di Stefano Zamagni. Pubblicato in Paradoxa forum del 13 gennaio 2025.
La sofferenza del debito nel Sud globale è in aumento, mettendo a rischio gli equilibri sociali e politici di quei Paesi. Secondo le stime del FMI, al 29 febbraio 2024, dei 68 Paesi a basso reddito (LIC) per i quali il Fondo conduce analisi di sostenibilità del debito, 9 sono già in difficoltà e 51 sono ad alto rischio di difficoltà. Le Nazioni Unite riferiscono che 19 LIC spendono più per gli interessi sul debito che per l’istruzione e 45 spendono più per gli interessi sul debito che per la sanità. Il debito estero africano, alla fine del 2023, superava i mille miliardi di dollari e l’ammontare degli interessi pagati nel 2024 è stato, finora, di 163 miliardi di dollari, contro i 61 miliardi di dollari del 2010. Quindi, un primo punto che va sottolineato è che è certamente possibile ristrutturare il debito, ma al prezzo di un aumento della povertà. Un compromesso questo inaccettabile, sotto il profilo sia etico che politico.
Nel 2020, dieci sono stati i Paesi a pagare queste sovrattasse al FMI; nel 2023 il numero è salito a 22. E, cosa più grave, il tasso base del FMI è passato da meno l’1% a quasi il 5%. Non c’è bisogno di essere esperti per cogliere le implicazioni pratiche. È giunto il momento di smascherare questi presupposti, piuttosto che attardarsi sui tecnicismi.
Che fare allora? Non è sufficiente cancellare il debito se non si modificano i fattori causali che tendono a generarlo. Ecco alcuni suggerimenti.
– Primo. Porre termine al neocolonialismo. Nonostante quel che si tende a credere, se è vero che il colonialismo è ufficialmente morto, non v’è da pensare che pratiche di stampo colonialista non tendano a persistere ancor oggi.
– Secondo. Riscrivere gli statuti di Organizzazioni Internazionali quali il FMI, la Banca Mondiale, il WTO, l’OMS e altri. Le regole di funzionamento di tali organizzazioni vennero scritte nel 1944 a Bretton Woods, avendo a cuore il processo di sviluppo dei paesi occidentali. Da allora solo modificazioni marginali sono state apportate.
– Terzo. La riforma delle Nazioni Unite. Va eliminato il diritto di veto riconosciuto finora ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e sostituito da una procedura di votazione come quella di Borda. Soprattutto occorre dare vita ad una Assemblea Parlamentare delle Nazioni Unite sul modello della proposta avanzata dalla ONG «Democracy Without Borders».
– Quarto. Progettare un modello di integrazione per i migranti che vada oltre le mere politiche di accoglienza. Sono oltre duecento i milioni di persone che vivono, da disperati, la condizione del migrante. Ecco perché è urgente dare vita ad una Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) sulla falsariga dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che assicuri il riconoscimento – nel senso del thymos platonico – delle diversità etniche, religiose e culturali.
Sono consapevole delle difficoltà insite nell’attuazione di proposte del genere. La pace non è un obiettivo irraggiungibile, dato che la guerra non è un dato di natura, ma è il frutto marcio di persone che la vogliono. E allora sviluppano ideologie che insegnano ad odiare: il vicino, il diverso, il povero, spargendo ovunque i semi di quella sottocultura dell’aporofobia dei cui effetti devastanti sono piene le cronache. Come si sa, l’odio è il più coesivo dei sentimenti politici, perché, più di ogni altro sentimento, tiene assieme una moltitudine e ne fa una totalità obbediente. Ecco perché il populismo, di ogni colore e sotto ogni latitudine, va combattuto con ferma convinzione.
sintesi di Alessandro Bruni
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