di Paola Binetti. Pubblicato in Il Sussidiario del 12 giugno 2025.
Nel prossimo mese di luglio arriverà in Parlamento, inizialmente al Senato, la nuova legge sul fine vita, così intensamente sostenuta dalla stessa Corte Costituzionale. Ovviamente il dibattito nel Paese si sta riattivando, lasciando emergere le diverse posizioni che finora hanno impedito ai parlamentari di raggiungere una decisione condivisa.
I nodi da sciogliere tra i vari disegni di legge presentati da opposizione e maggioranza sono molti, ma tutti conducono ad un punto cruciale: “eutanasia sì o eutanasia no”, anche se di eutanasia non parla nessuno dei disegni di legge in esame.
Ma il maquillage linguistico, a cui sono spesso sottoposti i temi eticamente sensibili, assume spesso il carattere di un gioco molto sofisticato tra ciò che apparentemente si dice e il suo significato reale. Si parla di fine vita e si intende suicidio medicalmente assistito. Si parla di suicidio medicalmente assistito e si intende eutanasia… una serie di passaggi apparentemente solo lessicali, ma in realtà separati dalla distanza che c’è tra la vita e la morte.
Si parla di libertà personale e si intende il diritto a togliersi la vita; si parla di cure, comprese le cure palliative, e qualcuno intende un supplizio che obbliga a vivere chi invece vorrebbe morire. Mentre le cure palliative sono ancora oggi il massimo riconoscimento della dignità del malato, che nonostante sia considerato inguaribile, conserva comunque il diritto a tutte le cure necessarie e per questo non va lasciato mai solo.
Scrivere una buona legge chiara, trasparente e realmente orientata a garantire al malato il pieno rispetto della dignità della sua vita, non è facile; il primo scoglio è non contrapporre mai la sua vita e la sua libertà, creando la falsa opzione tra diritto di morire e dovere di vivere.
Il vero problema non è tanto fare o non fare una legge sul fine vita, ma fare una buona legge sul fine vita. Una legge che non possa essere stravolta, manipolata e distorta fino a trasformarsi subdolamente in una legge che anticipi la fine della vita e diventi così una vera e propria legge eutanasica. Anche sé questa parola non apparirà mai nella legge.
Augusto Barbera, ex presidente della Corte Costituzionale, ha espresso più volte la sua convinzione sull’importanza di una legge sul fine vita, sottolineando la necessità che il legislatore si pronunci su questa delicata questione. In particolare, ha evidenziato che se il Parlamento non dovesse intervenire, la Corte Costituzionale potrebbe essere costretta a farlo per garantire i diritti fondamentali dei cittadini. In altri termini ha rivolto una chiara ed esplicita critica all’attuale ”inerzia” del Parlamento.
Poco più di un anno fa lo stesso presidente della Consulta, il 18 marzo 2024, nella sua relazione sull’attività della Corte, alla presenza del presidente della Repubblica, aveva messo a fuoco due punti essenziali, che in un certo senso sembravano, almeno apparentemente, contraddittori:
A) “In un sistema costituzionale fondato sulla separazione dei poteri” è necessario un “rigoroso (…) rispetto delle decisioni delle sedi parlamentari”.
B) “Questa Corte è ‘custode della Costituzione’ e se continua l’inerzia del legislatore sul fine vita la Corte Costituzionale non potrà non intervenire”.
Per Barbera era assolutamente necessario tenere conto anche della sensibilità popolare. “Sul fine vita – ha detto il presidente della Consulta – le regioni vanno moltiplicando iniziative a supplenza del Parlamento il cui intervento non è avvenuto. Non posso anticipare nella maniera più assoluta un giudizio. Ma sottolineo un punto: il fatto che abbiamo coinvolto il Parlamento nella disciplina del fine vita, non è, come talvolta si è detto, che intendiamo fermarci e dire adesso è compito del Parlamento. Noi chiamiamo il Parlamento a collaborare. Fermo restando però, che se continuerà ad esserci inerzia la Corte non potrà che intervenire”.
Pochi mesi dopo, al Meeting di Rimini il 23 agosto 2024, Barbera aveva affermato perentoriamente: l’eutanasia è inammissibile. “Solo in casi limitatissimi c’è diritto a rifiutare ulteriori terapie”. Nessun cedimento in ogni caso all’eutanasia: “ogni vita è portatrice di una inalienabile dignità, indipendentemente dalle concrete condizioni in cui essa si svolga”. Inoltre, aveva evidenziato come la sua affermazione si ricollegasse alla sentenza 50 del 2022 con cui la Corte aveva bocciato il referendum abrogativo “che avrebbe di fatto reso legittime possibili forme di eutanasia”.
