La malattia di Parkinson: descrizione, terapia e caregiver
ultimo aggiornamento del 5 aprile 2024
Definizione
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell'equilibrio. La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile. L'età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara. Sopra i 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l'età è superiore agli 85.
Le strutture coinvolte nella malattia di Parkinson si trovano in aree profonde del cervello, note come gangli della base (nuclei caudato, putamen e pallido), che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti (ma non solo). La malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente. I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla degenerazione di neuroni, in un'area chiamata Sostanza Nera (la perdita cellulare è di oltre il 60% all'esordio dei sintomi). Dal midollo al cervello cominciano a comparire anche accumuli di una proteina chiamata alfa-sinucleina. Forse è proprio questa proteina che diffonde la malattia in tutto il cervello. La durata della fase preclinica (periodo di tempo che intercorre tra l'inizio della degenerazione neuronale e l'esordio dei sintomi motori) non è nota, ma alcuni studi la datano intorno a 5 anni.
Per approfondire in termini generali
La malattia di Parkinson, sovente definita come morbo di Parkinson, Parkinson, parkinsonismo idiopatico, parkinsonismo primario, sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante è una malattia neurodegenerativa. I sintomi motori tipici della condizione sono il risultato della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina. Tali cellule si trovano nella substantia nigra, una regione del mesencefalo. La causa che porta alla loro morte è sconosciuta.
Aspetti della terapia
sintesi di Alessandro Bruni, da Parkinson Italia
Autosservazione Con la tecnica dell’autosservazione si pone attenzione verso se stessi oppure verso qualcosa che ci riguarda. L’obiettivo dell’autosservazione è di imparare a riconoscere quali sono le sensazioni, gli stati d’animo, i pensieri e i comportamenti che si hanno in determinate situazioni. Annotare in un diario le proprie osservazioni offre la possibilità di ricordare più facilmente tutto ciò che si è provato durante il giorno a livello emotivo, mentale e fisico. In caso di ansia, si può ad esempio scrivere: “Questa situazione mi ha causato ansia”. Stessa cosa per la rabbia, la gelosia, la tristezza, l’apatia. Per ciò che riguarda l’aspetto psichico si possono annotare i pensieri che hanno dato più fastidio, quelli ripetitivi, quelli ossessivi, in modo da portarli alla luce della consapevolezza e, quindi, essere nella giusta direzione per il cambiamento. A livello fisico si possono osservare i movimenti corporei e descriverli nel proprio diario. Per il malato di Parkinson può essere estremamente utile indicare i momenti della giornata durante i quali ha difficoltà motorie, movimenti indesiderati (discinesie), altri sintomi non motori disautonomici (o del sistema neurovegetativo).
Nella malattia di Parkinson, i sintomi si manifestano in modo differente da persona a persona e, per di più, i sintomi e la risposta ai farmaci variano nella medesima persona da un giorno all’altro. Non per tutti i pazienti sono indicati gli stessi farmaci e neppure gli stessi dosaggi. Nel decorso della malattia si rende anche necessario cambiare la tipologia di farmaco e i dosaggi. Un’associazione di diversi farmaci è spesso l’unico modo per garantire il migliore controllo dei sintomi.
I sintomi della malattia di Parkinson Se in generale l’autosservazione può essere utile per tutte le persone, è particolarmente d’aiuto per le persone con malattia di Parkinson. Questa patologia, infatti, può causare una grande varietà di sintomi, molti dei quali vanno e vengono in momenti diversi della giornata o nell’arco della settimana. La malattia di Parkinson porta dei cambiamenti nella vita della persona e l’imprevedibilità dei sintomi complica la gestione della stessa malattia. L’autosservazione può aiutare la persona a comprendere meglio la propria patologia rendendola maggiormente gestibile. Con l’autosservazione, il malato può rendersi conto in quali situazioni i sintomi peggiorano e, viceversa, quando migliorano. Di conseguenza, può cercare di favorire le circostanze in cui il benessere aumenta e riconoscere per tempo le situazioni in cui i sintomi possono peggiorare in modo da poterli contrastare più efficacemente. L’autosservazione può, quindi, aiutare a rendere maggiormente prevedibile l’andamento della malattia di Parkinson.
Il neurologo deve cercare di trovare il giusto equilibrio: alleviare i sintomi della malattia e nel contempo evitare le complicazioni legate ai trattamenti farmacologici. Questo equilibrio deriva dalla valutazione del neurologo su ciò che è meglio per il paziente, in base alle sue caratteristiche individuali che comprendono non solo gli aspetti della disabilità, ma anche l’età, l’attività lavorativa ed il contesto sociale in cui vive, oltre allo stadio di progressione della patologia.
