di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Come consigliere comunale di un piccolo Comune sono rimasto sorpreso delle cifre elevate che il mio Comune spende per qualsiasi intervento. Ci sono buone ragioni per dire che la gestione pubblica è spesso peggiore e più costosa di quella dei privati. In vari settori l’efficienza di un’azienda privata è superiore a quella del pubblico, il quale è tenuto (a differenza del privato) a garantire un’assoluta equità nelle gare e nei trattamenti e la cui “burocrazia” è una delle cause di maggior costo di alcuni servizi pubblici. Non sempre è così ma certo la recente abolizione per i Sindaci del reato di abuso d’ufficio favorisce in certi Comuni che le gare siano vinte dagli “amici degli amici”.
La scarsa efficienza del pubblico ha diffuso la cultura che “privato è meglio del pubblico” e in molti settori è così, anche perché il privato è controllato dal suo prezzo da un cliente che può scegliere e, mettendoci del suo, sta attento (quello che non è successo col superbonus dove i prezzi sono saliti alle stelle –pagando Pantalone Stato-). Ci sono però alcuni casi, come la sanità, l’acquisto del gas all’estero o la presenza di grandi imprese (e banche), in cui il settore pubblico si mostra più efficiente ed efficace del privato, in quanto sfrutta le grandi dimensioni di scala che generano economie, le economie di scopo (che consentono altri servizi simili), con prezzi minori per i clienti/utenti in quanto non c’è una logica di profitto. Nella sanità poi esiste una “asimmetria informativa”. Il cliente/paziente, trattandosi di un settore complesso (dove fa –per fortuna- acquisti di rado), non sa bene dove sia il servizio migliore e quanto costa. Un conto è infatti acquistare uno smartphone o un’auto, altro è “acquistare” un’operazione chirurgica. Il primo servizio infatti di un sistema sanitario serio è quello di indirizzarti nel luogo migliore per te. Ma ciò è possibile solo se c’è una gestione unitaria a grande scala del servizio e che non opera secondo una logica di libero mercato.
Ciò spiega perché la sanità pubblica italiana era fino a 20 anni fa ai primi posti nel mondo nonostante una spesa pro-capite modestissima. Oggi questa spesa pro-capite (pagata tramite le imposte…per chi le paga) è di circa 2.200 euro per abitante all’anno (130 miliardi di spesa sanitaria divisi per 59 milioni di residenti). Ci sono poi circa 43 miliardi di spese sanitarie private che pagano i singoli cittadini (chi se lo può permettere).
Se analizziamo il modello assicurativo privato tipico di tutta l’America (Latina inclusa) vediamo che, per esempio, negli Stati Unti la garanzia delle cure (tramite assicurazione privata) costa in media 5-6mila dollari all’anno, ma non sempre garantisce tutte le cure. Infatti chi (specie anziano) ha necessità di cure costose, rischia di vedersele negate, in quanto le assicurazioni (quotate in borsa), hanno necessità di fare profitti e si comportano di conseguenza facendo pagare quelle troppo costose. Ciò spiega il recente enorme sostegno che ha avuto negli Stati Uniti il giovane di 29 anni che ha ucciso un manager di un’assicurazione sanitaria privata, che negava le cure a malati gravi che ne avevano bisogno. Gli americani, nonostante queste limitazioni per le cure costose, spendono in media il doppio degli italiani pur avendo 40 milioni di americani senza assicurazione in quanto non se la possono permettere.
Gallup misura ogni 3 mesi il grado di soddisfazione degli americani per la propria sanità. Esso è calato dal 2001 al 2024 dal 53% al 44% (chi dichiara la sanità eccellente o buona) (vedi: https://news.gallup.com/poll/654044/view-healthcare-quality-declines-year-low.aspx). In Italia la sanità pubblica, pur criticata sempre più, è ancora considerata buona o eccellente da 2/3 dei nostri concittadini. Ma se negli Stati Uniti si chiede quanto si è soddisfatti del costo che si paga per la sanità esso scende dal 28% del 2001 al 19% del 2024 e il costo, insieme all’accesso ai servizi e all’obesità, sono (nell’ordine) i tre principali problemi per gli americani nell’ambito della salute. La valutazione degli americani sulla qualità dell’assistenza sanitaria statunitense è scesa al livello più basso degli ultimi 24 anni, e le opinioni sulla copertura sanitaria a livello nazionale rimangono ampiamente negative. L’opinione diffusa è che il sistema sanitario statunitense sia in un profondo stato di crisi e il costo è considerato il problema sanitario più urgente. Tuttavia, nonostante la diffusa negatività nei confronti dell’assistenza sanitaria, gli americani valutano ancora in gran parte positivamente la propria assistenza sanitaria (non conoscendo altri modelli).
Se in Italia si continua a non finanziare in modo adeguato (almeno in base a quanto aumenta l’inflazione) la sanità, assisteremo ad una crescita del modello americano di assicurazioni private che però non garantirà neppure tutte le prestazioni e costerà molto di più di quello che oggi paghiamo (via imposte). Lo dicono i confronti internazionali e molti studi ma anche un giornalista del Corriere della Sera (Maggi) che ha vissuto negli Stati Uniti e che ha dovuto pgare 1.200 dollari per un piccolo intervento, nonostante fosse assicurato, perché il medico è intervenuto dopo le ore 12 (per un ritardo non a lui imputabile) e l’assicurazione garantiva prestazioni gratis solo fino alle ore 12. Un lettore sempre de Il Corriere (Andrea Moradel di Firenze) racconta che dopo 25 anni di regolari pagamenti della polizza di assicurazione sanitaria di 3mila euro all’anno (inizialmente erano 2mila) in Italia, ha ricevuto una disdetta da una nota assicurazione privata. Con l’avanzare dell’età le assicurazioni si tutelano infatti mettendo in carattere piccolissimo delle norme in quei contratti da 50 pagine che tutti firmiamo senza leggere tutte le pagine e che al momento opportuno consentono all’assicurazione privata di disdire la polizza o che vietano di continuare ad averla dopo una certa età.
Le chiavi della salute e longevità dipendono (dicono gli studi) per il 20% dalla genetica, per 10% dal sistema sanitario, per 20% da fattori ambientali e per 50% dallo stile di vita. La responsabilità del singolo individuo sarebbe quindi pari al 50%, ma se si guarda bene cala di molto (anche se certamente non bere alcolici, non fumare, nutrirsi in modo sano e fare attività motorio conta moltissimo), in quanto lo stile di vita dipende molto dai primi anni di vita: dalla tua famiglia, dal contesto sociale che delineano lo stile di vita che avremo da adulti. Il bambino/a infatti non può scegliere la dieta, se praticare uno sport e ancor meno se fare la prevenzione, cose che fanno soprattutto le famiglia in buone condizioni economiche, a meno che non intervenga lo Stato, come in Germania, dove tutti i bambini hanno la prevenzione del dentista gratuita fino a 14 anni (e se non la fai paghi tu se ci sono poi problemi ai denti dopo i 14 anni).
In sostanza l’aspetto economico incide moltissimo ed è per questo che una sanità pubblica va difesa nell’interesse di tutti, anche perché è un settore che, sebbene sia organizzato con una logica pubblica, costa meno sia per il singolo cittadino che per lo Stato.