di redazione di Diritti in Salute del 11 gennaio 2024.
Il 5 gennaio scorso The Lancet, una rivista scientifica inglese di ambito medico, ha pubblicato nella sua versione europea un editoriale molto duro sulla sanità italiana. Il sistema italiano di raccolta dei dati sanitari non funziona, è il titolo dell’articolo.
“In Italia non esiste un sistema unificato e centralizzato per documentare e condividere le cartelle cliniche elettroniche (EHR), i dati ospedalieri e la documentazione dei medici di base”
Il giudizio di The Lancet, che è una rivista molto prestigiosa, è netto, motivato e documentato. Le ragioni principali di questa situazione sarebbero due: la frantumazione in venti servizi sanitari regionali spesso non in grado di comunicare tra loro, e il mancato caricamento dei dati da parte delle strutture private anche quando collaborano con il Servizio Sanitario Nazionale.
Le conseguenze che ne derivano, sostiene The Lancet, sono la necessità di ripetere gli esami diagnostici quando i pazienti si spostano da una regione all’altra (con un significativo aumento dei costi); l’impossibilità di individuare in tempi rapidi evidenze cliniche utili in situazioni d’emergenza, come durante il Covid; un crollo della ricerca scientifica a livello nazionale a causa della difficoltà nel condurre studi multicentrici. Tutto questo peggiorerà ulteriormente qualora si realizzasse l’autonomia differenziata.
Quanto scrive la rivista inglese corrisponde alla realtà, che però, in alcuni casi, è ancora peggiore. Spesso la mancata condivisione degli esami eseguiti su un paziente si verifica anche all’interno della medesima regione, e la difficoltà di comunicazione tra i sistemi informativi delle varie strutture sanitarie è una delle motivazione dell’assenza di un Centro Unico di Prenotazione a livello regionale.
Nota aggiuntiva di Alessandro Bruni
Liste d’attesa, carenza di personale e divari tra Regioni: la sanità dimenticata dalla Legge di Bilancio
Nel secondo anniversario del suo governo, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rivendicato uno stanziamento di risorse per la sanità pubblica “che mai nessun governo aveva destinato in precedenza”. Tuttavia, la legge di bilancio 2025 ha deluso profondamente il settore sanitario che parla invece di finanziamenti inadeguati e misure insufficienti. La legge prevede incrementi di fondi sanitari fino al 2030, ma secondo Nino Cartabellotta (Fondazione GIMBE), il rapporto tra spesa sanitaria e PIL scenderà al 5,7% nel 2029. Aumenti nominali, dunque, che non compensano i bisogni crescenti del sistema.