di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Il governo di centrodestra, poco tempo dopo la sua elezione, in aderenza al suo orientamento politico, , ha deciso di riformare la Costituzione su tre temi di particolare rilevanza: il Premierato, con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, l’Autonomia regionale differenziata, per aumentare il ruolo politico autonomo delle Regioni, e la riforma della Giustizia per separare le carriere dei magistrati e tutelare la sicurezza pubblica-. Sulle tre riforme sostenute rispettivamente da FdI, Lega e FI, sono stati presentati i relativi disegni di legge e, mentre il Parlamento ha approvato la legge sull’Autonomia, è in corso l’iter parlamentare su Premierato e riforma della Giustizia.
La legge sull’Autonomia è stata approvata in un contesto di duro scontro politico tra maggioranza e opposizione, arrivato fino al ricorso di quest’ultima alla Corte costituzionale che, con relativa sentenza, ha sancito l’incostituzionalità di gran parte del testo richiedendo profonde modifiche. Inoltre, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di poter ricorrere al referendum abrogativo sul medesimo testo. Nonostante i tentativi della Lega di procedere comunque alle modifiche e a successive intese anche nelle singole Regioni, si è deciso di fermare tutto in attesa del pronunciamento Corte. Le difficoltà procedurali e di merito, incontrate sul percorso dell’Autonomia, il lavoro di risistemazione della legge post sentenza Consulta e le possibili prospettive di referendum hanno convinto il governo a rallentare la riforma del Premierato attendendo tempi migliori.
Questa scelta è favorita anche dal fatto che della riforma del Premierato oggi c’è meno urgenza perché il funzionamento attuale del Parlamento, facilmente gestito e controllato tramite il legiferare attraverso il meccanismo decreti-legge-voto di fiducia, consente di ottenere effetti analoghi. Nella sostanza, tutto ciò dimostra che, per il governo Meloni, la riforma delle regole costituzionali, che viene mantenuta, deve realizzarsi al netto di pericoli che, mettendone in discussione l’esito, possono incidere sulla stessa vita del governo.
Diversa e più urgente, si è ritenuta la riforma della Giustizia, sulla quale da tempo è in atto la polemica governativa sulla politicizzazione di una parte crescente dei magistrati, e si sono determinati problemi e conflitti che interferiscono direttamente con l’attività del governo. Inoltre, sul problema della sicurezza si incontra più facilmente il consenso dei cittadini. Alla luce di tali convinzioni si sta procedendo rapidamente, dato che il DdL sulla “separazione delle carriere” dei magistrati è stato presentato in Parlamento l’8 gennaio e in questi giorni ha già ottenuto il primo sì alla Camera mentre, da alcune settimane, è in discussione il decreto sicurezza, con non poche contestazioni.
Nonostante la volontà del governo di procedere in tempi brevi, anche questa riforma è destinata a determinare un mare di problemi e di conflitti in buona parte imprevedibili. In partenza, è la prima volta nella storia della Repubblica che un provvedimento di riforma di un potere dello Stato, autonomo e indipendente come la Magistratura, incontra l’opposizione pressoché unanime dei giudici che lo interpretano come una riforma vendicativa verso la categoria, destinata a creare un rapporto di condizionamento dei Pm della politica, e contro il quale stanno programmando forme eclatanti di protesta.
Analoghe forme di dissenso si stanno manifestando, in Parlamento e nel Paese, contro il Decreto sicurezza per la stretta sul diritto costituzionale della libertà di manifestare il dissenso e per lo scudo verso una sorta di immunità a favore delle forze dell’ordine. L’impressione che si ricava è quella di un governo in difficoltà, convinto comunque di poter modificare il rapporto politica-magistratura e ridurre la libertà di manifestare il dissenso in relazione ai propri interessi cambiando l’attuale equilibrio dei poteri previsto dalla Costituzione. Nonostante il realistico rallentamento del processo riformatore per evitare possibili e improvvise crisi di governo, si stanno accumulando nella coalizione di maggioranza sempre nuove tensioni e dissensi che stanno mettendo a dura prova il meccanismo di salvaguardia del potere come ultima istanza su cui si regge questo esecutivo. Staremo a vedere. Ma va ricordato che la politica, quando viene tradita o sottovalutata riesce anche a vendicarsi.