di Giuseppe Frangi. Editoriale. Pubblicato in Il Sussidiario dell’8 maggio 2025.
La spregiudicatezza con cui i grandi poteri mondiali si stanno muovendo in questa fase così inquietante della storia sta provocando conseguenze più profonde e irreversibili di quanto si possa immaginare. È noto come l’amministrazione Trump con decisione drastica abbia imposto la chiusura di UsAid, la grande agenzia americana per lo sviluppo internazionale che era stata fondata da John Kennedy nel 1962 come strumento di aiuto ai Paesi poveri e nello stesso tempo come presidio dal rischio di un’espansione dell’egemonia sovietica.
L’azione di UsAid non era solo azione diretta ma in buona parte affidata in logica sussidiaria a tante Ong di tutto il mondo. La chiusura dell’agenzia ha così portato alla chiusura a pioggia di migliaia di progetti umanitari: anche il sistema della cooperazione italiana è stato già colpito dallo stop ai finanziamenti e il futuro di progetti per svariati milioni di euro è paurosamente a rischio.
Sulla scia della filosofia draconiana di Trump anche il premier inglese ha deciso di spostare una quota dei fondi dalla cooperazione alla difesa. Intanto, a Gaza, Israele – nell’ambito del piano denominato “carri di Gedeone” per stabilire un controllo completo su una parte di Gaza – ha annunciato l’ipotesi di una militarizzazione degli aiuti, con la gestione diretta della distribuzione da parte dell’esercito di Tel Aviv o affidandola a società di sicurezza private e comunque limitatamente alla zona sotto il controllo dell’esercito. Nel contempo sono state introdotte nuove regole che subordinano la registrazione delle Ong ad un allineamento politico e ideologico, compromettendo le caratteristiche fondamentali di neutralità e di indipendenza.
La velocità è una cifra dello stravolgimento che è stato messo in atto e che ha fatto saltare dall’oggi al domani un meccanismo che in questi decenni ha funzionato da indispensabile garanzia per tanti contesti in Paesi poveri o in via di sviluppo. Come ha scritto il segretario generale di Avsi Giampaolo Silvestri in un intervento sul Corriere della Sera, “non si sbriciolano così cinquant’anni di esperienze di terreno, in luoghi ai margini della terra: con i nostri beneficiari, insieme ai quali abbiamo lavorato nelle tendopoli, negli slum, in città devastate da terremoti o alluvioni, o lungo i percorsi migratori, abbiamo imparato che non si è mai determinati dalle circostanze, neppure le più avverse, che si può ripartire sempre”.
Quello che sta accadendo rischia di produrre una doppia devastante effetto. Il primo è un effetto drammaticamente concreto di sospensione o rallentamento di programmi di sviluppo, che non sono mai risorse a fondo perduto, ma investimenti che generano impatti positivi non solo sulla condizione di vita delle persone ma anche sulla sicurezza, che è la grande emergenza evocata da tutti. Ogni dollaro o euro speso nei programmi di sviluppo delle Ong ritorna moltiplicato.
Il secondo effetto altrettanto inquietante è culturale: con queste violente decisioni a catena si punta a sgombrare il campo dalla presenza di soggetti grandi e piccoli della società civile, ritenuti fattori non controllabili e di disturbo. È una prospettiva che non può essere né subita né accettata, perché mette in gioco fattori vitali di ogni democrazia: la libertà di iniziativa sociale e di organizzazione condivisa e partecipata di meccanismi di solidarietà.