Perché un vademecum?
Perché vuole essere un prontuario di consultazione di nozioni pratiche sullo spettro autistico, fornendo piccoli approfondimenti degli aspetti sociali e psicologici dei caregiver familiari. Questo vademecum sarà continuamente aggiornato: ultimo aggiornamento dicembre 2024.
Di cosa stiamo parlando
L’autismo consiste in un disturbo pervasivo dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e socializzazione. E’ associato a comportamenti inusuali, stereotipati o ripetitivi e a un'alterata capacità immaginativa. Attualmente non si conosce l’origine della condizione e la si considera una sindrome comportamentale associata a una anomalia dello sviluppo e della mente, prodotta sia da fattori genetici che da fattori ambientali.
Si tratta quindi di un disturbo neurologico multifattoriale estremamente complesso poiché riguarda sia individui che non presentano ritardi cognitivi o del linguaggio particolari, sia individui con una compromissione grave e manifestazioni psicotiche. L’ampia gamma di tipologie autistiche comporta quadri clinici molto diversi e trattamenti terapeutici progettati “ad hoc” sulla tipologia del paziente.
Questa condizione complessa e diversificata ha determinato nella storia della sindrome diagnosi e processi terapeutici diversificati e molto spesso erronei con una differente considerazione dei pazienti sul piano socio sanitario oscillando tra nessuna considerazione, definizioni psichiatriche con conseguente ospedalizzazione (manicomi) e indicazioni di terapia familiare. Quindi con aspetti di presa in carico assai differenti in relazione alla gravità della sindrome e difficoltà a creare equipe medico-sociali che fornissero una diagnosi e una terapia frutto di competenze differenti non per sintesi specialistiche ma per crasi (mescolanza): una sublimazione metodologica che esige elevata elaborazione qualitativa per essere efficace (per approfondire questo fatto metodologico si veda Volkmar F.R. e McPartland J.C. La diagnosi di autismo da Kanner al DSM-5, Erickson, 2014).
I dati epidemiologici in crescita
I disturbi dello spettro autistico rappresentano un problema di salute pubblica: ne è colpito circa 1-2 per cento della popolazione mondiale. Numerosi studi epidemiologici riportano un aumento costante dei tassi di prevalenza del disturbo autistico nel tempo con un aumento notevole rispetto agli indici di dieci anni fa. I dati italiani riferiti dall'Osservatorio nazionale dello spettro autistico per la giornata mondiale dell'autismo del 2 aprile 2024 sono di 1 bambino su 77, di età compresa tra i 7 e i 9 anni, con una prevalenza di maschi di 4,4 rispetto alle femmine.
Molti pensano, a torto, che l’autismo sia un disturbo psicologico, mentre invece si tratta di una anomalia dello sviluppo neurologico le cui cause sono essenzialmente genetiche (finora sono stati scoperti oltre 100 geni responsabili dell’autismo, ma ben altri 600 sono sospettati). Resta da spiegare il contributo di ogni gene mutato ai diversi sintomi. Nell’autismo la componente genetica, secondo risultati di metanalisi, sarebbe compresa tra il 64 e il 91 per cento. Mentre l’influenza dei fattori non genetici, soprattutto ambientali, sarebbe compresa tra il 7 e il 35 percento. inoltre i geni coinvolti nell’autismo sono in gran parte comuni ad altre patologie, come i disturbi dell'attenzione con iperattività (oltre il 50 per cento di geni in comune) e i disturbi dell’apprendimento come la dislessia (oltre il 40 percento di geni in comune). in altri termini significa che nell’autismo la componente genetica sarebbe mediamente superiore all’80 per cento, mentre gli altri fattori intervengono circa al 20 per cento).
Studi di metanalisi hanno evidenziato che le mutazioni ereditate dai genitori sono rare e corrispondono spesso a una perdita (delezione) o a un guadagno (duplicazione) anche con alterazione di un cromosoma intero determinando casi gravi di autismo. In genere, con alta frequenza, le mutazioni ereditate dai genitori non determinano danni gravi, ma se si concentrano nella stessa persona possono causare un disturbo tra medio e grave. le altre mutazioni autistiche, dette de novo, compaiono spontaneamente nel bambino e non hanno origine genitoriale, essendo determinate durante la divisione cellulare e nelle sviluppo, ma possono provocare disfunzioni di uno o più geni e provocare il disturbo autistico.
Dunque, lo studio dei meccanismi causali dell’autismo non si esaurisce con la genetica: altre variabili, come quelle epigenetiche (modificazioni ereditabili, dovute a fattori ambientali che variano l’espressione genica giocano un ruolo importante.
Data la pluralità delle cause possibili di espressione dello spettro autistico si insinua una variabilità di espressione genica a mosaico differente da caso a caso con un numero di variabili difficili da categorizzare, e conseguentemente per sviluppare una terapia genica specifica, per cui si deve considerare che sono molte le funzioni biologiche che sono alterate nell’autismo, ma quasi tutte sono riconducibili ad azioni sulle sinapsi o alla regolazione dell’espressione dei geni, di qui ai disturbi complessi e multipli legati alla comunicazione cerebrale che si ripercuotono sulle attitudini cognitive. (per approfondimenti si vedano due articoli di divulgazione di Leblond C. et al. e Dumas G. et al. pubblicati in Mind n.174, 2019 e di Volkmar F. 2020).