Trattamento farmacologico La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa causata dalla progressiva morte delle cellule nervose (neuroni) situate nella cosiddetta sostanza nera, una piccola zona del cervello che, attraverso il neurotrasmettitore dopamina, controlla i movimenti corporei. Il trattamento farmacologico attuale della malattia di Parkinson si basa principalmente sulla correzione del deficit di dopamina. I principali farmaci per il trattamento della malattia sono:
- Levodopa, il farmaco più efficace per la cura della malattia di Parkinson. La levodopa è un precursore della dopamina e sopperisce alla sua carenza. Purtroppo, a distanza di alcuni anni dalla sua regolare assunzione compaiono numerosi effetti collaterali, in particolare fluttuazioni motorie (durante la giornata il malato presenta delle variazioni consistenti nella sua capacità di movimento) e discinesie (movimenti involontari).
- Dopaminoagonisti: a differenza della levodopa, vanno a stimolare direttamente i recettori dopaminergici a livello cerebrale sui recettori post-sinaptici. I dopaminoagonisti possono essere utilizzati da soli all’inizio della malattia o in associazione alla levodopa e ad altri farmaci nelle fasi più avanzate.
- Inibitori enzimatici: ne esistono di diversi tipi servono per ridurre gli effetti periferici, in associazione alla levodopa per aumentarne la permanenza nel sangue, per bloccre l’enzima che metabolizza la dopamina nel cervello.
- Anticolinergici: efficaci in particolare contro i tremori, non vengono somministrati in caso di ipertrofia prostatica e di glaucoma (pressione alta dell’occhio) e al di sopra di 70 anni perché facilitano i disturbi della memoria.
- Amantadina: un tempo utilizzata nella terapia della fase iniziale della malattia di Parkinson, è attualmente impiegata con lo scopo di ridurre alcuni degli effetti collaterali (movimenti involontari o discinesie).
Caregiver e Parkinson
tratto da Parkinzone e da Parkinson in Piemonte
sintesi di Alessandro Bruni, per definire compiti e competenze generali dei caregiver familiari, aprire questo link
Approccio al paziente. Il morbo di Parkinson comporta un rischio di crisi profonda e di destabilizzazione all’interno della famiglia del malato. Le richieste di cure fisiche, emotive e sociali rivolte ai familiari comportano una serie di adattamenti, di cambi di ruolo e di funzioni che portano, infine, allo sconvolgimento dell’identità e della struttura familiare, che si trova spesso a fronteggiare in solitudine il loro dramma accompagnato da un forte senso di abbandono da parte della autorità locali.
Poiché si tratta di una malattia cronica e progressiva, occorre che i familiari conoscano le sue caratteristiche per imparare ad accettarla e a gestirla, quindi senza subirla e senza lasciarsi sconfiggere dallo sconforto.
Le sfide che si presentano nella cura del malato parkinsoniano possono diventare insostenibili sia per il familiare che per il caregiver più esperto, in particolar modo quando il morbo si avvicina alle sue fasi avanzate. Il benessere dello stesso caregiver, per quanto correttamente formato, può facilmente essere minacciato da sentimenti di impotenza, di privazione della propria vita privata e quindi di rabbia e di abbandono, irritabilità, mancanza di energia, cambiamenti della regolarità del sonno, ecc. Ne consegue che la gestione psicologica del caregiver dovrà essere ripresa più volte nel corso della vita o resa addirittura continuativa.
Spesso i sentimenti di violazione della propria integrità psicofisica, rappresentata dalla diagnosi del morbo, portano alla comparsa di sintomi psicologici ancor prima di quelli motori. In senso strettamente medico la persona si trova di colpo a dover fronteggiare quotidianamente crescenti difficoltà motorie, oltre agli sgradevoli effetti delle cure farmacologiche.
Per sopportare una situazione così destabilizzante l’individuo è portato a ricorrere a difese psicologiche interne che, se protratte oltre la gestione iniziale dell’ansia e senza un adattamento al decorso della malattia, possono assumere tratti fortemente disfunzionali. Considerati tali rischi, diventa necessario prestare molta attenzione al primissimo periodo post-diagnosi e al percorso di accettazione della malattia.
