Per la famiglia la prima cosa da affrontare è la consapevolezza emotiva e operativa che accompagnerà i suoi componenti per tutta la vita la persona con autismo, sia per il farsi carico del proprio caro autistico, sia per la sofferenza del senso di colpa nel caso in cui, ci si riconosce incapaci di accudirlo, siamo costretti ad affidarlo ad una struttura di comunità accogliente. Una condizione dalla quale si esce con fatica solo con l’accettazione non remissiva, ma di pieno sostegno al bambino con autismo. Bisogna fare un piano familiare, bisogna far funzionare gli operatori al meglio aiutandoli, bisogna essere capaci di mettere in disparte chi ci rende la vita più problematica di quanto già non sia. Vediamo di esplorare qualche dettaglio che è sintesi di percorsi possibili nella realtà italiana:
- Si parte dalla definizione della diagnosi certa attraverso queste tappe; sospetto di autismo, primo accertamento da operatori pubblici locali in scala di competenza specifica: pediatra, neuropsichiatra, centro locale per l’autismo (quest’ultimo con la verificata presenza di una equipe multidisciplinare genetica, neurofisiologica, psicologica comportamentale, logopedistica, psicomotricista, pedagogica). Per una ricostruzione più dettagliata si rinvia a Volkmar F.R. e McPartland J.C. La diagnosi di autismo da Kanner al DSM-5, Erickson, 2014)
- Avuto il primo referto dettagliato è consigliata una visita di controllo in un centro di eccellenza nazionale (si trovano facilmente nel web in città metropolitane, oppure basta chiedere consiglio al proprio pediatra) che solitamente dopo un breve periodo di day hospital formuleranno un referto di dettaglio per l’esecuzione della terapia a livello locale. Questo passaggio è fortemente consigliato soprattutto se si hanno dubbi sulla qualità del servizio autistico nella propria residenza (dubbi che di solito sono imputabili alla nostra ignoranza del servizio) oppure perché si vuole comprendere meglio con persona che fa sintesi il perchè di molti passaggi diagnostici e terapeutici attuati nella propria città. Non è un passaggio di sfiducia, ma di consapevolezza della complessità del lavoro degli operatori locali, che pubblici o privati troveranno invece spalla nel loro operato da parte di operatori esterni. La famiglia così potrà svolgere con compiutezza tutti gli interventi suggeriti con consapevolezza del loro luogo anche di sostegno al lavoro degli operatori locali.
- A questa segue l’inizio della terapia vera e propria che coinvolgerà la famiglia, la scuola, il centro di terapia scelto (pubblico o privato che sia).
- Il centro per le attività clinico-terapeutiche deve essere scelto, quando possibile, sulla base della qualità del lavoro da svolgere e che va periodicamente controllato e sottoposto a verifica da parte del centro nazionale prescelto che ha formulato la prima diagnosi completa.
- Dopo un periodo di terapia svolta con tutte le competenze che risultano adatte alla tipologia del minore con autismo (comprese quelle che riguardano il suo contesto familiare e il mondo affettivo relazionale del bambino), si proseguirà adattando la terapia alle risposte avute, ricalibrando sul bambino e sui componenti la famiglia e sugli insegnanti di sostegno presenti nella scuola.
- I genitori diverranno i principali caregiver familiari, ma nella gestione del figlio con autismo saranno impegnati tutti i componenti della famiglia. Non solo per alleggerire il lavoro genitoriale, ma per offrire al minore un contesto ambientale che proponga comportamenti uniformi i quali hanno grande importanza nella capacità del bambino di apprendere velocemente.
- A questo punto si deve anche fare cenno alle sofferenze dei caregiver e alla resilienza della famiglia. Nei casi di autismo grave se si verificano con frequenza episodi di rabbia e di violenza, bisogna considerare l'ipotesi di un ricovero in una struttura dedicata. E’ un momento assai delicato che i genitori e la famiglia devono prendere con consapevolezza ed un esame di realtà rigoroso per attenuare i sensi di colpa che il ricovero suscita (si veda il libro di Eleonora Daniele. Quando ti guardo negli occhi. Storia di Luigi, mio fratello. Mondadori, 2021). E sul tema è bene non fare del moralismo. Ai genitori di figli autistici è richiesto di essere supereroi, ma nella realtà sono persone normali che la società deve aiutare per il loro bene, per il bene degli altri figli, ed infine per il bene della società stessa.
- Infine, si deve mettere in conto una disponibilità di tempo tale da stravolgere ritmi di vita convenzionali essendo necessario renderli compatibili con le esigenze di apprendimento del bambino con autismo. Inoltre, specie se si è costretti per la terapia ad appoggiarsi ad una struttura privata, la disponibilità di una spesa non indifferente ipotizzabile tra i 5 e i 10.000 euro all’anno, se non si è aiutati dalla sanità pubblica il cui costo è minimo. Quest’ultimo punto getta un’ombra scura sul servizio sanitario nazionale che qui non si vuole aprire con dettaglio, ma certo è che se questa è la realtà privata (che avrà i suoi costi di gestione, che sono rilevanti per competenze professionali, per strumentazione, per relazione), viene da chiedersi come sia possibile che una famiglia media possa affrontare queste spese. Se il bambino con autismo, considerata la sua complessità di gestione, non viene aiutato al raggiungimento di un'autonomia diverrà un peso sociale costoso quando sarà ricoverato in una struttura di comunità. Ne vale la pena? Non è forse una spesa maggiore rispetto all’aiuto che si fornisce in età evolutiva?
