Caratteristiche del caregiver familiare nel contesto assistenziale
a cura di Alessandro Bruni. Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2024
Indice
- Definizione e contesto socio-sanitario
- Cosa prevede la legge italiana
- Formazione
- Le mansioni e i compiti
- Igiene del paziente
- I bisogni igienici dei pazienti autonomi e deambulanti
- I bisogni di igiene dei pazienti allettati
- Le risorse
- Lo stress assistenziale
- Tutela del caregiver
- Come valutare lo stress
- Il decalogo del caregiver
- Raccolta dei post di Madrugada blog
- Fonti consultate
Definizione e contesto socio-sanitario
Il caregiver, termine anglosassone entrato nell'uso comune, è la persona che assiste e si prende cura di una persona anziana, malata o disabile non in grado di provvedere autonomamente alle sue necessità quotidiane. Sul piano operativo si distinguono due figure:
Il caregiver professionale è un operatore che per lavoro stipendiato presta assistenza professionale a una persona malata, anziana o disabile, a domicilio o in una struttura residenziale. Rientrano in questa categoria gli OSS, operatori socio-sanitari specializzati in possesso di una specifica qualifica professionale, e le badanti.
Nota sulle badanti. Nell'assistenza domiciliare oltre a caregiver professionisti e caregiver familiari esiste anche una terza categoria denominata assistenti familiari, comunemente dette “badanti”. Questa figura è nata dallo spontaneo reperimento da parte delle famiglie di persone accudenti a poco prezzo (spesso in nero) per accudire il proprio familiare con modalità differenziata o a ore, o diurno, o notturno, o a tempo pieno con residenza nella stessa casa dell'assistito. Molte Regioni hanno affrontato questa situazione spontaneista governata dalla domanda e dall'offerta cercando di fornire corsi di apprendimento delle più semplici nozioni utili all'accudimento. Un primo problema era determinato dalla lingua essendo queste badanti straniere e l'anziano da accudire italiano che magari si esprimeva prevalentemente in dialetto. Il secondo problema era costituito dall'aspetto formativo. Sebbene molte di queste persone si offrissero, poche erano quelle che avevano avuto una esperienza formativa. Inoltre, ancora, era necessario che badanti e nuclei familiari fossero inquadrati in un sistema di riferimento che salvaguardasse entrambe le parti per evitare soprusi, sfruttamento e difficoltà di relazione sanitaria con il sistema istituzionalizzato. Molte Regioni per ovviare a questi problemi hanno costruito corsi di attività formative organizzate nell’ambito della rete dei servizi socio-sanitari, anche talora incardinati nei singoli comuni. I corsi prevedevano una parte in autoformazione e una parte in aula con incontri di approfondimento e verifica comprendendo specifiche e semplici unità didattiche riguardanti gli aspetti socio-sanitari. La funzione di questi corsi era di promuovere una prima informazione di base, al contempo creando una relazione di fiducia con gli operatori dei servizi. Una relazione che doveva essere l’inizio di un percorso di qualificazione professionale progressiva successiva (verso corsi per OSS). Con l'istituzione di corsi per OSS a livello regionale e comunale, nonché da parte di strutture private accreditate, si sono superati i problemi formativi e dato al sistema di assistenza un quadro più chiaro e responsabile. Tuttavia, ancora oggi, in molte regioni e comuni esiste un largo uso di badanti poco competenti reclutate basandosi sul mercato libero, anche con agenzie di scopo, che agiscono sul piano spontaneistico contando soprattutto con una offerta a poco prezzo. Questo accade soprattutto per il servizio fornito con residenza nella casa dell'assitito senza un contratto o con contratti deboli o illegali quali quelli di assunzione di assistenti domiciliari per poi far svolgere un lavoro di assistenza familiare). Speriamo che questo sistema spontaneistico del fai da te abbia ancora vita breve e soprattutto sia normato con specifiche e documentate competenze nell'assistenza di persone disabili.