Quindi Corte e Parlamento, collaborando efficacemente, non possono dimenticare che la matrice originale della Costituzione va sempre difesa e sviluppata dal Legislatore. E appartiene alla matrice originaria della Costituzione ed al suo contenuto intangibile, l’assoluta convinzione che tutte le istituzioni hanno una esplicita responsabilità di tutela della vita umana, proprio come afferma la sentenza della Consulta n. 50/2022, in cui gli artt. 2, 3 e 32 impongono di tutelare il “bene comune” assicurando la “cura” di ogni persona in ogni condizione di fragilità. Principio che è alla base del Servizio Sanitario Nazionale, a cui compete il dovere prioritario di tutelare la salute di tutti e di ognuno, proprio perché la salute, come dice l’articolo 33 della nostra Costituzione, è un diritto fondamentale. In questa affermazione c’è quindi l’obbligo di garantire a tutti coloro che ne hanno bisogno le cure palliative necessarie, come previsto dalla legge 38/2010. Una legge che da oltre 15 anni ha affrontato in chiave positiva e propositiva il tema del fine vita, ma è ancora lungi dall’essere applicata come sarebbe necessario.
In conclusione, ben venga una nuova legge sul fine vita, purché rifletta quel favor vitae che permea tutta la nostra Costituzione e costituisce l’anima stessa del SSN. Una legge che si impegni a garantire cure palliative a tutti coloro che ne hanno bisogno, non solo negli hospice, ma anche a dominio o nelle RSA. Nel pieno rispetto della libertà di curarsi di ognuno, aiutando a controllare il dolore nella molteplicità dei mezzi di cui la scienza moderna oggi dispone. Sostenendo le famiglie, per rimuovere in ognuno di loro il rischio di una solitudine piena di angoscia; ribaltando in questo modo la logica del diritto a morire con quella del diritto di vivere.
Manca un mese all’approdo della legge in Senato; si formerà un comitato ristretto di esperti, ma urge che si faccia sentire chiara e forte anche la voce di tutti coloro che credono nel valore della vita e nel diritto a vivere fino alla fine della propria esistenza, ricevendo le cure necessarie dal SSN. Al presunto e inesistente diritto di morire, quando e come si vuole, opponiamo il diritto di scegliere come vivere, in piena libertà e con tutti gli aiuti che lo Stato può e deve offrire. Parliamone, in tutte le sedi, opportune e inopportune, perché la voce di chi vuole vivere e curarsi trovi nella futura legge il suo altoparlante.
Per approfondire. Questo blog ha considerato questo argomento con varietà di contenuti e posizioni. Si veda al riguardo questo link. L'Italia ha bisogno di una legge sul fine vita affinché il problema non sian lasciato ai singoli e che le istituzioni locali non sia costrette, nel bene e nel male, a trovare una soluzione ai molti casi tragici. Un pericolo tra tanti: che si faccia una buona legge in teoria e che questa poi non venga applicata nella pratica o che si lasci poi la persona nuovamante sola, abbandonata al suo dolore in casa o in una RSA o in un Hospice dove nessuno si assume la responsabiità di attuarla. Vedremo e continuiamo a sperare nel diritto di coscienza non solo personale, ma anche di coloro che non la pensano alla stessa maniera. Non si tratta solo di religione o di opinione politica, ma di salvaguardia di diritti di tutti, perchè: chi siamo noi per giudicare e obbligare gli altri alle nostre utopie. Il fine vita va considerato nella sua realtà umana, altri paesi l'hanno fatto e non sono meno civili di noi. Vedremo e speriamo che non finisca con la solita gazzarra di opposte utopie senza nella sostanza considerare il dolore di chi non ce la fa più a vivere nell'anticamera della morte, solo, inebetito dalla sedazione palliativa, senza considerare il suo diritto di vivere e di morire.
a complemento:
Cure palliative e sedazione non bastano, sul fine vita si segua il modello Toscana di Chiara Saraceno. Pubblicato in La Stampa del 13 giugno 2025. Una legge sul suicidio assistito dovrebbe corrispondere all’idea di vita dignitosa del malato che voglia ricorrervi… apri questo link per continuare a leggere.
per approfondire leggere Fine vita: questione etica e giuridica. Intervista al professor Savarino di Emiliano Loria. Pubblicato in Aging project Unipo del 9 agosto 2023.