- Un fatto accaduto di esemplare chiarezza. Fino a 2 mila euro al mese sborsati di tasca propria dalle famiglie italiane con un bambino autistico. Dribblando la burocrazia delle Asl, le difficoltà con la scuola 'impermeabile' ai terapisti esterni, il sostegno che spesso è un miraggio. E cercando di far quadrare i conti del bilancio familiare con le richieste d'oro che arrivano dai consulenti e dai terapisti privati, spesso stranieri, in un mercato che sembra non risentire affatto della crisi. La rivolta dei genitori italiani con bambini autistici parte dal web: "Vogliamo denunciare una situazione difficile e troppo spesso ignorata", spiega Gianni Papa, insegnante di sostegno della provincia di Varese, padre di due bambini (di cui uno con autismo). Proprio grazie a Papa su Facebook è nato un gruppo, 'Il costo dell'autismo', che fotografa le spese affrontate dai genitori per gli interventi cognitivo comportamentali. Da televideo.
- Per affrontare l’adolescenza (specie nella fase di potatura neuronale preadolescenziale. Vedi Fondazione Veronesi) e la condizione adulta di persone con autismo, sarà opportuno che i genitori si facciano aiutare da uno psicologo esperto dato che non basta la buona volontà e l'esercizio del martirio. I genitori hanno il dovere di esercitare pari cura anche verso il proprio partner, gli altri figli e gli altri componenti familiari. Una persona autistica grave è difficilmente gestibile e esige forte collaborazione familiare e competenze specialistiche che non si possono improvvisare: non basta l’affetto e la buona volontà.
A fronte di una situazione sanitaria tanto complessa con prospettive di scoperte risolutive tanto flebili, è facile cadere nella semplificazione della patologia inguaribile alla quale non c’è soluzione o in un accanimento altrettanto cieco di indagini e soluzioni sperimentali di poco costrutto (operazione che ai margini della scienza si ricorre quanto si brancola nel buio e ogni proposta si basa su fatti incerti ed opinabili). A questi estremi di comportamento sanitario concorrono anche derive psico-sociologiche della componente terapeutica anch’essa oscillante tra il sentirsi inermi e il sentirsi vocati. La semplificazione si avvia con un alto tasso di speranza che nell’evoluzione del bambino spesso si riduce, portando a non crederci più ed esagerando lo stigma di una condanna subita a vita, un ergastolo senza riduzione della pena. In questo modo si rischia da un lato la semplificazione che porta alla perdita della speranza e dall’altro ad un accanimento terapeutico che finisce col centrare l’intervento sanitario non sul paziente, ma sulla patologia.
L’atteggiamento strategico-operativo da favorire dovrebbe essere basato su procedure di stretta collaborazione tra gli operatori con differenti competenze. L’unica soluzione salomonica è questa che ha fornito soluzione a tante patologie complesse senza la presunzione della scoperta risolutiva, ma con la cura costante di chi vuole raccogliere prove documentate di ogni frammento dello spettro autistico.
L’approccio ideale per la famiglia è di seguire le dieci cose di base che un bambino con autismo chiede ai suoi genitori secondo Ellen Notbohm nel suo noto libro (10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi. Erickson, 2023). Un elenco, qui brevemente commentato, che deve essere letto senza retorica, senza facili entusiasmi, sapendo che ognuno di noi è pervaso da gioie, ma anche da sgomenti:
- Io sono un bambino, non un malato!
- I miei sensi non si sincronizzano e devi avere pazienza!
- Distingui fra ciò che non voglio fare e ciò che non posso fare!
- Interpreto il linguaggio letteralmente, niente metafore per favore!
- Fai attenzione a tutti i modi in cui cerco di comunicare perché se non riesco a farmi capire mi arrabbio!
- Fammi vedere! Io ho un pensiero visivo; fammi giocare con le figure!
- Concentrati su ciò che posso fare, non su ciò che non posso fare. Bada, sei tu che ti devi concentrare!
- Aiutami nelle interazioni sociali. Presentami quando vengono i tuoi amici!
- Identifica che cos’è che innesca le mie crisi. Se tu mi aiuti posso migliorare!
- Amami incondizionatamente come io cerco di fare con te!
Ciò che mi dà speranza è il ricordo dei miei nonni, anime gentili addolcite dalla vecchiaia che tanto mi hanno insegnato, spesso pur sapendo che avevano i mesi contati. Vorrei essere come loro e vorrei sentirmi spensierato come quando da bambino mi sentivo avvolto dal loro affetto, specie quando la vita mi ha messo alla prova, spietata e terribile, lasciandomi solo un ricordo senza rimpianti, a scrutare sottecchi mio nipote.
Auguriamoci ogni bene. Come nonno di un nipote con autismo, che per età non vedrò grande, posso solo aiutare i suoi genitori. E’ a loro che dedico questo blog in attesa che il loro figlio speciale prima o poi mi sorrida e mi dica: Ciao nonno!
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