Nel prendersi cura di una persona sofferente, il caregiver dedica molte delle sue energie all’altro. In alcuni casi, inconsciamente il caregiver impiega nella cura e nell’accudimento del malato molte più energie e più fatica di quanta ne possiede, con il rischio di un cedimento psichico e fisico con la possibilità concreta di non riuscire ad essere nemmeno più d’aiuto. E’ dunque fondamentale che i caregiver possano partecipare a servizi di ascolto psicologico anche occasionali, intesi ad accogliere i vissuti di sconforto e di maturazione, e a raccogliere risposte informative e supporto emotivo.
Per il caregiver convivere con la malattia è un tema complesso. Il Parkinson è una presenza quotidiana. La malattia chiede di adattarsi ad una serie di cambiamenti, invita a cercare un nuovo modo di vivere, a cambiare visione sulle cose, a modificare il proprio atteggiamento e comportamento.
Le difficoltà invadono, in ogni momento, tutte le dimensioni della vita e coinvolgono l’intera famiglia. La presenza di una malattia cronica contribuisce a creare nuovi assetti familiari: l’assistenza può espandersi in maniera predominante al punto da occupare completamente l’intera relazione tra i familiari e divenire una fonte costante di stress. Molte volte il caregiver si trova solo nel cercare di risolvere i nuovi problemi imposti dalla malattia del congiunto e deve far fronte a non trascurabili problemi di vario ordine.
È comune, tra i caregiver, sentirsi soli, isolati visto che è necessario prestare assistenza al malato “sempre”. La gravosità del carico assistenziale può far sviluppare sensi di colpa, frustrazione, impotenza e stanchezza; a volte può generare atteggiamenti di aggressività verso la persona malata. Le energie di chi assiste vengono logorate dall’assistenza stessa, dagli investimenti emotivi e fisici richiesti, nonché dalle implicazioni sociali e morali insite in tale attività.
Fasi di elaborazione della malattia. Per comprendere le dinamiche psicologiche più frequentemente riconoscibili nelle persone a cui viene diagnosticata una malattia organica, in letteratura solitamente si fa riferimento ad un modello a cinque fasi (Elisabeth Kübler-Ross, 1970). Queste fasi, presenti parallelamente nel malato e nei familiari, possono alternarsi, presentarsi più volte nel corso del tempo, con diversa intensità e senza un preciso ordine.
- Fase della negazione o del rifiuto: di fronte ad una diagnosi di malattia la prima cosa che solitamente si prova è lo shock; si attivano meccanismi di difesa che accompagnano nel confrontarsi con una realtà che non si era preparati ad affrontare, per proteggere da un’eccessiva ansia e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi; questo spesso porta a consultare medici diversi, nella speranza che scoprano un errore nella diagnosi.
- Fase della rabbia: nel momento in cui le procedure mediche impongono la realtà, inizia la reazione e possono manifestarsi emozioni forti, quali rabbia e paura, che possono rivolgersi in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, la fede. È una fase molto delicata, poichè rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.
- Fase della contrattazione: successivamente inizia la fase dell’elaborazione, ovvero si inizia a rendersi conto che la malattia esiste e si smette di negarla; è la presenza delle medicine, unitamente all’evidenza dei sintomi, che costringe a vederla e da inizio ad una fase durante la quale si cerca di dare un significato a ciò che èsuccesso, si riflette sul passato, sui progetti mai realizzati e ci si interroga sul futuro, immaginando una progettualità coniugata ad un nuovo stile di vita. In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita e cerca di mettere in atto il fattibile.
- Fase della depressione: rappresenta un momento nel quale la persona inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce. La presa di coscienza dei cambiamenti avvenuti non permette più di negare la propria condizione di salute; si prende coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta.
- Fase dell’accettazione: quando la persona ha avuto modo di elaborare quanto accaduto, ha accettato la sua situazione e ha consapevolezza di quanto potrà accadere, può giungere all’ultima fase, quella del ri-orientamento. Una condizione che permette di trovare i modi per convivere al meglio con la malattia, di affrontare e superare le difficoltà, raggiungendo via via un nuovo equilibrio.
Consigli utili per caregiver che si occupano di persone con Parkinson
Non esiste una cura nota per il Parkinson, anche se la ricerca si sta muovendo in questa direzione. Fino a quel momento, la malattia può solo essere gestita. L’efficacia delle cure dipende tanto dalla quantità e qualità di assistenza in casa, tanto da quella fatta in studio dal medico. I caregiver sono fondamentali nell'assistenza e nel sostegno a casa delle persone con Parkinson, per questa opera devono conoscere la patologia, ma anche i modi in cui possono contribuire a mitigare i danni e aiutare i pazienti a mantenere una buona qualità di vita. Di seguito sono riportati alcuni suggerimenti che possono aiutare i caregiver familiari nel loro compito:
Farmaci:
- Conservate i farmaci nei loro contenitori originali.
