di Alberto Carrara. Pubblicato in La barca e il mare del 11 febbraio 2025.
La notizia è di ieri sul Corriere. Trump ha firmato un altro – l’ennesimo – ordine esecutivo per istituire un “ufficio della fede”. Responsabile sarà Paula White, predicatrice, che dice di aver visto Dio nel 1984. Oggi afferma che “opporsi a Trump equivale a opporsi a Dio”.
Dio è di casa tra questi “spirituali” trumpiani. D’altronde lo stesso Trump ha affermato più volte che nell’attentato di luglio “è stato Dio a salvarmi: un’esperienza che mi ha cambiato”. E aggiunge che non solo Dio ha salvato Trump, ma lo ha salvato perché Trump salvi l’America.
Va ricordato che ci sono anche cattolici tra i sostenitori di Trump. Il più celebre è il vice presidente J. D. Vance, cattolico ultraconservatore. Ma non è l’unico trumpiano cattolico ultraconservatore: c’è anche Brian Burch, leader del CatholicVote e nominato da Trump ambasciatore presso la Santa Sede.
Paula White, non è solo responsabile dell’”ufficio della fede” ma è anche consigliera spirituale di Trump ed esponente della cosiddetta “teologia della prosperità” che sostiene che Dio premia chi ha una fede forte con ricchezza e salute.
Si potrebbe dire che è la teologia della pioggia sul bagnato. Chi è ricco non solo ha soldi e successo ma è anche benedetto da Dio. Non so se esiste anche una versione geopolitica di quella teologia che, coerentemente, dovrebbe affermare che i popoli ricchi, gli USA, per esempio, con il loro reddito pro capite di 81.695 dollari sono benedetti da Dio, mentre il Sudan, con i suoi 410 dollari, è maledetto. Inutile ricordare che gli USA hanno diversi amici, alcuni dei quali (il Lussemburgo, per esempio) più ricchi di loro, così come il Sudan ha moltissimi amici alcuni dei quali (il Burundi, la Repubblica Centrafricana…, per esempio) poveri come loro.
Ecco questo riferimento teologico del trumpismo, con le sue eventuali estensioni geopolitiche, è molto rivelatore. Chi ha successo gode della benevolenza divina. La benevolenza, nel vangelo di Luca, appare già nei primi capitoli, esattamente al capitolo secondo, versetto 14. L’evangelista racconta del canto degli angeli sopra la stalla di Betlemme: “Pace sulla terra agli uomini che egli ama”, alla lettera: “agli uomini (oggetto) della sua benevolenza”. Ecco, se mi è consentita una battuta, faccio un po’ fatica a pensare che gli angeli hanno lasciato Betlemme e si sono messi a cantare sopra l’Ufficio Ovale della Casa Bianca.
Battute a parte. Un cristianesimo così – che, va riconosciuto, non è solo di Trump e di Paula White – è un cristianesimo senza croce nel quale i poveri sono poco più di un intralcio o, nella migliore delle ipotesi, una chance ulteriore offerta ai ricchi di dimostrare che, oltre che ricchi e prediletti da Dio, sono anche generosi con i poveracci. La croce, la povertà e i poveri sono usciti di scena.
P.S. Qualcuno, lo so, potrebbe obiettare che la Bibbia conosce anche le ricchezza come segno della scelta divina. Ma. Primo. E’ un tema di alcuni testi del Vecchio Testamento. Secondo. Anche nel Vecchio Testamento al primo posto sta la fedeltà dell’uomo a Dio: la ricchezza è una conferma di quella fedeltà. Nel trumpismo, invece, si ha l’impressione che i rapporti si sono rovesciati: non si è ricchi perché santi, ma si è ritenuti santi perché ricchi.
Nota esplicativa di Alessandro Bruni sul trumpismo dilagante. Questo blog non ha come fine l’esposizione di situazioni politiche e partitiche né per quanto riguarda l’Italia, né per altre nazioni. Ciò che ci interessa sono le ricadute sociali che la politica nazionale e internazionale determinano nella qualità della vita di persone comuni quali noi siamo. Pertanto, il prevalente interesse per la nomina di Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha per noi riflesso per quanto avrà sulle persone svantaggiate per conflitti armati, povertà, alimentazione, sanità. A fornire informazioni, dalla geopolitica allo scontro tra poteri, al determinare vinti e vincitori su qualsiasi scena, non mancheranno i media cartacei e digitali scrivendo di cronaca politica e partitica, di schieramenti, di conflittualità sovraniste, di ambigui vassallaggi, di indicazioni di vincitori e vinti. Noi continueremo a guardare a coloro che sono costantemente vinti, al mondo degli emarginati, dei perdenti, degli sfiduciati. Saremo poca cosa, ma ci interessano più le riflessioni post eventi politici, le riflessioni non urlate, ma confrontate con colloqui sereni al tavolo di cucina tra la nostra famiglia e i nostri amici fraterni di ogni posizione politica essi siano. I post che pubblicheremo sul trumpismo dilagante avranno questo fine e il nostro schieramento sarà sui contenuti sociali che il trumpismo determinerà con la ferma proposizione di non essere sudditi di nessuno. Non ci preoccupa essere dei perdenti liberi.