di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Nel caos creato dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca l’Unione europea è stata individuata come nemico ideologico e politico da dividere e combattere. La scelta dell’imposizione dei dazi e la non partecipazione dell’Ue al negoziato per la pace in Ucraina sono i primi effetti di tale scontro.
Di fronte a questo radicale cambiamento dei rapporti con il tradizionale alleato americano è emerso in tutta evidenza il ritardo del progetto europeo in termini di piena soggettività politica dell’Ue, al punto che in gioco c’è il suo futuro a livello globale, e ormai la sua stessa sopravvivenza. Inoltre, la prevedibile conclusione della guerra in Ucraina e i nuovi rapporti tra Usa e Russia, rendono il Cremlino potenzialmente pericoloso in particolare per gli Stati dell’est europeo e quindi della stessa Ue.
Questa constatazione ha stimolato un certo orgoglio europeo e la necessità di una rapida e forte risposta in termini di accelerazione del progetto in direzione degli Stati uniti d’Europa. La presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, ha preso la palla al balzo, presentando un piano denominato Re Arm Europe di 800 miliardi con tre finalità: realizzare un progetto di Difesa comune europea, potenziare la difesa dei singoli Stati a fronte del disimpegno Usa nella Nato, proseguire nel sostegno militare all’Ucraina fino al cessate il fuoco.
L'aver messo assieme le diverse necessità di sostegno militare dell'Europa, insieme a un titolo non del tutto appropriato, ha portato all'interpretazione del provvedimento come "riarmo europeo", causando vari fraintendimenti. Questo progetto può essere criticato su diversi aspetti, ma il significato e il valore politico della scelta sulla difesa comune, attesa da settant’anni, è di chiaro segno difensivo e un passo rilevante verso gli Stati uniti d’Europa. Di fronte a questa proposta il sistema politico italiano ha dimostrato tutta la sua mediocre modestia dividendosi tanto nella maggioranza che nell’opposizione.
Il governo è apparso frontalmente spaccato nei suoi due vice leader, con Salvini nettamente contrario all’esercito europeo e all’impiego delle relative risorse, mentre Tajani si è dichiarato convintamente favorevole in quanto la difesa comune rappresenta l’eredità dei padri fondatori. Dal canto suo Meloni, stretta nelle sue contraddizioni tra Trump ed Europa, ha cercato, in silenzio, solamente di far abbassare i toni.
Nell’opposizione, mentre il M5S è stato da subito nettamente contrario, considerando il provvedimento inficiato di bellicismo, nel Pd Elly Schlein ha espresso una critica decisa al provvedimento pur dichiarandosi, in linea generale, d’accordo sull’idea di difesa europea. Ciò ha determinato la reazione e le precisazioni di una serie di dirigenti e gruppi interni che hanno reso evidente la divisione nel Pd.
Nonostante questa anomalia italiana, de tutto sfasata rispetto alle esigenze vitali dell’Europa, il Consiglio Ue ha approvato all’unanimità, compresa la stessa Meloni, il progetto, tranne il no dell’ungherese Orban sul sostegno militare dell’Ucraina.
Un primo, significativo risultato che può cambiare in tempi sufficientemente ravvicinati il futuro dell’Europa. Ciò che risulta più importante è che i capi di Stato dell’Ue hanno deciso di prendere in mano il destino dell’Europa e di imprimerle un’accelerazione nella giusta direzione. L’Italia esce male da questa vicenda e, nonostante il suo allineamento tattico nel voto finale, perde ulteriore credibilità politica e rende purtroppo evidenti i limiti di una nostra classe dirigente intrappolata nelle sue contraddizioni e arretratezze.
Contribuisce poi a non percepire, nel suo giusto significato politico, questo importante passaggio della storia europea, la critica radicale di un risorgente, falso pacifismo che interpreta questa decisione come una insensata corsa al riarmo, premessa di un futuro più esposto verso la guerra. Un pacifismo finto e interessato, che ha i suoi punti salienti nell’adesione alla critica di Trump all’Ucraina che, con il consenso dell’Occidente bellicista, avrebbe irresponsabilmente proseguito una guerra persa in partenza, provocando ulteriori decine di migliaia di morti. La scelta attuale del riarmo europeo segnalerebbe una volontà di proseguire la guerra, creando ulteriori difficoltà al tentativo di Trump di arrivare alla pace.
Un ragionamento di falso realismo che oscura l’invasione russa dell’Ucraina come unico motivo della guerra e la doverosa reazione del popolo ucraino e dei suoi alleati a questa aggressione che, anche non dovesse condurre a una vittoria, rimane il maggiore elemento che pesa a favore di una pace giusta. Dietro questa critica alla mobilitazione europea appare una implicita giustificazione del ribaltamento delle alleanze di Trump e una presa d’atto dei risultati dell’aggressione di Putin per cui la pace passibile per Zelensky non sarebbe molto distante dalla resa.
Mentre rimane con tutta la sua forza morale e umana, la spinta di Papa Francesco a combattere ogni guerra, la via politica alla pace, risulta in dura salita, contraddetta e frenata da incoerenze, tradimenti e ritardi nella soluzione dei problemi. Tuttavia, sono talvolta le dure e improvvise reazioni che riaprono prospettive che sembravano precluse. E’ auspicabile che la scelta europea sulla Difesa comune appartenga a questa fattispecie mentre è doveroso confidare che la manifestazione pro-Europa del 15 marzo rappresenti un'ulteriore consapevolezza collettiva della necessità di camminare spediti su questa strada. Perché l’Italia priva dell’Europa rimane in balia degli eventi, senza futuro.