- Tenete a portata di mano l’elenco dei farmaci che il malato deve assumere, nel caso qualcun’altro debba somministrarli al vostro posto.
- Portate quest’elenco ad ogni appuntamento col medico, soprattutto se non è al corrente della situazione.
- Utilizzate dei “promemoria” per ricordarvi l’ora del giorno in cui assumere il farmaco.
- Tenete informati sui farmaci anche gli altri membri della famiglia e gli amici, soprattutto se siete l’unica persona che assiste il malato.
- Se notate dei comportamenti “compulsivi” o vistosi cambi di personalità da parte del paziente, parlatene prima con lui e poi col medico curante.
Stile di vita:
- Il Parkinson non richiede necessariamente cambiamenti nel vostro stile di vita durante la notte, ma, col progredire della malattia, ci sarà bisogno di qualche cambiamento.
- La fisioterapia e le cure complementari possono essere necessarie per contrastare le difficoltà di movimento che appariranno nel corso del tempo.
- I farmaci riescono a contrastare alcuni di questi problemi, ma alla lunga perdono la loro efficacia e deve essere fatta anche una terapia fisica.
- Trovare il giusto programma di esercizio fisico è importante, occorre però, rallentare o limitare determinati tipi di attività.
- Per esempio, se il malato ama nuotare, fate in modo di andare con lui, infatti, se dovesse succedere un episodio di “freezing” (blocco motorio) in piscina, potrebbe essere pericoloso.
- Invece di correre, camminare a piedi può diventare un’alternativa più piacevole.
- È importante discutere i programmi di esercizi con il medico, che può suggerire attività per tenere il corpo attivo e sano allo stesso tempo.
- Fare un’attività motoria. C’è il rischio che il malato si “chiuda” più del dovuto in una vita sedentaria come conseguenza dei sintomi – ad es. la paura di cadere – e che ciò comporti un decadimento fisico più veloce. Occorrerà quindi motivarlo e stimolarlo a non lasciarsi andare.
Dieta:
- La dieta è particolarmente importante. Se il malato è in sovrappeso, è necessario iniziare una dieta. Anche se l’obesità non è una causa della malattia di Parkinson, può essere un ulteriore fattore limitante nel movimento.
- Se si verificano dei problemi, come la deglutizione, modificando i tipi di alimenti nella dieta si può ovviare a questa difficoltà.
- Anche una eccessiva salivazione può ostacolare la deglutizione, pertanto può essere utile e opportuno limitare i cibi che tendono a farla aumentare.
- La dieta è importantissima anche per il funzionamento dei farmaci.
Viaggi:
- Molte persone ritengono che la malattia limiti la loro capacità di viaggiare e di godersi la pensione. Al contrario, le persone con il Parkinson possono ancora viaggiare, ma hanno solo bisogno di pianificare meglio il viaggio, al fine di renderlo il più piacevole possibile.
- Se dovete prendere l’aereo, arrivate in aeroporto un po’ di tempo prima del necessario per compensare le difficoltà di movimento che possono insorgere durante i controlli di sicurezza.
- Fate un doppio controllo dei farmaci per assicurarvi di averne a sufficienza per il viaggio.
- Se, per qualsiasi motivo, non fosse possibile ritornare a casa nel tempo previsto, è necessario avere i farmaci a disposizione.
- Se non potete portare con voi i medicinali necessari, controllate se sono disponibili nel Paese dove sarete in viaggio.
- Tenete i numeri di emergenza memorizzati in luoghi diversi, averli solo nella valigia, ad esempio, può essere un problema se il bagaglio dovesse venir perso.
- Se è possibile, portate con voi una piccola borsa con i farmaci extra e i numeri di telefono di emergenza, compreso quello del vostro medico.
- Pianificate anche il tempo del riposo durante la vacanza, spesso si tende a voler fare tutto in un unico giorno.
- Se è possibile, prolungate la vacanza di qualche giorno in modo da non sentirvi troppo stressati.
Tratto con sintesi ed estrapolazione da Parkinson-Italia a cui si rimanda per completezza aprendo questo link
Raccolta dei post di Madrugada blog dedicati alla malattia di Parkinson
Madrugada blog è sempre stato sensibile al tema del Parkinson. Nella raccolta proposta sono presenti articoli di recente pubblicazione che spaziano dagli aspetti scientifici a quelli sociali con un aggiornamento continuo di notizie e riflessioni socio-sanitarie.
per leggere la raccolta dei post di Madrugada blog aprire questo link