sintesi di Alessandro Bruni, tratta da Igea il 29 novembre 2024.
Il Disturbo dello Spettro Autistico rappresenta un insieme eterogeneo di Condizioni del Neurosviluppo che si manifestano in età precoce (nei primi tre anni di vita), caratterizzate principalmente dalla difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale nonchè dalla presenza di comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi. Tali disturbi coinvolgono l’intero sviluppo mentale dell’individuo.
E’ oggi noto che l’autismo sia presente in famiglie di ogni razza, religione ed estrazione sociale e che essi hanno problemi nell’interagire con le persone in generale e non esclusivamente con i genitori.
Un punto cruciale dell’autismo, sarebbe rappresentato dal mancato sviluppo della cosiddetta “Teoria della mente” (ToM) che favorisce la negoziazione dei significati necessaria per paragonare le reciproche rappresentazioni mentali degli oggetti e degli eventi. L’acquisizione di una corretta teoria della mente rappresenta un fondamento centrale per lo sviluppo normale della comunicazione nei bambini.
Secondo alcuni ricercatori, gli autistici avrebbero, appunto, un deficit specifico che riguarderebbe la comprensione della mente nelle altre persone. Un’altra particolarità è rappresentata dai cosiddetti “isolotti di capacità”, con i quali si intendono particolari forme di intelligenza presenti in circa il 10% dei soggetti autistici. Questi ultimi, per esempio, possono essere dotati di grandi abilità specifiche analitiche e di memoria. Un’ulteriore caratteristica è la ripetitività con una condotta monotona nei movimenti che si può spiegare attraverso la rigidità e le “routine elaborate” utilizzate nell’azione, nel linguaggio e nel pensiero.
In passato, le teorie dominanti pensate all’origine dell’autismo sono state quelle psicoanalitiche, che guardavano alla malattia come risultato di un disturbo precoce della relazione materna e familiare basata sulla “colpevolizzazione” della madre del soggetto autistico. Gli approcci moderni, sostengono invece che alla base ci sia una componente biologica costituzionale e che possono essere presenti differenti forme di disfunzione cerebrale che danno come risultato lo sviluppo di un definito più propriamente Disturbo dello Spettro Autistico.
Molteplici sono le cause che possono determinare queste anomalie: in alcuni casi esse sono dovute a fattori genetici, danni cerebrali presenti durante la gravidanza, il parto o il periodo pre-natale e in alcuni casi sono causate da problemi specifici associati a particolari condizioni cliniche. Studi condotti mediante la risonanza magnetica funzionale hanno evidenziato che le aree cerebrali più colpite sono:
- il tronco cerebrale e il sistema limbico, in cui hanno sede vari sistemi automatici che presiedono alla regolazione dei ritmi, della memoria, della capacità nel coordinare l’interazione sociale e affettiva;
- il cervelletto, le cui alterazioni si esprimono in difficoltà nella coordinazione dei movimenti motori, deficit di interazione sociale e appiattimento affettivo;
- i lobi frontali e prefrontali, associati alle funzioni esecutive, alle capacità legate alla teoria della mente e all’attenzione visiva.
- le alterazione dei lobi frontali potrebbero essere responsabili di alcuni sintomi tipici quali il distacco sociale e l’incapacità di generalizzare, di comprendere storie, di ricercare visivamente figure nascoste, di processare stimoli sociali.
Di fatto, le cause dell’autismo sono a tutt’oggi sconosciute.
La famiglia del bambino affetto da autismo che si trova a dover far fronte a una tra le situazioni più stressanti se confrontate con le difficoltà implicite in altri disturbi infantili. Ciò dipende sia dal fatto che la diagnosi viene elaborata dopo un lungo arco di tempo caratterizzato da incertezze, ansie e preoccupazioni da parte dei genitori che continuano a sperimentare un rapporto disfunzionale con il proprio figlio, sia a causa delle manifestazioni comportamentali problematiche.
Spesso i genitori si trovano a dover affrontare il senso di frustrazione e impotenza di “non avere un bambino” o di averne uno inaccessibile perciò spesso l’autismo viene definito come patologia “invisibile” in quanto i sintomi sono spesso ambigui e nulla nell’aspetto fisico sembra far presagire la presenza del disturbo. L’accumulo di queste condizioni stressanti può generare una crisi all’interno del nucleo familiare, mettendo a rischio il benessere dei singoli membri e del sistema globale.
Svariate ricerche hanno messo in luce come i genitori di bambini con autismo riportano spesso un maggiore stress legato alle funzioni di accudimento rispetto ai genitori di bambini non disabili o con altre forme di disabilità, sottolineando la stretta relazione tra sintomatologia autistica e stress genitoriale. Ciò è dovuto:
- alla situazione di sgomento in cui la vita genitoriale precipita nel notare che il figlio autistico, apparentemente non autistico, dinanzi al genitore, mostra poi in concreto un’indifferenza, per cui i genitori si sentono rifiutati dal bambino che non corrisponde ai loro sentimenti;
- ai problemi di comportamento del loro bambino, soprattutto se il bambino sviluppa atteggiamenti auto ed etero aggressivi, davanti ai quali la famiglia spesso non sa come reagire.
Le madri dei bambini con autismo vivono esperienze più faticose e stressanti rispetto alle madri con figli con sindrome di down, con peggioramento della salute e delle relazioni interpersonali , una compromessa qualità di vita e preoccupazione per il benessere psico-fisico dei figli (bullismo, stereotipie). Le famiglie raggiungono un equilibrio interno grazie all’attivazione di strategie di coping individuali e/o familiari e alcune ricerche hanno evidenziato che i genitori che adottano strategie di fuga e di evitamento riportano livelli di stress più elevati rispetto ai genitori che adottano strategie di ristrutturazione positiva.
I genitori, gravati dal duro compito assistenziale, sentono la necessità di ritagliarsi dei momenti per sé in cui dedicarsi ad altre attività o in cui, più semplicemente, “staccare la spina” dai problemi quotidiani legati all’accudimento di un figlio autistico e ciò dovrebbe essere favorito in un lavoro di rete che comprende non solo il caregiver ma l’intero contesto ambientale in cui il bambino autistico è inserito.
La famiglia è il primo ambiente nel quale ogni bambino si trova a vivere; l’integrazione nell’ambiente familiare è quindi il primo obiettivo educativo nei confronti del bambino autistico. Aiutare il bambino autistico a sviluppare le sue capacità sociali e i suoi interessi nell’ambiente domestico deve costituire il primo passo del processo riabilitativo e ha come obiettivo il miglioramento della qualità di vita propria e dell’intera famiglia; il benessere del bambino e la sua educabilità sono infatti imprescindibili dal benessere della famiglia in cui lo stesso è inserito, infatti come affermato da alcuni studiosi: “Non è la disabilità del bambino che svantaggia e disintegra le famiglie: è il loro modo di reagire ad essa e tra di loro”.
per leggere l'articolo completo aprire questo link