Una cara amica, una con cuore e cervello vicini al mio sentire e al mio pensare, mi ha detto: “Le cose che scrivi sono giuste, ma un po’ scontate. Sappiamo tutti dove sta andando il mondo e la nostra Italia. A che serve parlare, a che serve scrivere? L’unica cosa che conta è il fare”. Si parlava di immigrati e di accoglienza, di dialogo e integrazione, di decreto Minniti e di respingimenti.
Giusto, occorre prima di tutto fare: lavorare, impegnarsi in prima persona, in ogni più piccola realtà, perché l’onda montante dell’Inumano non prevalga. Rimango però della mia idea, oggi, soprattutto oggi, parlare, scrivere, farsi sentire, bucare il muro dell’indifferenza e dell’ignoranza è ugualmente decisivo.
Inumano? Ne scriveva poco tempo fa su il manifesto Marco Revelli: “Negli ultimi giorni qualcosa di spaventosamente grave è accaduto, nella calura di mezza estate. Senza trovare quasi resistenza, con la forza inerte dell’apparente normalità, la dimensione dell’«inumano» è entrata nel nostro orizzonte, l’ha contaminato e occupato facendosi logica politica e linguaggio mediatico. E per questa via ha inferto un colpo mortale al nostro senso morale”.
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