Il caregiver familiare (o informale) è chi in ambito domestico assiste a titolo volontario e gratuito un proprio caro che, per l'età avanzata o per motivi di salute, non è autosufficiente e ha bisogno di un supporto costante per lo svolgimento delle attività quotidiane e per la gestione della disabilità. Ad esempio è caregiver familiare il figlio che si prende cura del genitore anziano, il coniuge che assiste l'altro coniuge malato, il genitore che si occupa di un figlio disabile.
In Italia, anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione che fa aumentare le necessità di assistenza e di cura, i caregiver familiari sono moltissimi. Non esiste un dato ufficiale, ma stime recenti basate su due indagini ISTAT parlano di un numero compreso tra i 12 e i 7 milioni. Il caregiving si configura spesso come un’attività estremamente impegnativa in termini di tempo e risorse poiché l'impegno orario è solitamente compreso tra le 42 e 79 h a settimana e l'impegno emotivo è costantemente fonte di stress.
Relativamente ai dati disponibili i caregiver italiani sono generalmente, per 80% dei casi, donne conviventi con il paziente e ad esso legate da un rapporto affettivo o di parentela, con età media di 40-50 anni e che, a causa delle attività di caregiving, sono andate incontro a un mutamento di ruolo familiare e di ruolo lavorativo con conseguente perdita economica dovuta all’abbandono della precedente attività.
Quella di divenire caregiver è in genere una libera scelta affettiva, ma anche costrittiva, non trovando una differente soluzione accettabile all'accudimento del proprio caro. Una soluzione che è alternativa al ricovero del familiare in una struttura protetta: non tanto per l'indisponibilità di queste strutture (c'è in parte anche questo), ma perché dalla cronaca non sempre svolgono il loro ruolo come dovrebbero a causa di carenza di personale specializzato e per il senso di abbandono di alcune RSA pubbliche e per il senso di business di alcune tra quelle private.
Queste sono ragioni di sintesi note nel sapere comune che hanno anche riflessi nel costume sociale, poiché il ricovero dell'anziano in una struttura protetta troppo spesso finisce col diventare uno scarico di responsabilità parentale e un abbandono di fatto causato dal decadimento dell'anziano allontanato dal suo mondo casalingo e dal lento ma inesorabile scarico di responsabilità da parte della famiglia di appartenenza comprovata dalla riduzione progressiva delle visite nella struttura di ricovero.
In definitiva l'assunzione del ruolo di caregiver da parte di un familiare si basa sostanzialmente su un sacrificio personale che ha un grande valore sociale comunitario dato che determina una minore spesa sociosanitaria pubblica. Per queste ragioni nella maggior parte degli stati europei l'attività dei caregiver familiari viene incentivata provvedendo con contributi economici o con agevolazioni di servizio favorito dall'appoggio formativo e continuativo di strutture di servizio pubblico o privato accreditate.
L'Italia è su questa strada, pur con ancora incertezze normative ed esecutive, nella speranza che sul settore si possa costruire una legge quadro organica che ordini e normalizzi questa attività sociale tutt'oggi ancora troppo lasciata al volontarismo improvvisato (vedi nota sulle badanti).
per ulteriori considerazioni sul caregiver nel welfare sociale aprire questo link
Verso il riconoscimento culturale, sociale, giuridico del caregiver familiare
L’assistenza alle persone non autosufficienti di tutte le età è un ruolo che investe un numero sempre più alto di persone. È un compito difficile sul piano umano, complesso sul piano organizzativo, che richiede competenza, “forza” fisica e psicologica, disponibilità di tempo, spesso anche disponibilità economiche. Oggi più che mai, il contesto familiare è il luogo privilegiato della cura.
Per continuare a leggere aprire questo link . Si noterà come questo manifesto pubblicato nel 2013 non abbia ancora avuto la cosiderazione che meritava.
Cosa prevede la legge italiana
In Italia, la figura del caregiver familiare è stata delineata per la prima volta a livello giuridico dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 27 dicembre 2017). Attualmente, la figura del caregiver informale può beneficiare delle tutele previste dalla legge n.104/92, che disciplina i diritti e l'assistenza della persona con handicap, stabilendo anche una serie di agevolazioni e di requisiti per goderne. Tra le misure di sostegno rientra la possibilità di usufruire di permessi di lavoro giornalieri o mensili retribuiti e di ottenere un congedo straordinario retribuito.
