono rimasto sorpreso da questa sua posizione e mi è tornata alla mente una frase che Papa Francesco aveva pronunciato nel luglio 2013 in risposta a un giornalista che lo interrogava sull’omosessualità di un membro della curia romana: “Chi sono io per giudicare? “.
Queste parole sono a mio parere una delle chiavi per comprendere come l’approccio sia direttamente ispirato al Vangelo. Non solo mettendo in pratica le parole di Gesù che invitano a non giudicare: “Non giudicare!
Ma mi ha posto in modo estremamente chiaro come noi cristiani dobbiamo provocare una profonda cesura con il ruolo tradizionale di moralizzatori che troppo volte abbiamo assunto, per affermare, sempre e in ogni circostanza, la dignità di ogni persona umana e andando oltre gli steccati del permesso e non permesso.
Accompagnarsi
Non perché non ci debbano essere regole, ma queste non possono impedirci di vedere che esse devono essere precedute dall’accoglienza dell’umano, non come noi lo vorremmo ma per come esso si presenta per produrre un avvicinamento e una comprensione reciproca invece di giudicare. In tutte le situazioni in cui si intravede una marginalizzazione si deve essere in grado di “accompagnarsi” invece di prendere le distanze e mettersi a giudicare e condannare.
Questa è la tensione emotiva che a mio modesto parere scaturisce da una delle più belle pagine del Vangelo che troppe volte abbiamo banalizzato, la parabola del figliol prodigo. Troppe volte si è dovuto riscontrare che tendiamo a riscontrarci nel figlio maggiore e nel suo non volere capire il modo di fare del padre.
Perché la morale non può essere confinata nel fare e nel non fare ma obbligarci a essere artefici di percorsi sociali, politici e culturali che valorizzino la persona che incontro e che mi ponga sempre l’obiettivo di “festeggiare e gioire” con essa.
Le osservazioni di questo mio amico mi hanno spinto a rileggere la “Fiducia Supplicans”. C’è da sperare che questa celebrazione produca in ognuno di noi e in coloro che sono più direttamente toccati da queste benedizioni si aprano nuove possibilità che vadano oltre le prescrizioni tradizionali e aprano alla vita e alla relazione.
L’altro da rispettare
Penso che si debba fare uno sforzo, anche se costa fatica, per comprendere che ognuno di noi è costituito da molteplici e variegati elementi che ci rendono ricchi e unici. Ancor di più, ciascuno di noi è il risultato di un incrocio, che ci fa appartenere ad ambiti diversi che sconfinano e si sovrappongono in modo tale che il confine tra “noi” e “gli altri” diventa estremamente mobile e poroso.
E poi noi è anche l’altro di qualcuno che può guardarci con uno sguardo tanto perplesso, perfino ostile, quanto curioso e benevolo. Questo “altro” è condannato a rimanere un estraneo o far parte della relazione che costituisce il mio io? Ciò richiede di vedere in lui una persona verso la quale mi impegno a rispettare, a considerare l’altro come un altro me stesso per potere riparare insieme il tessuto lacerato del mondo e della società.
Tutti da accogliere
Cerchiamo di essere tra i “tessitori” che si sforzano di riparare anche un piccolo pezzo di questo tessuto strappato grazie ai nostri scambi, alle nostre riflessioni, ai nostri momenti di convivialità.
A me sembra che questo testo papale, così ricco di sfumature, proponga innanzitutto una forma di ricongiungimento con ciò che significa il “non giudicate”, da intendersi come nessuno può essere messo da parte, ma accolto e accompagnato e non respinto ai margini. Si tratta proprio di un esercizio al ben dire.
In questo tempi tumultuosi segnati in profondità dalla guerra e dal cambiamento climatico che rischiano di produrre una estinzione della specie umana, diventa un imperativo categorico non i precetti della vecchia morale ma l’essere servi della tenerezza e della misericordia, lenti all’ira e pieni di amore. In questo senso interpreto la dimensione politica della nonviolenza. Mi spiace solo che poche parole siano state spese durante le omelie della messa domenicale sulla “Fiducia Supplicans” e anche sulla “Fratelli Tutti “. Eppure, si sente il bisogno di queste parole se si vuole contribuire con tutte le persone di buona volontà a far germinare un mondo più umano e solidale.
Savino Pezzotta è stato segretario generale della CISL. Il papa Benedetto XVI lo ha nominato componente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Ha ricoperto diversi altri compiti di grande rilevanza nazionale.