di Redazione di Vita del 5 dicembre 2024.
Ma quale disimpegno, il volontariato è teen
La fascia 14-18 anni è l'unica che vede aumentare la percentuale di impegno nel volontariato: tra il 2021 e il 2023 è raddoppiata. Un vivaio d’impegno sociale, con ricadute positive sul benessere mentale degli adolescenti: chi fa volontariato soffre meno di depressione e di ansia. Un'inchiesta nella Giornata mondiale del volontariato. Non è vietato ai minori di 18 anni, tutt’altro: il volontariato è consigliato ai giovani e ancor di più ai giovanissimi. Li aiuta di tirar fuori il loro lato migliore, riduce i rischi di malessere psicofisico e soprattutto smentisce la narrazione più diffusa: quella che ritrae i ragazzi come problematici o annoiati, iperattivi o depressi, disimpegnati e dipendenti. Nel migliore dei casi confusi e persi, nel peggiore dei casi protagonisti o vittime di gesti violenti o disperati: degrado non per nulla è parola ricorrente quando si parla di loro...
Da utente a volontario: il circolo virtuoso è made in Sud
Entrano da bambini come utenti, soprattutto per un aiuto nei compiti. Crescendo spesso iniziano ad aiutare loro i più piccoli. Un passo dopo l'altro, così, cresce l'impegno. E in territori particolarmente a rischio il volontariato diventa la via per scoprire una vocazione diversa dalla strada. C’è un circolo virtuoso che nasce, cresce e si riproduce. Che dà sempre buoni frutti, in termini di coesione sociale ma anche di benessere individuale, sia sul piano fisico sia su quello mentale. È il circolo virtuoso del volontariato, che si sviluppa spesso in territori periferici e poveri di risorse materiali ed educative. Epicentro di questo movimento sono i giovani, a volte giovanissimi utenti di associazioni che, con i loro operatori e volontari, offrono attività, spesso molto semplici, che tengano gli adolescenti lontani dalla strada e dai “cattivi giri”. A un certo punto però può accedere – e spesso accade – che alcuni di questi ragazzi e ragazze il sostegno ricevuto chiedano di restituirlo. E così da “utenti” diventano loro stessi “volontari”: perché sentono che è giusto, ma soprattutto perché sentono che è bello, che riempie di valore e di senso la loro vita. In altre parole, perché scoprono che è ciò che desiderano fare...
Volontari in erba, ricchezza e sfida per le nostre associazioni
Che cosa serve per far crescere il volontariato degli adolescenti? Un quadro normativo più certo, uno spazio esplicito per il volontariato nei Pcto richiesti a scuola, la capacità di valorizzare dentro le organizzazioni la loro voglia di fare. La fascia 14-18 anni è l’unica che vede aumentare la percentuale di impegno nel volontariato: tra il 2021 e il 2023 è raddoppiata. Un vivaio d’impegno sociale, con ricadute positive sul benessere mentale degli adolescenti: secondo un recente studio internazionale pubblicato su Jama Network, chi fa volontariato soffre meno di depressione e di ansia. Di volontariato come opportunità per i più giovani parliamo con Chiara Tommasini, presidente nazionale di CsvNet, l’associazione che rappresenta a livello nazionale ed europeo i Centri di servizio per il volontariato...
Il volontariato? Si impara a scuola
A volte è una proposta che arriva dalla scuola, altre è un'alternativa alla sospensione: per chi si avvicina al volontariato spinto dalla scuola comunque si spalanca un mondo. Per i presidi «è un'esperienza in cui gli ultimi della classe svelano competenze inattese». Per le associazioni «è una fatica, ma i ragazzi oggi hanno tanto bisogno di luoghi in cui "sentirsi eroi"». Il volontariato a scuola è un’esperienza diffusa e in crescita, grazie soprattutto all’impegno del CsvNet e alla sua rete di associazioni, che da anni ormai sono entrate nelle classi. Gli ultimi dati di CsvNet parlano di 61mila studenti coinvolti in tutta Italia, 2.620 enti del Terzo settore partner, 1.465 volontari impegnati in oltre 900 istituti scolastici aderenti. I progetti sono i più disparati: si va dalle attività di formazione, sensibilizzazione e testimonianza su tematiche sociali fino alle esperienze sul campo, al fianco delle associazioni, per toccare con mano bisogni e risposte e acquisire competenze trasversali...
Volontario da cinquant'anni, spinto ancora dalla voglia di cambiare il mondo
A quindici anni aiutava nei compiti i ragazzini della scuola di quartiere. Ha gestito una capanna alpina e raccolto fondi per le missioni. Poi ha incontrato l'Associazione italiana sclerosi multipla, appena nata, e lì Mario Alberto Battaglia si è fermato. Professore ordinario di igiene all'università di Siena, oggi è presidente anche della Federazione internazionale sclerosi multipla. La soddisfazione più grande? Aver realizzato qualcosa che resta, per gli altri e per la comunità. Nella piccola sezione genovese della neonata Associazione italiana sclerosi multipla Battaglia è entrato cinquant’anni fa come giovane volontario per diventarne presidente nazionale nel 1986 e poi anche presidente della European Multiple Sclerosis Platform, la piattaforma europea sclerosi multipla che guida il movimento internazionale insieme alla Msif. È la persona giusta cui chiedere, in occasione della Giornata internazionale del volontariato del 5 dicembre, cosa muove e quali sfide incontra chi decide di dedicare a causa tanto tempo ed energie, spesso assumendosi grandi responsabilità...
E se la meritocrazia fosse una grande illusione?
Il legame tra successo educativo e occupazionale nel nostro Paese è ancora pesantemente legato al livello di istruzione di genitori e famiglie. Il problema non è il merito in sé, ma il modo in cui lo abbiamo definito e utilizzato. Va ripensato il successo: non più come accumulo di status o ricchezza, ma come capacità di costruire relazioni significative e promuovere il bene comune. Il 17 luglio 2024 Istat ha pubblicato lo studio “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali”, confermando una realtà tanto evidente quanto difficile da accettare: il successo educativo e occupazionale in Italia è ancora pesantemente determinato dal livello di istruzione dei genitori. Se almeno un genitore ha una laurea, il 70% dei figli ottiene un titolo terziario; al contrario, in famiglie dove il livello di istruzione è basso, solo il 7% riesce a laurearsi, e quasi un quarto dei giovani abbandona gli studi prima del diploma. In numeri, queste percentuali non sono semplici dati: sono lo specchio di una società che perpetua disuguaglianze di partenza, camuffandole sotto il falso mito del merito...