Fino a luglio 2025 i caregiver familiari possono, inoltre, accedere al cosiddetto Bonus caregiver. Si tratta di un sussidio, erogato dall'INPS, che è pensato per sostenere chi assiste un familiare non autosufficiente. Questa misura prevede sia un contributo economico sotto forma di rimborso delle spese sostenute per l'assunzione di un assistente domiciliare sia un contributo sociale, che consiste in prestazioni integrative offerte da strutture socio-sanitarie convenzionate, come la consegna di pasti a domicilio o il trasporto sanitario dell'assistito.
L'operato di caregiver familiare può usufruire anche di alcune agevolazioni. Chi assiste un familiare affetto da una patologia cronica degenerativa ha diritto ad avere alcune agevolazioni previste per legge (Legge 104/1992) che sancisce diritti trasversali a più categorie di invalidi ed a chi se ne prende cura. Per l'iter per usufruire di queste agevolazioni è necessario rivolgersi all'INPS e a agenzie che forniscono il supporto nel proprio territorio alla occupazione.
Nello specifico, in relazione alla figura del caregiver, la legge 104 garantisce il diritto di fruire di permessi retribuiti dal lavoro nella misura di 3 giornate mensili, intere o frazionabili in ore. I permessi possono essere richiesti direttamente al proprio datore di lavoro presentando una domanda specifica sotto forma di autocertificazione che documenti le condizioni della persona a cui si vuole fornire assistenza. Esiste anche la possibilità di usufruire di un anticipo pensionistico per le persone che assistono un proprio congiunto (Ape sociale, 2023, in attesa di proroga). Le domande verranno poi esaminate per i dipendenti pubblici dall'amministrazione per la quale si lavora mentre per i dipendenti privati la disabilità dovrà essere accertata da un verbale dell'INPS, dopo una visita medica di verifica.
Formazione
La formazione dei caregiver familiari è un aspetto importante che andrebbe sviluppato. Non ci si può improvvisare caregiver familiare, ma bisogna avere una adeguata formazione tecnico-operativa e una preparazione psicologica.
Le strutture istituzionali pubbliche o private dovrebbero aprirsi a questa istruzione che andrebbe a vantaggio sia del paziente domiciliato e sia del sistema sanitario complessivo che potrà così svolgere i compiti di maggiore specializzazione nella cura del paziente. In linea di massima gli interventi formativi più utili potrebbero essere svolti da operatori professionali riguardo alla gestione del paziente, ognuno nel rispetto alle proprie competenze, quali:
- Assistente sociale: rappresenta il primo contatto tra Hospice, paziente e suoi familiari ed è in grado di orientare la famiglia nelle scelte di cura fornendo informazioni e consigli utili.
- Medico: è il referente clinico del percorso di assistenza e condivide con il caregiver le scelte cliniche e terapeutiche. Effettua la prima visita al paziente in collaborazione con l’infermiere assorbendo le informazioni utili ad impostare le migliori terapie per il bene del paziente. Fornisce raccomandazioni e rassicurazioni circa l’andamento del percorso di cura.
- Infermiere: è punto di riferimento per tutta l’équipe e per i familiari. È il professionista che più frequentemente visita il paziente e che istruisce il caregiver sulla gestione e somministrazione delle terapie.
- Fisioterapista: valuta lo stato delle autonomie residue e fornisce indicazioni per la scelta e l’utilizzo degli ausili utili. Inoltre educa il caregiver alle corrette pratiche di mobilizzazione del paziente e fornisce consigli per adeguare il domicilio e agevolare l’assistenza.
- OSS (Operatore Socio-Sanitario): sostiene sul piano operativo il caregiver mettendo a disposizione tutte le informazioni necessarie per una corretta mobilizzazione del paziente. Fornisce inoltre consigli utili ad un’adeguata e corretta cura e igiene della persona malata.
