di Pamela Boldrin. Pubblicato in Scienza in rete il 7 febbraio 2025
«Ci sono solo due sessi, non sono modificabili e sono radicati in una realtà fondamentale e incontrovertibile», dichiara Trump durante il suo discorso inaugurale di inizio mandato presidenziale, lo scorso 20 gennaio. O maschio o femmina, determinati alla nascita dalla natura, sempre secondo il neo presidente, il cui pensiero riscontra molto sostegno. Si palesa così un’occasione di ribadire qualcosa che, se per molti è ovvia, non è affatto scontata nei tempi che stiamo vivendo: la realtà va guardata con occhi capaci di cogliere la complessità. Diversamente, il rischio è di rimanere impigliati in discorsi (spesso politici) che accampano illazioni con la pretesa di una qualche concretezza riscontrabile in natura.
Piuttosto, se vogliamo fare una disamina basata sui fatti (biologici), una descrizione più veritiera suona così: Noi siamo ecosistemi che travalicano i confini e trascendono le categorie. Il nostro io emerge da un complesso groviglio di relazioni che solo ora cominciano ad affiorare.
Studiare la natura ci consente di essere meno rigidi verso derive dogmatiche di classificazione e inflessibile incasellamento che spesso trapassano in decisioni che si ripercuotono in ambito sociale. La lezione della natura è che rigidità e isolamento mal si prestano a far evolvere i viventi e, dunque, a farli sopravvivere. Già il grande Alexander von Humboldt, nel 1845, osservava che «Ogni nuovo passo nella più intima conoscenza della natura ci porta all’ingresso di nuovi labirinti».
Sesso e genere, per cominciare, sono soltanto due aspetti della labirintica natura umana e si prestano a gradazioni di variabilità molto più vaste di quelle che sono annoverabili in un documento d’identità. Semplificare può essere una necessità, ma quando si fa dogmatismo si impedisce l’accesso a una conoscenza complessa. Per esempio, se vogliamo appellarci alla realtà del mondo naturale e guardare alla biologia in cerca di chiarezza sul sesso, possiamo constatare che l’anisogamia, cioè la presenza di gameti che si differenziano creando la polarità di due sessi (maschio e femmina) non si manifesta in modalità univoche. Infatti esistono animali che possono produrre gameti sia maschili che femminili: gli ermafroditi. Le lumache presentano allo stesso tempo organi maschili e organi femminili, quindi possono transitare da un sesso all’altro più volte, mentre il pesce pagliaccio maschio può diventare femmina, una volta nella sua vita, qualora ci sia carenza di femmine.
Cambia il sesso ma cambia anche il comportamento, il quale è influenzato dagli ormoni, che manifestano le loro azioni con una cascata di eventi estesa nel tempo (piuttosto lungo se pensiamo alla maturazione sessuale negli umani). Anche negli esseri umani la genetica dei gameti può rivelare delle variazioni sui cromosomi sessuali. Infatti, grazie agli studi di David Page negli anni '80, sappiamo che è possibile, in alcuni casi, che nella coppia cromosomica XX ci sia un pezzetto di DNA del braccio corto di Y, quindi che l’X contenga in realtà le istruzioni per avere il fenotipo maschio. Quello che accade è che l’individuo nato possiede due cromosomi X, come ci si attende nelle femmine, ma si presenta con caratteristiche morfologiche tipicamente maschili.
Ci sono anche umani che alla nascita mostrano genitali di conformazione ambigua, come racconta Antonella Viola in Il sesso è (quasi) tutto. Evoluzione, diversità e medicina di genere, citando i casi in cui si è proceduto a femminilizzare chirurgicamente i neonati che non avevano un pene visibile ma possedevano il gene Y, quindi geneticamente maschi. Nel tempo si è visto che, una volta adulti, solo alcuni si sentivano a loro agio come femmine, evidenziando la non congruenza tra genetica, morfologia e identità percepita. Altri casi di difformità genetica li troviamo nella sindrome di Turner o in quella di Klinefelter.
Questi sono solo pochi esempi delle svariate possibilità biologiche di presentare incongruità rispetto a un binarismo sessuale e di genere che troppo spesso viene assunto come regola ineccepibile. Quindi non ci sono solo due sessi, ma diverse sfumature di possibilità biologicamente fondate. Se poi vogliamo salire al piano dei comportamenti secondo gli stereotipi di genere (ciò che una data civiltà si aspetta in termini di congruenza nel mostrarsi femminili o maschili), entriamo in un dedalo di condizioni in cui la cultura complica ulteriormente le cose.
Il mondo intorno a noi ci mostra in innumerevoli e fantasiose possibilità che la semplificazione non coglie l’intreccio della vita né il successo delle sue manifestazioni che continuano a evolversi. La cultura umana, soprattutto quella occidentale, ha enfatizzato moltissimo il concetto di individuo e di differenza (di sesso, di status ecc.). Individuare significa potare tutte le connessioni che intralciano la riduzione all’unità minima, non più divisibile. Eppure, se semplificare è utile per fare ordine e consentire una certa operatività, porta anche a quella rigidità che si rivela una pericolosa distorsione della realtà. Una finzione che può anche diventare pericolosa, se sfocia in certi contesti pratici. Basti pensare all’ostinazione di chi non reputa la questione ambientale un fenomeno urgente per tutta la comunità dei viventi; problema che palesa la sua gravità quando ci fanno notare che la spesa militare supera di svariate volte i fondi stanziati per il clima.
In natura non c’è netta e definitiva separazione tra le parti, non ci sono binarismi e nemmeno individui. Questi concetti si annidano nel nostro microcosmo cognitivo e attraverso essi ci ostiniamo a filtrare la realtà, spesso fuorviandola. Non occorre abbandonare in toto categorie di pensiero sulla quale si fonda la nostra identità, ma basterebbe riuscire a pensare in modo sistemico: un po’ meno “io” e un po’ più “noi”, un noi che si allarga sempre più.
sintesi di Alessandro Bruni
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