di Alessandra Minello e Tommaso Nannicini. Pubblicato in La voce.info del 3 dicembre 2024.
La causa principale delle disparità di genere nel mercato del lavoro è avere figli. Il primo passo per superare i condizionamenti culturali è una riforma ispirata alla genitorialità condivisa. Che però ha bisogno di una diversa organizzazione del lavoro.
Va riconosciuto al governo di aver lavorato in modo coerente per affermare una visione delle politiche familiari centrata sulla sua idea di famiglia, imperniata sulla maternità. Fino a pochi anni fa, per i mesi di congedo parentale retribuito era previsto un indennizzo del 30 per cento. Oltre alle norme culturali, anche riflessioni economiche plasmavano le scelte: era il genitore con lo stipendio più basso, di solito la madre, a usufruirne. La legge di bilancio consolida e rafforza un cambiamento strutturale, portando da uno a tre i mesi di congedo parentale all’80 per cento.
Sebbene l’obiettivo dichiarato sia sostenere le madri, la misura potrebbe incentivare anche i padri: per il primo anno di vita dei figli, Paola Biasi e Maria De Paola hanno rilevato un aumento del 24 per cento nell’uso del congedo da parte dei padri dopo un primo aumento della sua generosità introdotto dalle ultime leggi di bilancio del governo Meloni. Anche se i numeri sono piccoli per essere significativi sul piano statistico, ha senso aspettarsi un impatto maggiore dopo il primo anno. Le leggi hanno bisogno di tempo per ammorbidire le aspettative sociali e culturali.
L’intervento del governo ha avuto un secondo effetto collaterale positivo: ha spinto le opposizioni a presentare oltre trenta emendamenti sui congedi parentali e su quelli obbligatori di maternità e paternità. Le proposte coprono un ampio spettro di opzioni, ma convergono su alcuni punti chiave ispirati a una logica di genitorialità condivisa, comune a tutte le forze di opposizione, dal Movimento 5 stelle a Italia Viva. In particolare, emerge una volontà diffusa di estendere i congedi di paternità, oggi limitati a 10 giorni, con proposte che variano da 26 giorni fino a 6 mesi obbligatori. Si propongono anche misure come un aumento delle indennità al 100 per cento per tutti i congedi obbligatori, congedi parentali perfettamente paritari, formazione, part-time di coppia, sostegno alle imprese virtuose e attenzione speciale per le famiglie con figli con disabilità.
L’obiettivo è chiaro: allineare l’Italia alle migliori pratiche europee, promuovendo un equilibrio in cui uomini e donne dedichino lo stesso tempo al lavoro retribuito e a quello di cura non retribuito all’interno delle famiglie. Sarebbe bello se la dialettica tra visioni diverse delle politiche per le famiglie, tra maggioranza e opposizione, uscisse dalle aule parlamentari, stimolando il dibattito pubblico e la mobilitazione delle parti sociali.
Oggi, le disparità di genere nel mercato del lavoro sono evidenti: le donne lavorano di meno, fanno più part-time involontario, hanno contratti più precari e stipendi più bassi. Recenti studi mostrano che, nella maggioranza dei casi, la causa di queste disparità è una sola: avere figli.
sintesi di Alessandro Bruni
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