Concludendo essere un caregiver familiare significa essere disponibile a vivere insieme alla persona malata questo percorso di vita. Questa figura occupa un ruolo informale di cura, di supporto e di vicinanza, partecipi dell'esperienza di disabilità del paziente.
Non occorre che questa figura sia presente in ogni momento della giornata, ma all’interno della famiglia e con le persone che aiuteranno nell’assistenza è necessario definire il riferimento per gli operatori che verranno a casa, per descrivere ciò che succede nell’intervallo tra un passaggio di un infermiere, di un medico o di un operatore socio sanitario e quello successivo.
L'assistenza familiare è essenziale per il benessere della persona malata: è un compito gravoso perché porta il caregiver a confrontarsi con un quadro in costante mutamento a causa dell'evolvere della patologia.
Le mansioni e i compiti
I compiti del caregiver possono variare a seconda delle condizioni di salute e delle esigenze della persona che accudisce, ma in genere consistono in attività di assistenza sia diretta che indiretta.
Le mansioni di assistenza diretta sono quelle finalizzate a soddisfare i bisogni primari, come la cura e l'igiene personale (lavarsi, vestirsi), la preparazione dei pasti, la pulizia della casa e l’aiuto per la corretta assunzione dei farmaci.
Le mansioni di assistenza indiretta sono: accompagnare l'assistito a visite mediche e gestire pratiche amministrative e burocratiche di cui non è in grado di occuparsi da solo, per esempio pagare le bollette o sbrigare gli adempimenti necessari per ottenere ausili e protesi, nel caso delle persone con ridotta mobilità. In quest'ultimo ambito rientrano anche i compiti di sorveglianza attiva e passiva:
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La sorveglianza attiva prevede l'intervento diretto in caso di pericolo per l'assistito o per chi gli sta vicino.
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La sorveglianza passiva riguarda soprattutto le persone allettate e consiste nel vigilare costantemente su di loro per prevenire eventuali problematiche che possono rappresentare un pericolo per la salute o l'incolumità. Ad es. nell'allettamento, controllare che non si sviluppino piaghe da decubito a causa della prolungata immobilità può essere una delle mansioni di questo tipo che spettano al caregiver, pertanto con capacità di fornire valutazioni di gravità che consentano l'intervento mirato da parte di medico o infermiere.
Certamente il compito del caregiver è complesso e richiede un certo grado di buon senso e conoscenza sanitaria, ma niente di più e niente di meno di quanto possa avere una persona che deve agire considerando malato e suo contesto abitativo. Una genericità ed una specificità che è basata sulla capacità di attenzione socio-sanitaria. É questo il compito di maggior valore del caregiver.
Per chiarire questo punto si precisa che il caregiver non deve sostituire medico e infermiere o OSS specializzati, non deve imparare a memoria i farmaci o i loro effetti benefici o quelli collaterali che a volte compaiono, ma essere in grado di informare gli operatori professionali di cosa succede nelle ore in cui essi non sono presenti, soprattutto per quanto riguarda i sintomi che si presentano.
Si devono avere capacità di eseguire piccole manovre per spostare la persona malata o piccoli interventi per somministrare farmaci in sicurezza dopo un adeguato insegnamento da parte degli infermieri, dei fisioterapisti o degli operatori socio sanitari. Una volta che gli operatori sanitari hanno informato su come si vive la malattia, molte cose saranno più chiare e si potranno affrontare insieme.
Un punto importante è valutare assieme al paziente se la casa sia il luogo adatto per l'assistenza. La casa è senza dubbio il luogo più adatto al paziente perché a casa si sta nel proprio ambiente, si possono mantenere le proprie abitudini, le proprie comodità, utilizzare gli spazi con un minimo adattamento per il massimo comfort della persona malata.
Quello che può frenare il caregiver familiare all'inizio della sua opera è il timore di non essere in grado di fornire l'assistenza adeguata perché si ritiene privo di conoscenze specifiche. In realtà non sono richieste particolari competenze in questo senso: si può stare accanto ed essere di aiuto nei piccoli gesti di tutti i giorni, o se le forze del malato vengono meno, o se deve stare a letto.
