di Redazione di Nuove Radici. Pubblicato il 10 giugno 2025.
Quanti hanno capito che la richiesta di dimezzamento dei tempi era uno strumento per semplificare la legge e l’esigenza di dare un segnale per mettere mano all’anacronistica legge del 1992? Quanti hanno capito che il quesito referendario non avrebbe portato a concedere automaticamente la cittadinanza ai migranti (in maggioranza di passaggio) ma a chi nasce, cresce e vive qui? Quanti hanno detto no perché empatizzano per vittime con la mano tesa ma non con una generazione protagonista, competente e determinata a farcela?
Se ci atteniamo ai dati, come sempre, sono interpretabili. E, come accade sempre in Italia dopo un voto politico, hanno vinto e perso tutti. Se ci fermiamo ai dati, il quorum è stato raggiunto per ora solo in 28 Comuni minori. Magra consolazione per chi ci aveva creduto perché sulla cittadinanza, a livello nazionale, milioni di elettori sono andati a votare ma anche per esprimere il no al dimezzamento dei tempi sulla cittadinanza: il 34,5 per cento. Eppure gli attivisti che hanno promosso il referendum, hanno ringraziato perché ritengono di essere rientrati nell’agenda politica e di aver ottenuto un significativo riconoscimento se consideriamo che le firme raccolte per il quesito sono state 630mila.