di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
La grave scelta della strategia dei dazi di Trump sta aprendo una inedita guerra commerciale in tutto il mondo, in particolare tra i grandi soggetti protagonisti a livello globale: Usa, Cina, Europa. Essendo il conflitto concentrato soprattutto sul commercio estero, gli effetti più negativi si determineranno sull’Europa perché da tale settore il Pil europeo dipende per il 50%, mentre per il 26% quello degli Usa e per il 32% quello della Cina.
L’avvio dell’imposizione dei dazi all’Europa con il 25% sull’importazione di automobili in Usa, apre una guerra contro l’Ue che, per quest’ultima, appare una sfida alla sua stessa sopravvivenza. Pur con l’esclusione dall’imposta dei componenti dell’auto, per precisi e concreti interessi americani, si tratta di una scelta di attacco a cui l’Europa deve rispondere partendo con una strategia precisa, fondata su una controproposta dello stesso tenore, frutto di un negoziato preliminare, teso a ricostituire il precedente equilibrio nelle relazioni economiche Usa-Europa.
Sulla questione, il governo italiano aveva preso posizione in precedenza con una proposta ambigua, nel senso che di fronte ai previsti dazi americani si rifiutava la semplice strategia di risposta mediante l’imposizione di controdazi per arrivare, tramite un negoziato, ad una soluzione condivisa. L’ambigua ratio di questa posizione era costituita dal fatto che, confondendo metodo negoziale con contenuto del confronto, si manteneva tutto indeterminato, in perfetta coerenza con la scelta ideologica della premier di privilegiare l’alleanza atlantica rispetto all’Europa soggetto politico.
Tale posizione è stata ulteriormente ribadita e precisata in un’intervista al quotidiano Financial Times, rilasciata dopo la partecipazione all’incontro parigino dei Volonterosi, nella quale Meloni ha ulteriormente precisato la sua posizione in politica estera per cui, nonostante le ultime misure relative ai dazi del 25% sulla importazione della auto negli Usa, ritiene doveroso scegliere il rapporto con il presidente Trump rispetto alla semplice difesa degli interessi immediati della Ue, perché sarebbe infantile scegliere oggi tra Ue e Trump anche perché, come dice il vicepresidente Vance, l’Ue ha perso una visione concreta del proprio interesse di medio e lungo periodo.
Tuttavia, la scelta dei dazi di Trump, accompagnata dall’attacco diretto all’Europa “scroccona”, sta avendo un effetto tonico sull’Ue, di risveglio dell’orgoglio e di una sua ripresa dell’iniziativa politica. Ciò, in ogni caso, rende più netti ed espliciti i rapporti politici tra Ue e Stati Uniti, riducendo i margini di manovra della stessa Meloni. Una situazione che spinge la nostra premier a partecipare all’incontro dei volonterosi, sia pure per esprimere vincoli e dissensi, come il no a soldati italiani inviati sul suolo ucraino, e a formulare la provocatoria proposta di invitare gli stessi Usa a questi incontri. In ogni caso lo sbocco di questa evoluzione è una rinnovata volontà europea, dietro la spinta di Francia e Germania, di effettuare alcuni passi in direzione dell’Europa federale, a cominciare dalla Difesa comune e delle decisioni a maggioranza. Si tratta certamente di un percorso di non breve durata, ma gli stimoli nella direzione giusta risultano aumentati.
In questa nuova fase della storia europea che si sta aprendo l’Italia del governo di destra sta assumendo un ruolo marginale e di freno. Di fronte alla proposta della Commissione sul piano relativo alla Difesa comune, che aveva determinato la grande manifestazione pro-Europa di Piazza del Popolo a Roma, Meloni ha reagito criticando aspramente il manifesto di Ventotene per riaffermare il suo concetto di visione sovranista dell’Ue, a salvaguardia della sovranità degli Stati nazionali rispetto all’Europa nuovo soggetto politico. Da questo scontro, si è autoemarginata l’opposizione del governo quando, non comprendendo il suo valore essenziale per il futuro dell’Italia, il Pd si è perso sulla strada sbagliata della critica al riarmo che sarebbe l’ispirazione di fondo del piano europeo di difesa, mentre il M5S è andato a farfalle sull’onda del pacifismo ideologico.
Nell’immediato futuro l’Ue, mentre sarà duramente attaccata con i dazi, dovrà contemporaneamente fare i conti con un difficile e complicato percorso di integrazione interna, al quale sarà comunque strettamente legato il suo futuro. Per l’Italia si aprirà una fase di difficile rapporto con l’Europa dove i margini di ambiguità tenderanno a ridursi, e le contraddizioni destinate a diventare più dure ed evidenti, che spingeranno il nostro Paese sempre più ai margini. Il pericolo maggiore, se non si verificheranno i necessari cambiamenti di linea, oggi non all’orizzonte, sarà quello di una opposizione con un ruolo fine a sé stesso che finisce per diventare funzionale al governo che formalmente contesta. Questo è il vero pericolo dell’Italia, non riuscire a definire e lottare per una alternativa a un governo di destra che non fa il bene del Paese e che, per l’assenza dell’alternativa, è destinato a durare.