Igiene del paziente
Gli effetti dell'igiene personale, oltre che dar luogo ad un benessere fisico e psichico, si riflettono sull'integrità della cute stessa che nella disabilità viene spesso trascurata. La pulizia quotidiana concorre, infatti, a garantire, e di conseguenza mantenere attive, le funzioni che alla cute sono attribuite. Non meno importanti sono gli effetti sulla sfera sociale di ciascun individuo. Ogni persona costruisce una propria rete di relazioni, la cui stabilità può essere senza dubbio favorita o inficiata dalla mancanza di cure igieniche.
I bisogni igienici dei pazienti autonomi e deambulanti
I bisogni di questi pazienti sono identici a quelli dei soggetti sani. Da parte del caregiver rimane il compito di vigilanza che il paziente svolga queste operazioni nel miglior modo possibile. In caso di pazienti non autosufficienti, i trattamenti igienici sono conseguenti al loro grado di disabilità e al tipo di patologia in atto. Il medico e l'infermiere provvederanno a dare i consigli di base per provvedere all'aiuto dei soggetti che sono ancora capaci di andare in bagno da sole e a provvedere, conseguentemente, alle loro necessità, magari fornendo un aiuto nell'espletare le operazioni necessarie. Ad esempio, a far sì che possano provvedere al taglio delle unghie delle mani senza ferirsi e a predisporre l'operazione per i piedi fornendo un bagno di acqua calda con sapone liquido alto detergente e emolliente. Oppure ad aiutare il paziente nel lavaggio delle parti del corpo che non riesce a raggiungere autonomamente (ad esempio i polpacci e i piedi la cui cute tende a squamare).
I bisogni di igiene dei pazienti allettati
A causa della loro condizione di disabilità motoria e dello stazionamento a letto, Per questi pazienti è necessario provvedere con grande attenzione e frequenza. Le operazioni igieniche di maggiore complessità sono riferite alla possibilità di fare il bagno a letto o il lavaggio dei capelli e delle parti intime. Si ricorda che l'igiene della regione perineale è particolarmente importante poiché è una zona naturalmente umida che favorisce la moltiplicazione batterica e ricca di ghiandole sudoripare, responsabili del cattivo odore. Una buona igiene di questa zona contribuisce a promuovere il benessere del malato perché previene la formazione di cattivi odori e la comparsa di manifestazioni quali arrossamenti, macerazioni, infezioni. Deve essere effettuata una vota al giorno, e se il paziente è incontinente, va ovviamente eseguita tutte le volte che è necessario.
Per maggiori dettagli su queste operazioni si invita a leggere questo articolo
Come mettere il pannolone ad una persona allettata
Chi assiste una persona non autosufficiente si trova spesso alle prese con i pannoloni. La scelta del pannolone giusto ed il suo corretto posizionamento, anche se in principio può sembrare semplice, in realtà potrebbe non esserlo affatto, soprattutto per chi si trova alle prime armi e se la persona che si assiste non è in grado di collaborare ai cambi.
La scelta del pannolone giusto è di fondamentale importanza per ottenere un assorbenza ottimale di urine e feci. Per individuare la taglia corretta è sufficiente prendere la misura della circonferenza vita all’altezza dell’anca della persona assistita, utilizzando un metro a nastro e poi confrontarla con la seguente tabella di misurazione:
Come cambiare il pannolone con il paziente allettato
Una volta individuata la misura corretta, per il posizionamento del pannolone basta seguire queste semplici regole:
- Estrarre il pannolone, aprirlo e stendere bene le ali, tirando con delicatezza.
- Piegare il pannolone longitudinalmente, avendo accortezza che le barriere anti fuoriuscite si sollevino dopo aver girato l’assistito su un lato, far passare il pannolone tra le gambe da davanti a dietro.
- Una volta steso il pannolone posteriormente, assicurarsi che sia bene allineato con la colonna vertebrale.
