di Gianni Credit Pubblicato in Il Sussidiario del 14 maggio 2025.
La forza della Rerum Novarum fu di porre la questione sociale di fine 800 in termini non ideologici. L’enciclica di Leone XIII fu un atto pastorale che si fece spazio fra due ideologie fondamentalmente anti-umaniste e anti-cristiane: quella scientista/positivista – che giustificava e incoraggiava il capitalismo industriale/colonialista più selvaggio – e quella marxista/engelsiana, a sua volta già preoccupata di promuovere la dittatura del proletariato, non la liberazione degli uomini più poveri e sfruttati.
La “guerra mondiale a pezzi” dei secoli ventesimo e ventunesimo e la lunga dominanza dei totalitarismi è stata figlia di uno scontro ideologico che ha più volte mutato pelle, ma non ha mai risolto ciò che Papa Paolo VI – a metà cammino fra i due Papa Leone – pregava come vero “progresso dei popoli” su un Terra in via di rapida globalizzazione.
La Rerum Novarum non si è posta soltanto come radice della Dottrina sociale della Chiesa cattolica. Oggi papa Leone XIV non avrebbe potuto riproporne il valore contemporaneo se quel nucleo di pensiero non avesse dato nel frattempo frutti reali, sostanziosi. Ciò che è divenuto poi “l’economia sociale di mercato” – non un modello, ma un’esperienza per centinaia di europei anche prima del 1945 – non sarebbe germogliata senza quel pensiero divenuto impegno politico, economico e sociale.
Quando l’Europa ha rifiutato di riconoscere nella propria Costituzione le proprie “radici cristiane”, ha rinunciato anche alla Rerum Novarum. Si è privata di un peculiare not whatever it takes pronunciato più di un secolo prima di quello invece affermato dal presidente della Bce Mario Draghi a difesa dell’euro. E non è detto che la crisi finanziaria – e forse anche politico-istituzionale – dell’Europa del ventunesimo secolo non sia stata legata anche all’incapacità (ideologica) di ammettere che “non a qualsiasi costo” l’innovazione tecnologica ed economica dev’essere incorporata tale quale nella storia di un Paese o di un Continente.
Il nuovo Pontefice – il giorno dopo l’elezione – ha detto che l’Intelligenza artificiale non va né respinta, né accolta in sé. Essa è un dato di realtà storica, di presente globale. Va affrontata ponendo al centro l’uomo, tutti gli uomini (i “fratelli tutti” di papa Francesco) con la loro libertà intelligente. L’eco che hanno suscitato le sue parole ha confermato che – nella loro semplicità – esse erano già in fase di drammatica rimozione da parte della società umana. Come lo erano le sofferenze degli uomini che – alla fine del secolo diciannovesimo – rischiavano di essere travolti.
Alcuni, via via sempre più numerosi, non lo furono: anche grazie ai frutti dell’enciclica sul piano della sussidiarietà economica (il movimento sindacale europeo ha avuto un’ispirazione cristiana perfino in settori socialisti e non popolari). Altri europei non furono poi risparmiati dal primo conflitto mondiale: ma l’appello di Benedetto XV contro “l’inutile strage” non fu altro che un ennesimo segno di contraddizione direttamente innestato in quello originario lasciato da Leone XIII.
La pace stessa non è un’ideologia, ma una condizione umana universale che la Chiesa del Vangelo annuncia e pratica in ogni istante, in ogni area del pianeta.