La ricaduta di queste considerazioni genetiche dell’autismo deve trovare sul piano sanitario, ovvero nella gestione socio-sanitaria di questi pazienti, solo se si possiedono dati certi sul numero di persone con autismo nella popolazione e sulla valutazione della gravità del disturbo; valutazioni tali da fornire una previsione di spesa corretta. Quest’ultima però è assai difficile da raccogliere poiché i dati storici non aiutano essendo profondamente errati a causa di sistemi di classificazione empirici (non probanti) e di gravità proposti precedentemente al MSD, Manuale internazionale di riferimento.
Il DSM–5, attuale, definisce i disturbi dello spettro autistico secondo due principali criteri: deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale in diversi contesti e comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. Inoltre, il numero di persone classificate come autistiche è enormemente aumentato negli ultimi anni nei paesi industrializzati ad alto grado di efficienza socio sanitaria. Ancora oggi i dati previsionali del Ministero della salute si basano per i finanziamenti su dati precedenti di almeno due anni, pertanto risulta difficile dare risposta di spesa nel bilancio del 2024. Di qui la necessità di estrapolazioni che permettano di fare valutazioni di presunzione statistica puntuali sul presente dell’autismo in Italia (in merito si legga un comunicato dell’associazione Cimadori).
Affrontare correttamente le problematiche sociali, oltre che sanitarie dell’autismo (dalle scuole alle famiglie, all’inserimento lavorativo) significa mettere a spesa una cifra notevole, poiché si tratta di seguire e aiutare a vita, nei casi più gravi, individui senza previsione di guarigione, ma con un programma di adeguamento terapeutico in funzione dell’età del soggetto che ha bisogno di interventi socio sanitari di competenza plurima.
Ripensare all’autismo
Sul piano socio sanitario oggi chiunque segua, professionalmente o come caregiver familiare, bambini e adulti con autismo è convinto della necessità di provvedere ad un ripensamento evolutivo di come medicina e società affrontano questa realtà di individui neurodivergenti. Questa comune consapevolezza è basata sul fatto che le modalità diagnostiche e le terapie sono rapidamente cambiate nell’ultimo decennio e necessariamente continueranno a mutare essendo applicate dall’infanzia alla maturità in individui in continuo divenire e che hanno un destino di vita di poco inferiore a quella dei normotipi dovuta sostanzialmente a difficoltà nell’accesso ai servizi di cura della salute. Si può ben capire che sul piano oggettivo e cinico che regola statistica ed economia di spesa questo è un fatto di grande rilevanza che lo Stato stenta ad accollarsi lasciandolo così molto spesso all’economia familiare e alle cure del sistema sanitario privato.
Bisogna anche considerare che negli ultimi vent’anni lo studio dell’autismo è cambiato passando da considerazioni di patologia non curabile diagnosticata con rilievi semeiotici “certi ed incontrovertibili” in età adolescenziale (prima dell’avvento del MSD) a rilievi infantili e comportamentali significativi compresi in uno spettro variabile di neurodiversità (dopo l’avvento del MSD-5-TR. Qui si fa riferimento alla revisione pubblicata in Italia nel 2023 dall’editore Cortina). Due termini neurologici nuovi sono ora correnti sul piano medico e sociale: spettro autistico e neurodiversità come espressioni di più larga e problematica visione del fenomeno autistico. La comprensione dell’autismo si è così estesa a competenze più ampie coinvolgendo non solo le scienze mediche, ma anche la psicologia, la sociologia, la pedagogia, la nutrizione, le scienze motorie e quelle ludiche.
Oggi lo studio diagnostico e terapeutico dell’autismo si basa su due approcci che si integrano a vicenda: i dati genetici consentono di chiarire alcuni importanti dettagli diagnostici sulle cause dell’autismo, ma non riescono a spiegare tutti i passaggi evolutivi che portano alla espressione dell’autismo, mentre i dati psico evolutivi offrono un quadro semeiotico più dettagliato che aiuta concretamente la creazione di un piano terapeutico comportamentale di maggiore speranza soprattutto per i soggetti classificati al primo o secondo grado dell’ MSD.
I pericoli dell’illusione
A questo quadro sanitario istituzionalizzato, sia pubblico che privato, purtroppo, come per altre sindromi di cui non si conosce l’origine, si aggiungono proposizioni di singoli operatori o di piccole realtà sanitarie private che con propositi talvolta mercantili si propongono al pubblico come capaci di risolvere (!?) o di curare (!?) l’autismo. Una deriva che pesca pazienti basandosi sulle sofferenze delle famiglie. Questo aspetto, largamente presente nel web e diffuso anche mediante il passaparola, fornisce notizie di debole o poca scientificità. Questa modalità di proposizione terapeutica certamente non aiuta essendo confusive e di negazione aprioristica, frutto di una cristallizzazione apodittica di dati scientifici, che trovano facile preda nelle famiglie prostrate dalla fatica e dalla sofferenza di accudimento di bambini con l’autismo.
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