di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
La recente assoluzione di Salvini dall’accusa di sequestro di persona, al processo presso la procura di Palermo, ha indotto la premier Meloni a rilanciare il respingimento degli immigrati irregolari tramite il loro invio nei centri in Albania, finora vuoti. Si tratta di una scelta che viene considerata automaticamente giusta per il solo fatto che, sulla base di una pronuncia della magistratura, risulta non in contraddizione con la legislazione vigente. Ma tale rapporto di per sé, non consente alcun giudizio di merito sulla qualità politica di tale scelta, che va giudicata in relazione alla effettiva capacità di risolvere i problemi sul tappeto.
Nel caso specifico la validità politica della scelta di chiudere i confini del Paese agli immigrati che hanno scelto di sbarcare più o meno clandestinamente sulle nostre coste, è frutto di una valutazione forzata, di parte e non provata. Intanto la valutazione che con questa scelta si vuole combattere i trafficanti di esseri umani e la mafia, risulta del tutto azzardata tanto che, pur non escludendo qualche caso del genere, non c’è dubbio che la stragrande maggioranza di coloro che fuggono attraverso il mare affrontando il pericolo di non arrivare vivi, sono persone costrette ad abbandonare situazioni di guerra, violenze, privazione della libertà, povertà senza prospettive, e come tali hanno diritto di soccorso.
Trascurare queste situazioni, largamente maggioritarie, significa ledere un diritto umano fondamentale e ciò mette seriamente in forse il carattere umano e democratico della politica del governo. Oltre a ciò, la politica dell’immigrazione, per essere giusta, va raccordata direttamente al drammatico problema della carenza di nascite che da anni affligge il nostro Paese e che, nonostante denunce e incentivi alle nascite, non si riesce a scalfire questo deserto demografico italiano. Di conseguenza, continua a rimanere una tragica realtà il calo della popolazione italiana tramite un processo inarrestabile, per cui, secondo le più recenti previsioni, essendo attualmente la popolazione italiana pari a 59 milioni di abitanti, nonostante gli incentivi alle nascite e il sostegno alle famiglie, per il 2050 si prevede una riduzione a 55 milioni, frutto della diminuzione dei nati e dei genitori in età feconda anche per effetto dell’invecchiamento.
Una tendenza difficilmente modificabile, al punto che il calo della popolazione risulta sempre più una conseguenza strutturale dello sviluppo economico e sociale, concretamente risolvibile, come dimostra l’esperienza, soprattutto con una sostanziale politica dell’immigrazione da realizzarsi a due livelli, nazionale e globale. A livello del nostro Paese la prima urgente scelta da attuare è di carattere culturale, e consiste nel sottrarre il problema dell’immigrazione dalla trappola propagandistica in cui strumentalmente è stato inserito, per cui gli immigrati costituiscono gli attori di una invasione illegale e violenta da combattere respingendoli nei paesi di origine. Questa è la linea Meloni, apparentemente facile e di comune senso egoistico, ma contraria ai diritti umani e soprattutto miope sul futuro dell’Italia perché, più o meno consapevolmente, prepara un nostro futuro di ulteriore declino demografico e di ridimensionamento economico e sociale.
In realtà gli immigrati possono costituire il soggetto che consente all’Italia di poter vivere ad un livello di crescita e di stabilità democratica e civile più adeguata. Perciò la politica dell’immigrazione, dall’attuale carattere repressivo, deve diventare una politica di sviluppo a tutti gli effetti, fondata sul rispetto dei diritti umani e sull’accoglienza dei lavoratori stranieri nel numero necessario alla stabilità quantitativa e alle esigenze di lavoro della nostra società. Immigrati che vanno accolti come persone umane, istruiti e preparati a svolgere un lavoro necessario e un ruolo di cittadinanza consapevole. Sappiamo che si tratta di un’opera difficile, irta di difficoltà e di possibili contraddizioni, ma indispensabile per un nostro futuro migliore. Su questo punto, troppo distante e troppo negativa appare la linea dell’attuale governo per cui una mediazione non appare possibile.
L’altra dimensione a cui è necessario affrontare il processo di immigrazione forzata presente nel mondo, appare quello della promozione di uno sviluppo globale più equilibrato, rivolto in particolare ai Paesi economicamente più arretrati, dove maggiori risultano le partenze dei profughi. Non a caso il problema riguarda soprattutto l’Africa, vicina ormai ai 2 miliardi di abitanti, che rimane il continente meno sviluppato, con il più alto tasso di natalità e di maggiori partenze.
Negli ultimi anni l’Africa è stata prevalentemente oggetto di politiche neocolonialiste, che hanno aggravato i problemi, mentre uno sviluppo più autonomo, così com’è avvenuto in buona parte dell’Asia dove anche i Paesi più popolosi come l’India e la Cina riducono la popolazione, e nel complesso si è diminuita l’immigrazione forzata.
Per tutto questo la difesa dei confini così come proposta e attuata dall’Italia, porta inevitabilmente fuori strada, e rinvia sine die una politica che attraverso l’accoglienza responsabile dei migranti, da inserire in una prospettiva di lavoro e di cittadinanza, accompagnata da politiche della natalità e della famiglia, consenta un nuovo equilibrio tra popolazione, cittadinanza e qualità dello sviluppo.