- Con il paziente in posizione supina, stendere bene la parte frontale del pannolone (se la taglia è corretta rimane sotto l’ombelico).
- Assicurarsi che i genitali appoggino bene all’interno delle barriere e sul corpo assorbente e tirare sul davanti le ali.
- Le ali devono avvolgere bene i fianchi, fissarle con l’adesivo in posizione leggermente obliqua verso il basso facendo attenzione a non sovrapporle.
Questa descrizione potrebbe far apparire questa operazione complessa, mentre invece nella pratica è una operazione assai semplice e facile da eseguire correttamente con un minimo di pratica. Un suggerimento proposto è quello di guardare il seguente video sulle modalità del cambio del pannolone in un adulto allettato. Per aprire clicca qui
La frequenza dei cambi dipende dal grado di incontinenza, dalla quantità di liquidi ingeriti, dalla quantità di urine prodotte e dal grado di assorbenza del pannolone scelto. Alcune patologie, come ad esempio il diabete mellito e le infezioni urinarie, determinano un’aumentata produzione di urine. Per questi pazienti può dunque essere necessario effettuare il cambio del pannolone più spesso nell’arco della giornata. La gestione del cambio del pannolone esige accortezza nel valutare le patologie in atto e la quantità di liquidi ingeriti: non c’è un numero di cambi giornaliero prestabilito.
Le risorse
Per far fronte al suo impegno, il caregiver può contare non solo sulle sue risorse personali, ma anche sulla sua capacità di sfruttare le risorse dell'ambiente circostante (amici, parenti, istituzioni), chiedendo un aiuto concreto per poter alleggerire il carico e/o fare delle pause nell'assistenza, in modo da avere il modo di recuperare le energie.
Una risorsa importante è una buona informazione sulla malattia, sulla sua evoluzione e sulle cure disponibili, porsi obiettivi realistici e non attendersi "miracoli". L'esperienza di caregiving può anche associarsi a sensazioni positive, come una sensazione di soddisfazione e stima di sé, purché l'assistenza non diventi lo scopo della propria vita.
Fattori di personalità. Alcuni studi hanno riportato che una personalità estroversa si associa a minori livelli di stress, verosimilmente perché le persone con questo tipo di personalità sono tendenzialmente più propense a cercare aiuto e quindi a condividere il carico assistenziale.
Strategie di coping. "Coping" è un altro termine anglosassone entrato nell'uso comune anche nel nostro paese. Si tratta della capacità di fronteggiare lo stress. Di fatto non è lo stress in sé che determina il "carico" fisico ed emozionale, bensì il modo in cui lo si affronta, i comportamenti e gli atteggiamenti che assumiamo. Tutto questo si esprime nel nostro stile di coping, ovvero nel tipo di strategia che mettiamo in atto per affrontare lo stress. Un coping efficace è orientato al problem solving, piuttosto che all'eliminazione di una emozione negativa. Questo significa ad esempio che di fronte ad un comportamento problematico, è più efficace cercare di capire come si può prevenire o estinguere, piuttosto che adottare una condotta "accondiscendente" per evitare lo stress emozionale che ne deriva. Pur essendo la prima strada inizialmente più difficoltosa e impegnativa, può dare buoni risultati a lungo termine, mentre la seconda presenta solo un sollievo temporaneo.
Lo stress assistenziale
L'enorme carico assistenziale che il caregiver familiare deve sopportare lo sottopone a uno stress molto intenso. È il cosiddetto “burden del caregiver”, un malessere profondo che, se non riconosciuto e affrontato, può compromettere l’equilibrio psicofisico della persona e la qualità delle cure prestate.
Questa condizione è la conseguenza delle tante incombenze quotidiane da gestire, che possono portare il caregiver a trascurare e a sacrificare la vita personale, sociale e professionale per l'impossibilità di conciliarla con l'impegno di cura. A scatenare lo stress sono anche i sentimenti contrastanti con cui si trova spesso a fare i conti: la preoccupazione, la frustrazione per le rinunce, il timore di non essere all'altezza di un ruolo per cui non si hanno preparazione e competenze adeguate, la voglia di fuggire dalle responsabilità e il senso di colpa che questo desiderio, per quanto legittimo, provoca.
Tutela del caregiver
Assistere un familiare malato o in fin di vita ha ripercussioni psicologiche importanti. L' evolvere della patologia ha un forte impatto non solo sulla persona malata, ma anche sul caregiver e tutto il contesto familiare. In questa situazione preoccupazione e tristezza sono sentimenti naturali, ma spesso la figura che deve assistere può trovarsi a dover affrontare problemi diversi come stress, ansia e depressione: a generarli è il carico di responsabilità che grava sul caregiver, il coinvolgimento emotivo che lo lega al "paziente", l'impossibilità di prendersi una pausa ed il senso di frustrazione e impotenza che deriva dal vedere il proprio caro in difficoltà.
Questi sintomi sono spesso legati poi ad un crescente senso di colpa che il caregiver avverte nel provarli. Si tratta di manifestazioni definite come Burden of illness, o più semplicemente Burden: con questo concetto si intende lo stato che deriva dal carico assistenziale (psicologico o fisico o sociale) prestato in maniera prolungata e continuativa dal caregiver. Questi fattori non sono da sottovalutare e vanno opportunamente misurati: il carico assistenziale non deve essere troppo gravoso, per evitare che questo influisca negativamente sulla salute del caregiver e sulla propria qualità della vita.
Nel mondo anglosassone, dove la figura del caregiver ha un perimetro normativo più definito, esistono associazioni riconosciute che si occupano della tutela del caregiver, fornendo utili consigli per chi si ritrova ad accudire con continuità la persona malata:
- la malattia della persona assistita non deve essere costantemente al centro dell’attenzione del caregiver;
- il compito è molto impegnativo ed è giusto che un caregiver trovi spazi e momenti di svago. È importante dunque rispettarsi e apprezzarsi;
- i sintomi di depressione, del malato ma anche del caregiver, vanno monitorai;
- è opportuno accettare l’aiuto di altre persone che possono svolgere compiti specifici al posto del caregiver;
- imparare il più possibile sulla patologia del malato è importantissimo: conoscere aiuta;
- è importante far valere i propri diritti sia come persona che come cittadino.
Sostenere il carico assistenziale di un proprio caro può portare conseguenze importanti per il caregiver. Ci sono molte variabili che intervengono nello svolgimento di questa attività come i diversi contesti familiari, i bisogni della persona malata e l'emotività di chi assiste ma è possibile identificare dei consigli di carattere generale che possono aiutare a sostenere più serenamente questo ruolo:
- imparare ad esprimere i propri bisogni
- concedersi alcuni momenti di pausa
- vigilare sulla comparsa dei sintomi del Burden
- non essere troppo severi con se stessi
- condividere le proprie emozioni
- confrontarsi con altri caregiver
- chiedere aiuto ad altre persone che possano sostituire il caregiver per specifici compiti
- riconoscere ed accettare il fatto di aver bisogno di aiuto e supporto
Il decalogo del caregiver
Elenchiamo di seguito alcuni consigli, utili per sostenere più serenamente il ruolo di caregiver:
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- Non permettere che la malattia del tuo assistito sia costantemente al centro dei tuoi pensieri.
- Concediti alcuni momenti per te.
- Rispettati e apprezzati. Stai svolgendo un compito molto impegnativo.
- Vigila sulla comparsa di sintomi di depressione (insonnia, stanchezza, tendenza all'isolamento).
- Chiedi e accetta l'aiuto di altre persone, che possono svolgere specifici compiti in tua vece.
- Cerca il supporto di altri caregiver; sapere di non essere soli dà molta forza.
- Impara il più possibile sulla patologia del tuo caro e sulle cure disponibili: conoscere aiuta.
- Avvantaggiati di tutte le tecnologie e delle idee che possono favorire l'indipendenza del tuo assistito.
- Piangi per tutte le cose che hai perso, ma lascia spazio a nuovi sogni.
- Difendi i tuoi diritti di cittadino e caregiver.
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